Reset, l’Antimafia ha proseguito la requisitoria per i membri del clan Travali/Di Silvio: alla fine chieste condanne per oltre 4 secoli di carcere
Chieste condanne con l’aggravante mafiosa durissime per membri del clan Travali/Di Silvio, il gruppo che, come ha ricostruito nella sua requisitoria lunedì scorso il pubblico ministero della Direzione Distrettuale Antimafia, neo Procuratore Aggiunto di Latina, Luigia Spinelli, ha spadroneggiato nel capoluogo per almeno tre lustri fino agli arresti eseguiti dalla Squadra Mobile a ottobre 2015.
Da allora, come noto, i membri principali del clan sono in carcere. Tuttavia, dopo la scelta di collaborare con lo Stato di due ex affiliati come Renato Pugliese, figlio del primo capo Costantino “Cha Cha” Di Silvio, e Agostino Riccardo, la DDA capitolina e la Squadra Mobile di Latina ha elaborato, riscontrandole, nuove accuse a carico dei principali membri. Accuse che hanno riguardato di nuovo l’ex poliziotto della Squadra Mobile di Latina, Carlo Ninnolino, e l’imprenditore Riccardo Pasini, entrambi assolti nel processo Don’t Touch, ma di nuovo chiamati in causa dalle dichiarazioni di Pugliese e Riccardo, senza che sia loro contestato il reato associativo. E altre accuse sono state recapitate a pezzi importanti del crimine pontino come Luigi Ciarelli, appartenente all’omonima famiglia, ma definito dagli inquirenti come fornitore all’ingrosso di hashish ad Angelo Travali e al suo gruppo.
Se lunedì scorso il pm Luigia Spinelli aveva tracciato l’affresco del clan Travali e punteggiato gli episodi estorsivi che hanno coinvolto imprenditori e professionisti, nonché semplici cittadini di Latina, oggi, 12 dicembre, il collega della DDA, Francesco Gualtieri, si è occupato in circa cinque ore di requisitoria del narcotraffico messo in piedi dalla cosca retta da Angelo e Salvatore Travali. A conclusione, le accuse a Carlo Ninnolino e Riccardo Pasini, poco prima delle richieste di condanna a carico di tutti gli imputati, tranne che per Vera Travali nei confronti della quale è stata chiesta l’assoluzione. In tutto, oltre quattro secoli di carcere, per l’esattezza 413 anni di reclusione chiesti per gli imputati. Le pene più severe per Angelo Travali (27 anni) e il fratello Salvatore Travali (25 anni).
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Il pubblico ministero Gualtieri, anticipando ciò che sarebbe avvenuto nel pomeriggio, con le richiesta di condanna, ricorda che per l’associazione a delinquere finalizzata al narcotraffico sono stati già condannati, tramite rito abbreviato, i due ex intranei al clan Travali: Renato Pugliese e Agotino Riccardo. La sentenza di condanna parla di organizzazione strutturale, conoscenza tra associati, non solo piazze di spaccio ma fornitura a terzi che poi ridistribuivano la droga. Insomma, un clan forte a tal punto che aveva vinto la concorrenza di altri gruppi strutturati su cui hanno prevalso.
A dar manforte alle accuse – spiega Gualtieri – ci sono, poi, le condanne in secondo grado a carico di Francesco Viola e Giovanni Ciaravino, che hanno scelto il rito alternativo e sono stati processati separatamente.
“L’indagine Dont Touch – dice Gualtieri – era solo la punta dell’iceberg”. Il monopolio dei fratelli Travali nel narcotraffico avrebbe riempito un vuoto di potere creatosi a Latina, dal momento che molti personaggi del crimine latinense, a cominciare dalle altre famiglie rom – Di Silvio e Ciarelli – erano stati attinti da misure cautelari robuste e susseguenti condanne derivanti dalla guerra criminale del 2010.
