“LE MIE CINQUE NOTTI A GUANTANAMO”, DAL PRONTO SOCCORSO AL REPARTO CHIRURGIA DEL GORETTI

Ospedale Santa Maria Goretti
Ospedale Santa Maria Goretti di Latina

Il campo di prigionia di Guantanamo è una struttura detentiva di massima sicurezza degli Stati Uniti d’America collocata all’interno della base navale di Guantanamo, situata sulla costa dell’omonima baia sull’isola di Cuba. Parlare di Guantanamo come di una struttura detentiva è un eufemismo, in quanto è ormai acclarato senza alcun’ombra di dubbio che si tratta di un luogo di tortura. 

Lo scrittore di Latina Pierluigi Felli (ha al suo attivo cinquantaquattro romanzi e nove raccolte di racconti) ne ha tratto spunto per scrivere anni fa un romanzo molto bello dal titolo “Hotel Guantanamo” (ottobre 2004 – casa editrice Novecento). Se Felli ha scritto un romanzo, io, invece, sono un testimone diretto, un reduce, avendo proprio passato cinque notti a Guantanamo. 

DA HOTEL GUANTANAMO A HOLDING GUANTANAMO

Occorre necessariamente partire dall’inizio della storia, che incomincia con un mio ricovero al pronto soccorso di Latina (a nulla rilevano ai fini del racconto le ragioni dello stesso). 

Non ho provato alcuno stupore nel vedere le difficili condizioni in cui lavorano i medici e gli infermieri. Sappiamo tutti che il personale sanitario è sottodimensionato, così come sappiamo tutti che la struttura in sé è insufficiente ad accogliere le quotidiane richieste di accesso; situazione simile a tanti altri pronto soccorso in Italia.

Ormai, entrare in un pronto soccorso e non vedere pazienti posizionati su barelle disseminate nei corridoi ci potrebbe destabilizzare e indurci a pensare che abbiamo sbagliato posto.

Ovviamente, il rituale della notte passata in corridoio su una barella è toccato anche a me, ma già la mattina dopo sono stato trasferito dalla barella ad un confortevole letto all’interno di una stanza del pronto soccorso. Di più, essendo per la mia patologia il reparto di competenza quello della chirurgia generale, alla fine della mattinata mi viene comunicato che era arrivato il momento dell’ultimo passaggio (dal letto di pronto soccorso a un letto di chirurgia generale). Essendo in grado di camminare, nonostante i dolori, mi alzo dal letto e seguo l’operatore sanitario a cui era stato affidato il compito di condurmi nel reparto di chirurgia generale. 

Dopo 10 metri, il mio Virgilio (non è un caso il riferimento alla Divina Commedia, perché stavo proprio per entrare all’inferno) si ferma all’inizio di un corridoio, sufficientemente ampio da poter ospitare due letti addossati al muro (uno da una parte e uno dall’altra) e, nel contempo, consentire, anche se solo per pochi centimetri, il passaggio delle barelle.

Ebbene, quei due letti lì, uno contrassegnato dal n. 17 (il mio) e l’altro dal n. 18 (già occupato da un altro sventurato) erano due letti del reparto chirurgia generale. 

Come avrete già ben capito, ma è meglio rimarcarlo, le condizioni logistiche erano tali da rendere impossibile il posizionamento di comodini adiacenti ai due letti, per cui borse e buste del ricoverato non potevano che essere messe sul letto insieme al ricoverato stesso. Ho avuto quindi l’emozione di sperimentare le capacità innovative ed evolutive della nostra sanità pubblica che, nell’ottica di un efficientamento sempre più marcato, ha creato il letto polifunzionale, che non assolve solo allo scopo di consentire al paziente di coricarsi, ma anche a quello di custodire i suoi effetti personali. 

Ovviamente, non c’era alcuna presa per poter ricaricare il proprio cellulare, quanto mai utile strumento per poter interloquire con il mondo dei vivi, per cui l’unica possibilità era la presa situata nel cesso. Ancora oggi mi meraviglio della serafica calma con cui ho affrontato la situazione, e ho trovato tre spiegazioni.  

