RESET, CROLLANO LE ACCUSE DELL’ANTIMAFIA: PER IL TRIBUNALE DI LATINA NON C’È UN CLAN TRAVALI-DI SILVIO

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Da sinistra: Alessandro Zof, Gianluca Ciprian, Costantino “Cha Cha” Di Silvio, Angelo “Palletta” Travali e Francesco Viola. Sono tutti accusati dalla DDA di far parte del medesimo Clan Travali

Reset, si è concluso il processo al clan Travali/Di Silvio: il terzo collegio del Tribunale di Latina ha emesso la sua sentenza

Dopo le contro-repliche di alcuni degli avvocati del collegio difensivo, tra cui quella di Angelo Palmieri per Costantino “Cha Cha” Di Silvio e Alessia Vita per Alessandro Zof, il presidente del terzo collegio del Tribunale di Latina, Mario La Rosa, ha dichiarato concluso il dibattimento alle ore 11,20 circa. Dieci minuti dopo, lo stesso giudice La Rosa insieme ai colleghi Paolo Romano e Roberta Brenda si sono ritirati in camera di consiglio per uscirne alle 21,30, dopo dieci ore, e leggere il dispositivo della sentenza.

Una pronuncia che ha fatto crollare totalmente il castello accusatorio sull’associazione mafiosa dedita al narcotraffico: tutti assolti per questo reato, tanto che, alla fine della lettura del dispositivo, gli imputati presenti in aula e i loro parenti hanno applaudito fragorosamente e fatto festa dentro e fuori dal Tribunale.

Alla fine ad essere condannati sono solo in sette: Angelo Travali a 12 anni e 3 mesi di reclusione, Salvatore Travali e Angelo Morelli a 10 anni e Costantino “Cha Cha” Di Silvio a 8 anni e 4 mesi. Condannati per estorsione con l’aggravante mafiosa e l’interdizione perpetua dai pubblici uffici, sebbene per alcuni capi il reato è stato riqualificato in truffa, incassando anche prescrizioni e assoluzioni.

Condanne anche per Valentina Travali a 2 anni di reclusione, Denis Cristofori a 2 anni e 8 mesi e Corrado Giuliani a 3 anni. Assolti tutti gli altri, accusati di associazione mafiosa, a cominciare da coloro indicati dalla DDA come i fornitori della droga al clan Travali /Din Silvio: Alessandro Zof, Valeriu Cornici e Luigi Ciarelli.

Assolti anche Davide Alicastro, Ermes Pellerani, Christian Battello, Fabio Benedetti, Antonio Neroni, Antonio Giovannelli, Dario Gabrielli, Manuel Ranieri, Mirko Albertini, Silvio Mascetti, Alessandro Anzovino, Matteo Gervasi, Francesca De Santis, Tonino Bidone, Shara Travali, Vera Travali, Giorgia Cervoni e Ciccio Della Magna. Per coloro che non hanno altre condanne da scontare in carcere, il Tribunale ha disposto l’immediata liberazione.

Una sconfitta per la Direzione Distrettuale Antimafia, al netto di possibili ricorsi in Corte d’Appello. In sede di requisitoria, i pubblici ministeri della DDA di Roma, Luigia Spinelli e Francesco Gualtieri, avevano chiesto 412 anni di carcere complessivi. Di seguito le richieste di condanna imputato per imputato formulate a dicembre dopo la requisitoria: Angelo Travali 27 anni, Salvatore Travali 25 anni, Angelo Morelli 13 anni, Alessandro Zof 18 anni, Valeriu Cornici 17 anni, Davide Alicastro 15 anni, Ermes Pellerani 14 anni, Christian Battello 15 anni e 6 mesi, Fabio Benedetti 15 anni e 6 mesi, Costantino Cha Cha Di Silvio 12 anni, Antonio Neroni 14 anni e 6 mesi, Antonio Giovannelli 14 anni e 6 mesi, Dario Gabrielli 16 anni, Manuel Ranieri 15 anni, Luigi Ciarelli 16 anni, Mirko Albertini 13 anni e 6 mesi, Silvio Mascetti 15 anni e 6 mesi, Alessandro Anzovino 16 anni e 6 mesi, Matteo Gervasi 15 anni e 6 mesi, Francesca De Santis 14 anni, Riccardo Pasini 7 anni, Antonio Peluso 15 anni e 6 mesi, Carlo Ninnolino 8 anni, Shara Travali 8 anni e 6 mesi, Valentina Travali 9 anni e 6 mesi, Giorgia Cervoni 8 anni, Tonino Bidone 10 anni e 6 mesi, Corrado Giuliani 8 anni e 6 mesi, Ciccio Della Magna 8 anni e 6 mesi e Denis Cristofori 6 anni. Assoluzione per Vera Travali.

