Inchiesta “Assedio”, filone romano: arrivano 22 condanne per 140 anni di carcere nel rito abbreviato che si è celebrato davanti al gup
Il giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Roma ha stabilito, nel rito abbrevito, 22 condanne per 140 anni di carcere comminate, oltreché a 26 rinvii a giudizio. Si tratta degli imputati coinvolti nell’operazione antimafia denominata “Assedio”, istruita dal sostituto procuratore Francesco Cascini.
Tra i condannati in abbreviato c’è anche Antonio Nicoletti, figlio dell’ex esponente e cassiere della Banda della Magliana Enrico. Rinviato a giudizio Vincenzo Senese, figlio del boss Michele detto ‘O pazz’. La pena più alta di 14 anni di reclusione è andata al produttore cinematografico Daniele Muscariello, ritenuto fiduciario dei clan e già coinvolto in altre inchieste.
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Gli imputati rispondono a vario titolo di associazione a delinquere con l’aggravante mafiosa, estorsione, usura, detenzione di armi, intestazione fittizia di beni, riciclaggio. Tutte attività condotte per agevolare clan camorristici e cosche della ‘ndrangheta.
A gennaio scorso, la Procura di Roma aveva chiesto in tutto 148 anni di carcere per 24 indagati che avevano chiesto di essere giudicati col rito abbreviato. Si tratta di personaggi coinvolti nel filone romano della imponente indagine antimafia della DDA di Roma denominata “Assedio”. Coinvolte in tutto 63 persone. Sono tre i patteggiamenti già arrivati a conclusione.
Quella capitolina è uno stralcio dell’operazione “Assedio”, l’indagine che, a luglio 2024, ha terremotato il Comune di Aprilia con le dimissioni del sindaco Lanfranco Principi, finito ai domiciliari con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa rispetto al sodalizio retto da Patrizio Forniti e Luca De Luca. Tra i nomi anche quello di Pasquale Lombardi, più volte coinvolto in inchieste e processi come quello, ad esempio, sul clan Fragalà di Pomezia. Tra gli arrestati anche Daniele Muscariello, ex manager del Latina Calcio e già condannato per aver riciclato i soldi della camorra.
All’inizio della indagine del filone romano – sfociata il 9 luglio 2024, in 18 arresti e diversi sequestri per lo più su Roma – c’erano per i rapporti d’affari tra la famiglia Gangemi, il pometino Pasquale Lombardi e i fratelli Nicoletti. Interessanti dal punto di vista investigativo le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Basilio Bucciarelli.
“So anche che Nicoletti aveva ottimi rapporti con Gangemi Sergio e che avevano avuto problemi con una persona sottoposta ad usura a Latina che li aveva denunciati. Ho sentito che ne parlavano tra loro. La vicenda riguardava anche Lombardi. So che i tre avevano in piedi una attività di usura nei confronti di Pascucci Ezio. In proposito ho delle registrazioni audio con il figlio di Pascucci dalle quali risulta questo rapporto che ho riferito. So anche che Nicoletti e Lombardi avevano rapporti con Raffele Di Mario al quale hanno fornito denaro con interessi usurari, nella vicenda era coinvolto anche Pascucci Ezio. Siamo nel giugno del 2019”.
Quanto riferito dal collaboratore – annotava il Gip Emanuela Attura – trova piena conferma nelle indagini che hanno individuato tra i debitori maggiormente esposti verso Sergio Gangemi, proprio il Pascucci. Quest’ultimo, infatti, tra il 2015 ed il 2016, ha ricevuto dal Gangemi la somma di circa 300 mila euro, a fronte della quale, a 4 anni dall’erogazione, aveva restituito, oltre alla quota capitale, 80 mila euro di interessi.
Da questi nomi è nata l’indagine più composita su Roma. C’è per l’appunto Antonio Nicoletti, figlio del cassiere della Banda, Enrico morto a dicembre 2020, che risulterebbe essere uno dei più potenti riciclatori di Roma.
Un’inchieste che trova addentellati tra la criminalità organizzata e l’estrema destra neofascista, coinvolgendo Roberto Macori, amico di Massimo Carminati e legato ai Senese. Macori contribuiva a ripulire i soldi con il business degli idrocarburi.