I Travali non si sono lasciati sfuggire l’occasione e, allora, nel dipanarsi del ragionamento dei pubblici ministeri, hanno stretto l’alleanza con i signori della droga pontini, quelli in grado di essere broker e vendere quantità di stupefacente da immettere nel mercato: Luigi Ciarelli, ma soprattutto Gianluca Ciprian, erede dello smercio pontino poiché cresciuto col cognato di Angelo Travali, Tiziano Marchionne, ucciso in un agguato insieme ad Alessandro Radicioli. Ciprian, peraltro, viene considerato dalla DDA di Roma intraneo al clan Travali, ma non è stato imputato in questo processo: poco prima degli arresti di Reset (febbraio 2021), fu arrestato in Spagna poiché sorpreso con tonnellate di droga a lui riconducibili.
Un’altra alleanza dirimente, secondo Gualtieri, è quella che i Travali stringono con Patrizio Forniti, capo cosca ad Aprilia, latitante da luglio, e, secondo i collaboratori, in grado di fornire mezza provincia con la sua cocaina. E non mancano nel quadro dei signori della droga anche Valeriu Cornici e Alessandro Zof, ai quali viene contestato l’associazione mafiosa con il clan Travali.
Non solo Riccardo e Pugliese. Ad essere valorizzate dall’antimafia anche le dichiarazioni di Andrea Pradissitto: “Le sue parole – daice il pm – sono quasi superiori a quelle di Riccardo e Pugliese”. Il motivo starebbe nel fatto che Pradissitto fa parte di un altro sodalizio – quello del clan Ciarelli – e le confidenze che riceveva in carcere sarebbero state un vero e proprio lavoro. In poche parole, Pradissitto non giocava ai pettegolezzi carcerari, ma assorbiva informazioni in quanto membro di un sodalizio.
Ad aver colpito il pm Gualtieri è l’atteggiamento di Roberto Toselli, il trentenne di Latina che, nel 2016, iniziò a collaborare con la Polizia, per poi ritrattare. Toselli è venuto a testimoniare nel corso del processo “Reset” e il suo atteggiamento è sembrato piuttosto singolare. “È arrivato accompagnato dai Carabinieri, Toselli – dice Gualtieri – perché aveva paura e perché mai avrebbe testimoniato contro i Travali. In questo processo si è toccato con mano paura e omertà e la vicenda Toselli è emblematica“.
Per far capire al terzo collegio del Tribunale, presieduto dal giudice Mario La Rosa, che sarà chiamato a emettere la sentenza, il pm antimafia cita anche la sentenza Astice che ha fatto emergere la forza dei Travali all’interno del carcere di Latina dove il clan spadroneggiava e corrompeva.
E ancora, come nella requisitoria del pm Spinelli, Gualtieri, nel ripercorrere le vicende contestate, difende la credibilità dei collaboratori che delineano ruoli, struttura e personalità dei vari membri del clan. Come Antonio Peluso il quale, secondo l’accusa, spacciava insieme alla compagna Francesca De Santis, recapitando la droga dentro i panini calati da un appartamento situato sopra un locale notturno della circonvallazione di Latina. Peluso sarebbe vicino al temuto e forte clan di camorra “Mazzarella” di Napoli: “Ecco perché Angelo Travali lo bacia tre volte in bocca”. Una sorta di simbolo, di rito.
Oppure c’è Manuel Ranieri, uno dei killer del rumeno Giuroiu, a cui i fratelli scrivono: “Neanche Dio può dividerci, sei di famiglia Travali”. E non si dica che in questo processo la droga è solo “parlata” – spiega Gualtieri – perché, prima dell’ordinanza “Don’t Touch”, ci sono diversi arresti: Ranieri, Peluso, Giovannelli, Angelo Travali, Alicastro, Mascetti, tutti tra il 2014 e il 2015.
Il predominio della droga, i Travali, lo avrebbero sancito “facendo tremare le persone”, tanto che “le vittime hanno negato”, avvalorando la tesi che anche in questo processo regnava un clima di omertà e intimidazione.
Il gruppo dei fratelli Travali, forte anche dei legami col padre anagrafico deceduto, “Peppone” Travali, aveva stretto alleanza anche a Terracina con i Marano, riconducibili ai Licciardi della Masseria Cardone a Secondigliano. Sulla droga, però, il pm è certo: i collaboratori sono stati certosini, hanno descritto al dettaglio caratteristiche dei protagonisti. Chi vendeva, chi comprava, chi spacciava, chi comandava. Tutto parte dalla base di spaccio naturale – l’undicesimo piano dei Palazzoni di Latina – per poi ingrossarsi e diventare una holding latinense dello spaccio, con carichi di droga presi fuori e capacità intimidatoria per controllare le varie piazze di spaccio.