Prima che i giudici si ritirassero per la sentenza oggi, non era stato ammesso dal Tribunale il video ripreso dalle telecamere del carcere di Latina che, secondo l’accusa, immortalò nel 2015 un passaggio di droga racchiusa in un fazzoletto dalle mani di Giorgia Cervoni al compagno detenuto, Salvatore Travali.

Il processo, come noto, è quello che contestava l’associazione mafiosa alla cosca di Latina che, negli anni di “Maiettopoli” (i primi anni Dieci, fino agli arresti avvenuti con l’operazione “Don’t Touch” nel 2015), dominava incontrastato le piazze di spaccio del capoluogo pontino, tra estorsioni, intimidazioni e rapporti opachi con imprenditoria, professionisti e politica. L’indagine denominata “Reset” è stata conclusa dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Roma e dalla Squadra Mobile di Latina, sulla scorta delle dichiarazioni dei due collaboratori di giustizia, ex affiliati al clan Travali, Agostino Riccardo e Renato Pugliese, a cui si sono aggiunte quelle dell’altro collaboratore di giustizia, Andrea Pradissitto, ex intraneo al clan Ciarelli, e quelle, poi abortite, dell’ex pentito Maurizio Zuppardo. L’ordinanza di custodia cautelare in carcere a carico di 19 dei trentuno imputati fu eseguita il 17 febbraio 2021.

Trenta imputati tra cui pesi massimi della criminalità latinense come Costantino “Cha Cha” Di Silvio, Alessandro Zof e Luigi Ciarelli, vale a dire il numero tre del sodalizio rom “Ciarelli” e considerato, in questo processo, come il fornitore di hashish della banda dei Travali, capeggiata da Angelo Travali detto “Palletta”. Il collegio difensivo è stato composto dagli avvocati Angelo e Oreste Palmieri, Frisetti, Nardecchia, Marino, Montini, Gullì, Marcheselli, Cardillo Cupo, Cencioni, Zeppieri, Siciliano, Vita, Pisani, Irace, Vitelli, Farau, Censi, Iucci e Coronella.

I reati contestati, a vario titolo, erano diversi: associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, aggravata dal metodo mafioso, numerose estorsioni aggravate anch’esse dal metodo mafioso, oltreché a ipotesi di corruzione in atti contrati ai doveri d’ufficio in capo al poliziotto (ex Squadra Mobile di Latina) Carlo Ninnolino, Riccardo Pasini e Angelo Travali. I primi due, Ninnolino e Pasini, coinvolti anche nel processo “padre” di “Reset”, ossia “Don’t Touch”, erano stato assolti per i reati di associazione per delinquere e rivelazione di segreto d’ufficio: l’uno, Ninnolino, era accusato anche nel processo che si è concluso oggi di aver passato informazioni d’indagine al clan; l’altro, Pasini, era accusato di aver fatto da tramite tra il poliziotto e Angelo Travali. Entrambi hanno ottenuto l’assoluzione: alla lettura della sentenza, Pasini, dopo aver incassato l’assoluzione, ha gridato di aver subito 10 di processi dai quali esce assolto.

“Un pezzo della storia di questa città“, è con queste parole che il pubblico ministero della Direzione Distrettuale Antimafia, Luigia Spinelli, aveva definito questo processo ad apertura della sua requisitoria svoltasi a inizio dicembre: al centro, i membri del clan Travali/Di Silvio che, secondo gli inquirenti, hanno imperversato per circa tre lustri sul capoluogo di provincia fino all’ottobre del 2015 quando furono arrestati con l’operazione “Don’t Touch” (per cui sono state emesse condanne passate in giudicato).

