Il leader del sodalizio di Fondi, Massimiliano Del Vecchio, aveva un alleato fedele anche nel noto pregiudicato di Latina, Alessandro Zof
Entrambi temuti negli ambienti criminali della provincia, Alessandro Zof e Massimiliano Del Vecchio, oltreché ad avere in comune “pedigree” malavitoso, sono stati coinvolti insieme nella maxi indagine antimafia denominata “Scarface”, che ha determinato dal 2021 la contestazione e le condanne in appello, per associazione mafiosa, a carico del clan del Gionchetto di Latina, capeggiato dal boss Giuseppe Di Silvio detto “Romolo”. Zof è personaggio capace di muoversi su più fronti, Del Vecchio, oltreché ad aver raggiunto il predominio su Fondi, ha da sempre un occhio su Latina, città da lui frequentata per anni.
Slegati dal clan rom, Zof e Del Vecchio – quest’ultimo latitante, ma destinatario ieri, 26 novembre, dell’arresto in merito alla maxi indagine della DDA di Roma (tra Latina e Fondi per lo più) – finiscono nell’indagine “Scarface” in quanto accusati di estorsione ai danni di un uomo che aveva contratto un debito di droga. Per Scarface, Zof ha rimediato una condanna in secondo grado a 2 anni e 8 mese, mentre Del Vecchio è ancora sotto processo per tale episodio estorsivo in un processo incardinato presso il Tribunale di Latina.
Zof è accusato, nelle carte dell’ordinanza “Scarface”, di aver pesantemente picchiato, a Latina, nel 2019, un uomo per un debito di droga che quest’ultimo avrebbe contratto con Massimiliano Del Vecchio, già all’epoca personaggio di Fondi temuto negli ambienti della mala e uno dei protagonisti di due inchieste piuttosto esemplificative del suo raggio d’azione: i pranzi di lusso dentro il carcere di Latina per cui è stato condannato a oltre tre anni nel processo Astice e la seconda condanna ricevuta per i certificati falsi prodotti in suo favore dal medico del Csm di Fondi.
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Un tipo non facile Del Vecchio e vicino ad Alessandro Zof con cui avrebbe compiuto un atto violento rientrato solo per l’intervento di Enzo Maricca, noto pregiudicato e spesso accostato alla mala dei cosiddetti gaggi di Latina.
A rimetterci la faccia e la mano destra, è un giovane che, ritenuto vicino a chi aveva contratto il debito con Del Vecchio, viene preso di mira da Zof e da Del Vecchio stesso. Si trattava di un debito di droga di circa 6mila euro. Zof evidentemente interessato da quel debito proprio perché – questa l’ipotesi della DDA – è ben interessato nel mercato della droga, si calma solo perché si presenta a casa sua il debitore, dopo essere stato malmenato presso la palestra di Viale Kennedy “Palafitness”, accompagnato da Enzo Maricca il cui peso criminale ancora gli consente di dirimere vicende spinose.
In realtà l’uomo pestato non aveva nulla a che fare con il debito di droga contratto dall’amico. Fu un amico della vittima, Massimiliano Tartaglia, indagato nell’operazione Scarface, volto noto e poi entrato in rotta di collisione con il clan di Romolo Di Silvio, a condurre la vittima nel luogo dove in quel momento c’erano Zof (nel 2019, quando successero i fatti, con l’obbligo della sorveglianza speciale), Del Vecchio e il debitore di droga.
Il racconto fatto dalla stessa vittima, ascoltata a sommarie informazioni, è drammatico: “Verso le ore 15.00 odierne mentre mi trovavo all’interno della mia abitazione decidevo di raggiungere delle persone con le quali dove chiarire una non meglio precisata vicenda intercorsa tra loro e un amico. Non appena Massimiliano Tartaglia arrestava la marcia al centro della carreggiata, scendevo dall’abitacolo, salutando r presenti. La persona che si trovava in compagnia di Del Vecchio, ovvero Zof senza proferire alcuna parola, mi sferrava un pugno colpendomi al volto e, dopo avermi strattonato, mi costringevano a sedermi in macchina lato passeggero. Non appena fatto ciò venivo colpito da una cascata di pugni sferrati de Zof cercando di evitare di essere colpito ulteriormente. Non appena il tempo di comprendere di quel che stava accadendo si avvicinava Del Vecchio il quale impugnando un coltello mi sferrava dei fendenti colpendomi da prima sulla mano destra e successivamente attingendomi al collo che, grazie alla mia immediata reazione, riuscivo ad evitare che il colpo recidesse la gola“.
“Mi davo a precipitosa fuga a piedi e raggiungevo l’ingresso del supermercato di viale Le Corbusier sanguinante al volto, sulle mani e con la maglietta strappata da dosso e venendo meno le mie forze in quanto intuivo che stavo perdendo i sensi, imploravo una cliente del supermercato di chiamare in mio soccorso il personale sanitario del 118″. Una scena raccapricciante, confermata anche da una testimone oculare, avvenuta in pieno pomeriggio a Latina, la seconda città del Lazio.