La prima data dalla presenza di un altro paziente in quel corridoio adibito a presunta stanza, per cui probabilmente, anche in maniera inconscia, mi è sopravvenuto alla mente il detto “mal comune mezzo gaudio”. La seconda ragione è che sostanzialmente un malato si preoccupa principalmente di essere curato bene e di guarire. La terza è che sono un amante del Teatro dell’Assurdo. L’idea, quindi, di vivere da protagonista la situazione descritta mi emozionava. 

Io non ero più in carico al pronto soccorso, ma ero in carico al reparto di chirurgia, pur trovandomi a 10 metri di distanza rispetto al posizionamento precedente. Io non ero più in carico al pronto soccorso, ma ero in carico al reparto di chirurgia, pur trovandomi a pochi metri dai pazienti del pronto soccorso e dalle loro continue lamentele. Io non ero più in carico al pronto soccorso, ma ero in carico al reparto di chirurgia, pur trovandomi a pochi metri dai corridoi disseminati di barelle con pazienti incorporati. 

Era tutto surreale, talmente inimmaginabile che nemmeno un novello Samuel Becket avrebbe mai potuto concepire una commedia dell’assurdo di tale portata. 

Continuando a vivere comunque in uno stato di tranquillità, mi resi conto, nel momento in cui volevo tentare di dormire, che le luci di quel luogo indefinibile in cui erano stati messi due letti del reparto chirurgia generale sarebbero rimaste accese tutta la notte.

Infatti (e qui torniamo al Teatro dell’Assurdo) in un pronto soccorso (ma non stavamo in chirurgia generale?) le luci dei corridoi e del triage sono centralizzate e rimangono accese anche di notte. 

Mentre tentavo di prendere sonno vedo una persona, non so chi fosse, che si affaccia nel corridoio adibito a luogo dove erano piazzati due letti della chirurgia generale e dice: “Ma che devono dormì co ste luci sparate in faccia?  Ma che stamo a Guantanamo!”   

In quel preciso momento mi sono reso conto che una delle forme di tortura praticate nel famigerato lager statunitense era proprio quella di non spegnere mai le luci della cella del detenuto torturando. 

È vibrata quindi in me un’altra forte emozione dettata da questa considerazione: la vita mi stava offrendo un’opportunità straordinaria, vale a dire quella di vivere le stesse sensazioni di un detenuto di Guantanamo, senza nemmeno aver avuto il bisogno di prendere un aereo per andare ad alloggiare all’Hotel Guantanamo (come da titolo, dal sapore amaro e sarcastico, del romanzo di Felli).

Devo ammettere che i detenuti di Guantanamo durante il giorno sono sottoposti a torture, mentre io, invece, ero assistito con competenza e professionalità dal personale sanitario, ma, al tempo stesso, mi deve essere riconosciuto che durante la notte stavo peggio di loro. Questi ultimi, infatti, devono lottare solo contro la luce accesa, mentre io ero sottoposto ad altre forme di disturbo…e qui torniamo al Teatro dell’Assurdo.

Sebbene io fossi nel reparto di chirurgia generale, potevo nitidamente ascoltare, ad esempio, le strilla strazianti di un bambino di due anni ricoverato con urgenza nel corso della notte in pronto soccorso.  

Sebbene io fossi nel reparto di chirurgia generale, potevo anche sentire, come se la cosa avvenisse a pochi metri da me, le urla di pazienti ricoverati in pronto soccorso che lamentavano forti dolori. 

Sebbene io fossi nel reparto di chirurgia generale, giungevano comunque alle mie orecchie le richieste urlate e strampalate di degenti chiaramente fuori di testa.

Come non ricordare, ad esempio, la signora che passò tutta una notte a piangere a singhiozzi particolarmente rumorosi, inveendo contro quel bastardo del marito e quei bastardi dei due figli e che pretendeva che fosse chiamato un medico psicologo per una immediata consulenza, al fine di stabilire se era lei ad essere matta o, invece, il marito e i figli (vale a dire i tre bastardi)?