Un processo difficile, iniziato il primo marzo del 2022 davanti alla Corte d’Assise del Tribunale di Latina, presieduta dal giudice Gian Luca Soana, poiché tra i capi d’imputazione era compreso l’omicidio del rumeno Nicolas Giuroiu. La Corte d’Assise, ad aprile dello stesso anno, si era giudicata incompetente sul processo per associazione mafiosa, ritenendo di dover separare i due procedimenti: da una parte il processo per associazione mafiosa finalizzata ai reati di spaccio, estorsioni ecc.; dall’altra, quello per concorso in omicidio con l’aggravante per mafiosa in capo solo ai due fratelli Travali, Angelo e Salvatore. Per entrambi, come noto, sono arrivate due assoluzioni. In particolare, nella sentenza d’Appello, che ha assolto Angelo Travali (condannato a 21 anni in primo grado), i giudici romani hanno evidenziato la inattendibilità dei collaboratori di giustizia Renato Pugliese e Agostino Riccardo, ex affiliati al clan Travali, le cui dichiarazioni costituiscono il perno delle accuse rivolto al sodalizio di origine rom. Ovviamente, l’inattendibilità è riferita al caso dell’omicidio Giuroiu e non già a tutte le dichiarazioni rese negli anni.

Ad ogni modo, il processo “Reset”, dopo lo scorporo avvenuto ad aprile 2022, è iniziato davanti al terzo collegio, presieduto dapprincipio dal giudice Laura Morselli e, in seguito, dal collega Mario La Rosa che, dallo scorso settembre, ha impresso un vero e proprio “tour de force”, sino a celebrare anche tre udienze a settimana fino a dicembre. La svolta si è resa necessaria perché uno dei processi antimafia più importanti della storia di Latina, se non il più importante, rischiava di concludersi dopo che le misure cautelari di diversi imputati fossero scadute, esattamente in data 16 gennaio.

Giudicati separatamente, il broker del narcotraffico Gianluca Ciprian (citato non solo dai collaboratori di giustizia Renato Pugliese e Agostino Riccardo, ma anche dal “pentito” più recente, Andrea Pradissitto, come fornitore di cocaina del clan rom), oltreché a Giovanni Ciaravino e Francesco Viola che hanno optato per il rito abbreviato. Ciprian è stato estradato ieri, 9 gennaio, dalla Spagna dove scontava una condanna per aver acquistato una partita di quintali di cocaina. Avrebbe dovuto essere processato con l’accusa di associazione mafiosa dedita allo spaccio ma, dopo la sentenza odierna che l’ha fatto cadere, è incerto come procederà la DDA nei suoi confronti.

Le posizioni di Ciaravino e Viola, invece, sono finite in Cassazione: il secondo ha rimediato una condanna a oltre 14 anni per aver commesso estorsioni anche con il metodo mafioso (non tutte), mentre per Ciaravino la Suprema Corte ha annullato con rinvio la sua condanna di appartenere al sodalizio mafioso con finalità di narcotraffico.

Nel processo Reset, in tutto, erano ventinove le parti offese tra imprenditori, professionisti, commercianti e anche avvocati: nessuna di loro si è costituita parte civile e molti di questi, interrogati come testimoni in aula, hanno infarcito la loro deposizione di “non ricordo” e ricostruzioni piuttosto omissive. Di Molti dei testimoni della difesa (ma non solo), i pubblici ministeri hanno chiesto che fossero acquisiti gli atti al fine di indagarli per falsa testimonianza. Un clima di omertà e talvolta di paura è emerso nelle parole e negli occhi dei testimoni.

Costituiti come parti civili il Comune di Latina, assistito dall’avvocato Cavalcanti, e l’associazione antimafia “Antonino Caponnetto”, difeso dagli avvocati Benedetta Manasseri e Felicia D’Amico. A loro, il Tribunale di Latina ha riconosciuto il risarcimento di 20 mila euro per ciascuno.

Alla fine, si possono fare due conti: il processo di primo grado (scontato il ricorso in Appello) si è svolto in circa tre anni: da marzo 2022 a gennaio 2025. Circa cinquanta le udienze che hanno visto sfilare un centinaio di testimoni. Ciò che resta, tra le grida e gli applausi di imputati e parenti, è una linea accusatoria dell’Antimafia completamente sconfessata dal Tribunale di Latina. Per i giudici pontini a Latina non è mai esistito il clan Travali/Di Silvio. Questa è stata la verità giudiziaria.

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