VIOLENZA DI GENERE, LA BATTAGLIA IN CONSIGLIO COMUNALE A SABAUDIA

Sabaudia
Comune di Sabaudia

Dalle aule istituzionali al tessuto sociale, a Sabaudia la lotta contro la violenza di genere in Consiglio comunale

La violenza di genere non è solo un fatto privato, non è solo una questione di quattro mura, di urla soffocate, di sguardi che sfiorano. La violenza di genere è una piaga che si insinua ovunque, anche nei luoghi più insospettabili. Si nasconde sotto forma di battute cattive, di insulti mascherati da “piacevoli” commenti sul corpo delle donne, di parole velenose che nessuno sembra vedere o ascoltare, ma che feriscono ugualmente. E le donne? Le donne che siedono nei consigli comunali, che sono sindache o presidenti, che lavorano nelle istituzioni, che svolgono, con fatica e determinazione, il proprio lavoro senza cedere al silenzio, sono quelle che pagano il prezzo più alto. Perché loro non sono solo donne: sono nemiche di un sistema che non ha mai voluto riconoscere la loro forza mentale.

Ieri sera, in occasione della settimana dedicata al contrato della violenza di genere, l’assessora alle Pari Opportunità, Anna Maria Maracchioni, ha letto in Consiglio Comunale la lettera del Soroptimist International di Latina. La voce di un’Associazione di donne che, da sempre, combatte la battaglia contro la violenza di genere, in tutte le sue forme. Non solo quella fisica, che fa rumore, che lascia lividi visibili, ma anche quella silenziosa. Quella che avviene sotto il livello della pelle, fatta di parole che “non sono poi così gravi”, di commenti che “sembra siano fatti in buona fede”. Ma non è così. Non è mai così.

Ogni attacco verbale, ogni offesa che colpisce una donna che ricopre un ruolo pubblico, è un atto di violenza. Ogni commento sul suo corpo, sulla sua voce, sul suo aspetto, è un tentativo di minare la sua credibilità, di farle sentire che non appartiene a quel mondo. Le donne che oggi siedono nelle aule istituzionali, le donne che sono sindache, che presiedono il Consiglio Comunale, che lavorano nella Pubblica Amministrazione, sono le vere protagoniste di un cambiamento che non ha ancora preso piede, che stenta a decollare, perché il sistema si nutre di pregiudizi e di stereotipi.

“Le donne devono essere forti. Ma non dobbiamo dimenticare che a volte anche la forza è una forma di resistenza, di sopravvivenza. E che le resistenze non sempre vincono”, scriveva Oriana Fallaci. Eppure, in quella sala del Consiglio Comunale, tra i banchi degli uomini e delle donne che non hanno paura di parlare, di alzare la voce contro chi offende, si è deciso di non arrendersi. Si è deciso di cominciare dalle istituzioni. Perché, come dice il Soroptimist, la violenza non si ferma con la condanna. Si ferma e si previene con la cultura, con il cambiamento che deve partire proprio dai luoghi in cui si fanno le leggi, dove si prendono le decisioni, dove si traccia il destino di una comunità.

E che cosa possiamo fare, se non incominciare a denunciare ogni singolo atto di violenza, ogni offesa, ogni parola che tenta di zittire una donna, di annullarla? La violenza di genere non è solo una “emergenza sociale”, è un crimine che dev’essere combattuto giorno per giorno, in ogni angolo 

della società. Non possiamo permettere che il silenzio, che la paura, che la giustificazione del “tanto sono solo parole” prevalgano. Non possiamo permettere che una donna che fa politica, che svolge un ruolo istituzionale, che esercita il suo diritto di cittadinanza, venga ridotta al suo corpo o alla sua appartenenza di genere.

Non basta più celebrare una giornata contro la violenza di genere. Non bastano le parole. Bisogna agire, bisogna rompere il muro del silenzio che ha protetto per troppo tempo questi comportamenti. Le Istituzioni devono dare l’esempio, devono parlare il linguaggio del rispetto, della dignità, e soprattutto della parità. Perché una violenza che non viene fermata, una violenza che viene giustificata, è una violenza che uccide.

L’assessora Anna Maria Maracchioni lo sa bene. E sa anche che non basta dire “no” alla violenza una volta all’anno. Bisogna lottare ogni giorno. Lo sanno bene anche le donne che, con il Soroptimist di Latina, hanno aperto una “stanza tutta per sé” alla caserma della Stazione Carabinieri di Sabaudia, un luogo che non è solo un rifugio fisico, ma un simbolo della battaglia che non deve mai fermarsi. Un passo dopo l’altro, un gesto dopo l’altro, come una marcia che non può e non deve mai arrestarsi.

È scaduto il tempo in cui le donne devono tacere. E le Istituzioni, che sono fatte di persone, devono smettere di trattare la violenza come un problema marginale, come un “incidente” della società. È un crimine. Un crimine che comincia, come sempre, con la parola. Ma che deve finire con l’azione. Non una volta all’anno. Ogni giorno. Sempre.

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