La paradossale situazione in cui mi trovavo, unitamente alla impossibilità di dormire, mi portò a fare una serie di considerazioni, che, ora dopo ora, mi condussero a nutrire un profondo odio verso il mondo costituito da quelli che campano facendo politica (e non sanno o saprebbero fare altro non avendo alcuna capacità), e quelli che campano grazie agli incarichi ricevuti dalla politica. 

Ho pensato quindi a tutti i politici latinensi che, a vario titolo, negli anni si sono occupati, o hanno fatto finta di occuparsi, di sanità e a tutti i vari direttori generali/commissari/direttori sanitari nominati nel tempo dalla politica. 

Innanzitutto, mi sono reso conto di come la Regione Lazio sia la migliore rappresentazione plastica dell’incapacità totale della classe politica tutta.

Infatti, a partire dal 1995 (prima elezione diretta del Governatore del Lazio), c’è stata sempre alternanza tra centrodestra e centrosinistra: unica eccezione Zingaretti, che è riuscito a farsi rieleggere. Insomma, in un arco temporale di circa trent’anni la Sanità nel Lazio (e quindi a Latina) è stata in mano a tutti: centrodestra e centrosinistra.  

Pensavo quindi nelle mie notti da detenuto di Guantanamo a quanto sarebbe stato bello poter allestire, in edizione riveduta e corretta, un processo di Norimberga che vedesse alla sbarra politici, direttori generali, direttori sanitari e via dicendo. 

Poi, però, sull’odio generalizzato ha prevalso la lucida freddezza e mi sono fatto delle semplici domande. Ma è così complicato cercare di sapere chi è colui che è riuscito a pensare e mettere in pratica un abominio del genere? Un corridoio che diventa una sorta di dependance del reparto chirurgia generale. 

Ci sarà modo di capire chi sono poi quelli che hanno avallato e continuano ad avallare questa decisione? E ancora, chi si sarà inventato di chiamare un luogo talmente surreale da far invidia a Samuel Becket con l’accattivante e confortevole nome di “Holding”?

Eh sì, non ve lo avevo ancora detto: io non stavo buttato su un letto di chirurgia generale in un corridoio del pronto soccorso con le luci sparate in faccia anche di notte, io stavo nella “Holding” di chirurgia generale, mica pizza e fichi! 

IL BED MANAGER

Nel tentativo di dare un volto, un nome e un cognome ai responsabili dello schifo che stavo vivendo e che altri avevano vissuto prima di me e altri ancora vivranno, ho scoperto che alcuni anni fa la fervida mente dei nostri politici che si occupano di sanità ha partorito la figura del Bed Manager, deputata a garantire l’appropriatezza dei ricoveri.

A questo punto sono di nuovo piombato in pieno Teatro dell’Assurdo, leggendo le ragioni dell’istituzione di tale sconosciuta figura.

“Nonostante la sanità pubblica sia in continua evoluzione, con aziende sanitarie che si orientano sempre più verso modelli organizzativi innovativi, il percorso di efficientamento che viene intrapreso per garantire l’appropriatezza dei ricoveri viene costantemente contrastato dal fenomeno dell’overcrowding in pronto soccorso e dalla drastica diminuzione del numero dei posti letto nelle unità operative. Negli ultimi anni si è così resa necessaria l’introduzione di una nuova figura all’interno dell’assetto organizzativo degli ospedali: appunto il Bed Manager.”

Di fronte a tali argomentazioni si rimane esterrefatti. Sembra, infatti, che il sovraffollamento (che loro preferiscono chiamare overcrowding) e la diminuzione dei posti letto nelle unità operative siano la conseguenza di un evento naturale, tipo un uragano, che ha spazzato via improvvisamente le postazioni letto nei pronto soccorso e nelle unità operative.