A conclusione di una requisitoria lunga e corposa, il pubblico ministero affronta il tema più controverso, quello delle talpe. Perché i Travali, secondo l’accusa e le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, tra cui quello “a metà”, Roberto Toselli, si servivano di traditori dello Stato che passavano informazioni sulle indagini a loro carico in cambio di denaro. Ad essere accusato l’ex poliziotto Carlo Ninnolino, per cui i pm hanno chiesto 8 anni di carcere, e Riccardo Pasini (chiesti 7 anni). L’imputazione è sempre la stessa del processo “Don’t Touch”: favoreggiamento e rivelazione di segreto d’ufficio. Ninnolino, considerato fino al 2015 una colonna della Squadra Mobile di Latina, avrebbe dato informazioni tramite Pasini in cambio di contanti, anche fino a 1800 euro. Gli scambi sarebbero avvenuti nei pressi del “Miami Beach”. Francesco Viola, cognato di Angelo Travali, esclama in una intercettazione che Ninnolino, ormai, sarebbe stato sottomesso. Nel processo “Don’t Touch”, Ninnolino è stato assolto in Cassazione, mentre Riccardo Pasini è stato assolto nel corso di un Appello bis. Un particolare, quest’ultimo, che è sfuggito al pm Gualtieri il quale, nel corso della requisitoria, ha dato per condannato Pasini. È stato lo stesso magistrato a chiedere scusa e rettificare l’errore che aveva generato più di qualche malumore tra gli avvocati del collegio difensivo.
Ad ogni modo, i pubblici ministeri sono convinti che Ninnolino fosse al servizio del clan, tanto da ricordare che uno testimoni, all’epoca in servizio alla Squadra Mobile, ha ricordato che vide il collega chiudersi in una stanza con Agostino Riccardo, già all’epoca confidente di Polizia: fu lui a far ritrovare un’arma dentro uno scantinato dei Palazzoni. Non passa inosservato che, dopo le richieste di condanna, i pm della DDA hanno chiesto che per quasi tutti i testimoni della difesa, come Roberto Toselli o Emanuele Colinvitti e Luca Parlapiano, siano acquisiti gli atti. I giudici invocano per loro la falsa testimonianza. A rischiarla anche Alessio Civitillo, genero di Carlo Maricca.
Si prosegue domani con l’inizio delle arringhe difensive. Oggi, le parti civili – Comune di Latina e Associazione Antonino Caponnetto – hanno depositato, invece, due memorie.
Ecco di seguito le condanne imputato per imputato: Angelo Travali 27 anni, Salvatore Travali 25 anni, Angelo Morelli 13 anni, Alessandro Zof 18 anni, Valeriu Cornici 17 anni, Davide Alicastro 15 anni, Ermes Pellerani 14 anni, Christian Battello 15 anni e 6 mesi, Fabio Benedetti 15 anni e 6 mesi, Costantino Cha Cha Di Silvio 12 anni, Antonio Neroni 14 anni e 6 mesi, Antonio Giovannelli 14 anni e 6 mesi, Dario Gabrielli 16 anni, Manuel Ranieri 15 anni, Luigi Ciarelli 16 anni, Mirko Albertini 13 anni e 6 mesi, Silvio Mascetti 15 anni e 6 mesi, Alessandro Anzovino 16 anni e 6 mesi, Matteo Gervasi 15 anni e 6 mesi, Francesca De Santis 14 anni, Riccardo Pasini 7 anni, Antonio Peluso 15 anni e 6 mesi, Carlo Ninnolino 8 anni, Shara Travali 8 anni e 6 mesi, Valentina Travali 9 anni e 6 mesi, Giorgia Cervoni 8 anni, Tonino Bidone 10 anni e 6 mesi, Corrado Giuliani 8 anni e 6 mesi, Ciccio Della Magna 8 anni e 6 mesi e Denis Cristofori 6 anni. Chiesta assoluzione per Vera Travali.