Reset, nel processo al clan Travali sono sfilati diversi testimoni chiamati dal collegio difensivo. Tra di loro l’assicuratore che ha tessuto le lodi degli imputati
Il processo, come noto, è quello che contesta l’associazione mafiosa alla cosca Travali /Di Silvio di Latina che, negli anni Dieci, fino agli arresti avvenuti con l’operazione “Don’t Touch” nel 2015, dominava incontrastata le piazze di spaccio del capoluogo pontino, tra estorsioni, intimidazioni e rapporti opachi con imprenditoria, professionisti e politica. L’indagine denominata “Reset” è stata conclusa dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Roma e dalla Squadra Mobile di Latina, sulla scorta delle dichiarazioni dei due collaboratori di giustizia, ex affiliati al clan Travali, Agostino Riccardo e Renato Pugliese. Trenta imputati tra cui pesi massimi della criminalità latinense come Costantino “Cha Cha” Di Silvio, Alessandro Zof e Luigi Ciarelli, vale a dire il numero tre del sodalizio rom “Ciarelli” e considerato, in questo processo, come il fornitore di hashish della banda dei Travali.
Oggi, 14 novembre, il processo è proseguito dinanzi al III Collegio del Tribunale di Latina presieduto dal giudice Mario La Rosa, il quale nelle settimane scorse ha impresso un ritmo incessante, fissando due o addirittura tre udienza a settimane, dopo che per i primi due anni – dal 2022 al 2023 – le udienze sono andate avanti a rilento.
A parlare per primo, chiamato dall’avvocato Cardillo Cupo, che difende colui che è considerato il leader del sodalizio, Angelo Travali, è stato il noto assicuratore di Latina, Stefano Trotta, più volte coinvolto in indagini e processi, con tanto di arresto in carcere. Trotta, al di là dei procedimenti penali, ha voluto ribadire di non avere sul groppone nessuna condanna passata in giudicato, pur essendo passato anche dalle forche caudine di 5 anni di sorveglianza speciale e una misura patrimoniale che gli aveva sequestrato i beni e i soldi. A distanza di anni, la Cassazione gli ha restituito tutto e, pur con una prescrizione e un processo pendente per riciclaggio presso il Tribunale di Latina, Trotta ha rivendicato in aula la sua illibatezza penale.
Non solo, perché l’assicuratore ha detto a chiare lettere che “Angelo Travali è una persona squisita”, mentre “i Ciarelli e i Di Silvio lo hanno sempre trattato bene, soprattutto quando era in carcere. Mi hanno pagato i pasti in carcere perché mi avevano sequestrato tutto e non avevo più soldi”.
Sollecitato sui collaboratori di giustizia, Trotta non si è tirato indietro, spiegando che “Andrea Pradissitto è un ragazzo educato e mi ha fatto assegnare in carcere una cella singola perché stavo male”. Agostino Riccardo, invece, “è sempre stato un chiaccherone, a me faceva tenerezza, era un fallito. Non è possibile non conoscerlo a Latina, chiedeva sempre soldi, ma con educazione. Solo in una occasione, si presentò a casa di mio cognato e da me, minacciandoci. Ci disse che lui era affiliato ai Di Silvio di Campo Boario e che era ammanicato con la Procura, tanto che in passato diceva di aver portato la droga a due magistrati di Latina. Ci disse che sarebbe tornato per ammazzare i miei figli, lui voleva dirmi che erano intoccabili”. L’episodio delle minacce è riferibile a un reato di estorsione per cui Riccardo è stato già condannato insieme ai Di Silvio, con sentenza passata in giudicato. È una vicenda rientrata nel processo antimafia “Alba Pontina”.
Tra i testimoni più rilevanti della giornata, anche il poliziotto Renzo Battista, tra coloro che ebbero un ruolo preminente nell’indagine Don’t Touch – il procedimento che portò agli arresti di Travali, Cha Cha e Gianluca Tuma -, oggi trasferito da Latina e tuttora imputato per falso ideologico, in quando aveva negato di avere avuto una relazione con la ex compagna di Agostino Riccardo. Una storia che è stata sollevata anche quest’oggi e che torna a fare capolino in ogni processo della DDA a Latina. Il poliziotto gestì Agostino Riccardo nella fase iniziale, poco prima della collaborazione con lo Stato. Anzi, fu proprio Battista a proporre la collaborazione ad Agostino Riccardo, che in passato era stato denunciato più volte dall’ispettore di polizia. Anche Battista, come già emerso, ha confermato che in una occasione, dopo che erano diventati collaboratori di giustizia, Agostino Riccardo e Renato Pugliese ebbero l’occasione di salutarsi.
A concludere le testimonianze odierne anche Francesco Viola, co-imputato ma condannato in due gradi di giudizio, avendo scelto al strada del giudizio abbreviato. Il cognato dei fratelli Travali, nonché braccio destro, ha ribadito come in precedente udienza che loro “hanno sbagliato”, ma che “non sono un clan”, e che “la mafia fa schifo”.