Insomma, siamo all’assurdo. Chi ha creato il problema, vale a dire la politica tutta (centrodestra e centrosinistra), attraverso spietati tagli alla sanità pubblica che hanno comportato la chiusura di ospedali e, in quelli rimasti aperti, la scellerata politica di eliminazione di posti letto, non prende atto di aver fatto delle cazzate, ma si inventa il Bed Manager, definito come “il professionista che gestisce il percorso del paziente all’interno dell’ospedale al fine di raggiungere il setting assistenziale adatto, in modo da coordinare e garantire un corretto patient flow, termine con cui si intende la movimentazione del paziente all’interno della struttura sanitaria dall’ammissione alla dismissione” (da rimarcare il continuo ricorso ai termini inglesi, tanto ridicolo quanto fastidioso). 

Comunque, la cosa davvero importante è che ora avevo trovato il modo di poter conoscere il volto, il nome e il cognome dell’aguzzino della Holding Guantanamo. 

DOTTORESSA TERESA COLUZZI

Non è un lui, ma è una lei: la dottoressa Teresa Coluzzi.

Con l’ingresso in campo di questo nome usciamo dal Teatro dell’Assurdo e probabilmente entriamo in una cornice shakespeariana. Infatti, alle elezioni comunali 2021 si è candidata nella lista “Latina nel cuore” a sostegno della candidatura a sindaco di Vincenzo Zaccheo.

Ecco quindi che, incredibilmente, la mia aguzzina faceva parte della ciurma della nave di Zaccheo che, con i miei libri, avevo contribuito ad affondare. 

In particolare, nel luglio 2021 era uscito il mio libro “Storie nascoste di Latina”, in cui pubblicavo le carte giudiziarie di una inchiesta condotta dal Nucleo Investigativo del Comando provinciale dei Carabinieri di Latina, carte giudiziarie costituite anche da intercettazioni telefoniche e ambientali dal contenuto inequivocabile riguardanti il periodo dicembre 2008 – maggio 2009: mazzette, appalti pilotati e altre varie tipologie di reato contro la pubblica amministrazione. 

L’indagine, che vedeva come indagati, tra gli altri, il sindaco e il vicesindaco dell’epoca (il famigerato duo Zaccheo/Galardo) venne affossata, grazie al solerte intervento dell’allora Procuratore Capo della Repubblica Giuseppe Mancini, tra l’altro sollecitato proprio da Zaccheo.

Riflettendo sull’avventura elettorale della Dottoressa Teresa Coluzzi, ho pensato se lo avesse fatto nonostante le carte giudiziarie pubblicate nel mio libro oppure ignorandone il contenuto. Mi sono chiesto se la sua candidatura fosse stata semplicemente un modo per timbrare il cartellino, tanto per dire al politico di riferimento: guarda che io ci sono, sto facendo il mio dovere. 

Oppure la sua candidatura potrebbe essere stata un atto da fedelissima, capace di difendere l’indifendibile pur di stare sempre e comunque dalla parte del padrone, e quindi di sostenere Zaccheo nonostante il contenuto inequivocabile di atti giudiziari, intercettazioni telefoniche e ambientali pubblicate nel mio libro.

Ecco, è proprio tale specifica ipotesi che ci farebbe entrare in una cornice shakesperiana. La Bed Manager apparterrebbe a quella cerchia di persone che ce l’hanno ancora a morte con me, perché sarei stato una delle cause della sconfitta di Zaccheo alle elezioni comunali del 2021 (parzialmente ripetute nel 2022). 

Si tratti di individui che, ad esempio, se c’è da scegliere tra un politico corrotto e chi denuncia la corruzione, chiedono prima di sapere nome e cognome dei due per scegliere da che parte schierarsi, perché la loro scelta non è mai ideale ma funzionale o, magari, è la scelta di chi, dopo aver già ricevuto, non vuole apparire ingrato. 

Si tratta di individui che si vantano di aver partecipato, almeno una volta, al rituale del solstizio d’inverno in Semprevisa cantando canzoni da camerati, ma poi per la vita quotidiana hanno cancellato dal loro lessico la parola “dignità”.