Nel corso dell’aggressione, Tartaglia, che giura di non aver saputo dei propositi di Zof e Del Vecchio, prova anche ad aiutare la vittima che, però, non può che fuggire come da lui raccontato e capire solo in seguito che il pestaggio ricevuto era legato al debito di droga dell’amico. Il resoconto sanitario parla di 10 giorni di prognosi: una ferita da arma bianca alla carotide del collo e alla mano destra.
Impaurito, la vittima si rivolge a un pezzo grosso del crimine pontino con cui è legato indirettamente per parentela acquisita: si tratta di Enzo Maricca, condannato anni fa per l’omicidio in concorso di Carmine Rocco e il tentato omicidio di Luigi Zammarelli. Sentenza definitiva: 21 anni di reclusione.
Maricca si reca a casa di Zof con la vittima, dopodiché il Topo dichiara estinto il debito di droga. Parrebbe, inoltre, secondo gli investigatori, che Maricca avrebbe preso le difese del malmenato/accoltellato anche per recuperare un credito che la medesima vittima avrebbe avuto con Flavio Bortolin, altro personaggio noto alle cronache, un tempo ultras della curva del Latina Calcio ai tempi di Maiettopoli e coinvolto in più indagini (vicino al Clan Travali). Quindi, secondo gli inquirenti, Maricca avrebbe fatto sì il piacere alla vittima ma anche per soddisfare un affare futuro.
Tornando a Del Vecchio, l’episodio contestato nell’indagine “Scarface” lo aveva infastidito molto tanto da agganciare un altro degli arrestati nell’operazione di ieri, 26 novembre. Si tratta di Alessandro Artusa, il 60enne di Latina, già condannato per l’omicidio Saccone a Latina, e coinvolto in diverse inchieste una volta uscito dal carcere per quel delitto.
Artusa diventa una sorta di factotum per Del Vecchio. Quest’ultimo, secondo gli inquirenti, gli fa recuperare i crediti da un imprenditore ciociaro che doveva al medesimo Del Vecchio 37mila euro. È emerso come Artusa non fosse solo un distributore della sostanza stupefacente fornita dai Del Vecchio, che poi distribuiva nelle varie piazze di spaccio della città di Latina, ma effettuava, per conto soprattutto di Del Vecchio, suo referente principale, ulteriori e variegate attività indicative dell’ampia fiducia riposta in lui e dell’elevato grado di disponibilità dimostrato, Esemplificativo è il trasporto dell’ingente quantitativo di sostanza stupefacente, armi e materiale esplosivo effettuato il 23 dicembre per cui è stato condannato, insieme ad altri sei uomini, a 8 anni e 7 mesi, più una multa da 14mila euro.
Emblematica – annotano gli inquirenti – appare la giornata del 2 novembre 2021 quando Artusa, dopo aver effettuato un passaggio presso vari distributori della droga al dettaglio e raccolto il denaro, si recava subito a Frosinone, presso l’abitazione di Del Vecchio, per consegnare quanto riscosso.
Dapprima incontrava Bruno Costantin, padre di Alessandra Luna,, entrambi spacciatori integrati nella batteria di Artusa a Latina, quindi si recava da Daniel Vinci sul lungomare di Latina, anch’egli acquirente di consistenti quantitativi di droga dal Del Vecchio per il tramite Artusa.
Dopo l’arresto di Del Vecchio avvenuto a novembre 2021 nell’ambito dell’operazione “Scarface”, Artusa, forte della grande fiducia in lui riposta, aveva acquisito ancor di più il ruolo di faccendiere. Ne sono prova i messaggi audio che Del Vecchio gli inviava dal carcere, dove aveva a sua disposizione un telefono cellulare, in cui dettava disposizioni sulle attività da eseguire.
Significativo è quello del 15 novembre 2021 in cui Del Vecchio chiedeva ad Artusa un intervento nei confronti della vittima del pestaggio per costringerlo a ritrattare le accuse fatte nei confronti suoi e di Alessandro Zof.
L’intenzione era quella di costringere il giovane a fornire una falsa versione dei fatti emergeva in un primo momento da una conversazione tra Artusa e Enzo Maricca. Artusa diceva a Maricca di quanto fosse urgente far ritrattare la vittima rispetto alle accuse mosse contro Del Vecchio, precisando altresì che gli stava recapitando tale messaggio per ordine di Del Vecchio: “Io te devo porta’ l’ambasciata di un amico…Massimiliano Del Vecchio che sia ricordato a quel ragazzino…non so la storia ma di ricordargli a quel ragazzino cosa deve dire e come deve comporta’”. Alla fine, dopo che Maricca gli dice di non conoscere il ragazzo vittima del pestaggio, Artusa, che veniva retribuito da Massimiliano Del Vecchio e dal gemello Gianluca per i suoi servizi, spiega che sarebbe andato lui a cercare la vittima del pestaggio per tirargli due schiaffi e indurlo a ritrattare.