Nel pomeriggio di ieri, lunedì 17 Marzo, si è svolto presso il Circolo Cittadino il terzo appuntamento del ciclo di incontri organizzato dall’associazione Provincia Democratica.
Un evento partecipato il cui titolo “Il referendum sul Jobs Act nasce già vecchio: serve un confronto per una nuova riforma del mercato del lavoro” fornisce la linea essenziale su cui Antonello Testa, Direttore Provinciale CNA, Roberto Cecere, Segretario Generale CISL Provincia di Latina ed il relatore Marco Leonardi, Professore Ordinario di Economia Politica Università Statale di Milano già capo dipartimento alla Programmazione Economica Presidenza del Consiglio dei Ministri Governo Draghi, hanno costruito ed esposto tesi articolate fornendo un quadro chiaro sulle complessità che abitano il mondo del lavoro tenendo conto degli elementi positivi del Jobs Act, ciò che non ha funzionato e gli istituti non attuati, i cambiamenti apportati dagli interventi della Corte Costituzionale.
I Cinque quesiti referendari promossi da sindacati e associazioni al centro della consultazione referendaria dell’8 e 9 giugno che mira ad abolire alcune regole indette dal Jobs Act e a modificare alcune norme sulla sicurezza sul lavoro e le indennità di licenziamento, farebbe tornare in vigore una disciplina penalizzante per i lavoratori rispetto a quella attuale dimostrando così quanto sia poco chiaro il punto da cui partire per sbrogliare il nodo di criticità che affliggono le società di oggi. Poiché il tema era già stato oggetto di una modifica legislativa ai tempi del Governo Monti nel 2011/2012, se passasse il referendum voluto dalla CGIL e sottoscritto da Elly Schlein l’effetto non sarebbe il ritorno all’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori ma il ripristino della successiva riforma del Governo Monti, addirittura peggiorativa in tema di indennizzi per il licenziamento senza giusta causa. L’attuale segretaria del PD sosterrebbe, dunque, un referendum contro una riforma di tutto il PD approvata in precedenza e con effetti in caso di vittoria del referendum peggiorativi per i lavoratori. Non a caso metà Partito Democratico e vari esponenti della maggioranza Schlein non appoggeranno il referendum che difficilmente raggiungerà il quorum.
«Non ci sono vantaggi pratici, politici o tecnici nell’eliminazione dell’articolo 18. Ci sono altre cose da guardare con attenzione, i dati ci parlano di un’occupazione in crescita ma il PIL è fermo e i salari vanno male, questo vuol dire che si tratta di un’occupazione povera. Penso che sia necessario fare qualcosa su questo ed incolpare il Jobs Act significa sbagliare il bersaglio da prendere di mira», spiega il professor Leonardi. Un punto di vista che si integra perfettamente nel panorama costruito dagli elementi riportati da Antonello Testa, portavoce delle piccole e medie imprese dell’artigianato, che evidenzia come «le aziende hanno bisogno di una maggiore elasticità. Importante stipulare un nuovo patto sociale, fare spazio ai giovani trovando rimedio alla precarietà causata dall’aumento dell’età media dei lavoratori e dal calo demografico. Il Jobs Act ha avuto solo effetti positivi, si evince dagli studi la crescita costante». Negli ultimi 10 anni di applicazione del Jobs i licenziamenti non sono aumentati, sono rimasti stabili mentre il lavoro precario è stato efficacemente contrastato eliminando alcune tipologie contrattuali. Il lavoro a tempo determinato è passato dal 19% del mercato del lavoro del 2015 al 13,9% di oggi e sono state estese le tutele dei lavoratori (il contrasto alle dimissioni in bianco, la tutela per le false partite IVA, la NASPI e in generale le politiche attive contenute nella riforma).
Dalla decostruzione delle fondamenta poste erroneamente alla base dell’ideologia che sorregge i presupposti del referendum emergono così, grazie alla dinamicità del dialogo moderato da Valentina Mattei e presieduto da Carlo Medici, i reali temi da cui ripartire se si ha come vero obiettivo un progressivo sviluppo nel mondo del lavoro. “Ci occupiamo di difendere il lavoratore sul posto ma cosa accade quando esce? La CISL si batte per creare una rete sociale all’esterno che sia efficace in termini di reintegro. Dobbiamo fare di più a livello di politiche attive per il lavoro» come sottolineato da Roberto Cecere. Da non sottovalutare l’avvento dell’intelligenza artificiale dalla quale occorrerà difendere i lavoratori con l’alta formazione e non battaglie di retroguardia che faranno solo il gioco di Giorgia Meloni e della destra. Una guerra interna all’opposizione su temi anacronistici rischierebbe quindi di trasformarsi in un assist per il centrodestra.