Si tratta di individui che nella vita di tutti i giorni sono dei meschini pronti alla denigrazione pur di farsi belli di fronte al loro capo. E proprio per questo ti odiano ancora di più; non sopportano che ci sia qualcuno che, addirittura senza andare in Semprevisa a celebrare il rituale del solstizio d’inverno, sia un uomo veramente libero. 

Si tratta di individui che un campano molto arguto, trasferitosi a Latina da oltre trenta anni e attento osservatore delle dinamiche della nostra città, ha definito: “coglioni travestiti da fascisti”.

Ecco, immaginatevi per un attimo se l’avventura elettorale della Bed Manager Dottoressa Teresa Coluzzi, ora ribattezzabile come l’aguzzina di Holding Guantanamo, avesse proprio l’origine della fedelissima senza se e senza ma. 

Saremmo in pieno dramma shakespeariano. Da una parte chi affondava la nave elettorale di Zaccheo con i propri libri, dall’altra chi stava nella ciurma di quella nave. Da una parte il degente inerme presso Holding Guantanamo, dall’altra l’aguzzina di Holding Guantanamo. Un dramma per il quale lascio un finale aperto alla immaginazione dei lettori.

Quello che a me invece interessa è sensibilizzare l’opinione pubblica, tutti i mezzi di informazione e associazioni varie affinché si arrivi alla conclusione della vergogna da me descritta nel presente articolo e alla individuazione delle relative responsabilità, responsabilità che credo non possano non coinvolgere anche il Commissario della A.S.L. e il direttore sanitario, soprattutto se al mio atto di denuncia pubblica rispondessero con l’immobilismo e il mantenimento dello status quo.         

STOP HOLDING GUANTANAMO 

Spero ardentemente che questo mio articolo possa servire per smuovere le acque, per indignare i miei concittadini, per accendere sul caso i riflettori da parte di tutti i mezzi d’informazione e per sensibilizzare la politica sul punto. Allo stesso tempo spero che tutti coloro che in qualche modo hanno concorso alla realizzazione dell’abominio da me descritto ne paghino le dovute conseguenze.

Il mio appello è rivolto anche alla prima cittadina di Latina, la quale, pur non avendo alcuna competenza sul fatto specifico, ha sicuramente l’autorevolezza per chiedere un immediato intervento.  

Caspita! Proprio ora che pensavo di essere sceso dal palcoscenico (prima Samuel Becket e poi William Shakespeare) per assumere il ruolo del bravo cittadino che, nell’interesse di tutti, denuncia un pessimo funzionamento del “Bed Management” all’ospedale di Latina, mi rendo conto che invece sono dentro uno di quei film di denuncia di cui Francesco Rosi era maestro. 

Infatti io, che ho scritto “Storie Nascoste di Latina” e “Storie Nascoste di Latina Parte II – Le altre carte giudiziarie”, sto rivolgendo un appello proprio a colei che se ne è totalmente fregata delle mie denunce.

Avevo denunciato, ad esempio, che il giornalista Alessandro Panigutti aveva coperto un sistema corrotto, tenendo ben nascoste nel suo cassetto le carte giudiziarie che invece io poi ho pubblicato nei miei libri.

Avevo denunciato anche che Agostino Marcheselli, all’epoca dell’inchiesta 2008/2009 Capo di Gabinetto, si era comportato, come da inequivocabili intercettazioni telefoniche e ambientali, in modo pessimo dal punto di vista dell’etica. 

Ebbene, io sto facendo un appello proprio a colei che ha nominato il primo suo Capo di Gabinetto e il secondo Direttore Generale.

Non solo, sto facendo un appello a colei che appartiene alla stessa famiglia politica dell’aguzzina, vale a dire quella che di fronte ai mie due libri di denuncia si è girata dall’altra parte. Ecco quindi che questo articolo non è più semplicemente la denuncia dell’abominio Holding Guantanamo, ma è diventato cammin facendo qualcosa di più. 

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