SATNAM SINGH, IL PADRE DI LOVATO COINVOLTO IN UNA MAXI INDAGINE SUL CAPORALATO

Renzo Lovato
Renzo Lovato

Satnam Singh. In un’altra inchiesta per caporalato emerge che anche Renzo Indagato risulta sotto indagine per caporalato

Non sono mancate le polemiche per le parole considerate inopportune da parte del padre dell’indagato per la morte di Satnam Singh, Renzo Lovato. Il padre del 38enne Antonello Lovato, che è indagato per omicidio colposo, omissione di soccorso e violazione della normativa sul lavoro, è stato intervistato dal TG1 all’indomani della tragedia del 31enne “Navi”. L’uomo, come noto, ha detto che il 31enne: “ha commesso una leggerezza che è costata cara a tutti, mio figlio gli aveva detto di non avvicinarsi al mezzo ma ha fatto di testa sua”. I social non gli hanno risparmiato queste parole che sono suonate come scaricare le responsabilità in capo a un giovane che è morto dopo essere stato abbandonato come un sacco.

Ma di guai Renzo Lovato ce ne ha da almeno un anno in quanto risulta indagato nella imponente operazione dei Carabinieri denominata “Jamuna” per cui, ad agosto 2023, è arrivato l’avviso di garanzia a 16 imprenditori pontini.

Lo scorso 4 agosto 2023, la Procura della Repubblica di Latina, a conclusione dell’indagine condotta dal Nucleo Investigativo, dal Nucleo Carabinieri Ispettorato del Lavoro di Latina e dall’Ispettorato Territoriale del Lavoro di Latina, aveva emesso un avviso di conclusione delle indagini preliminari nei confronti di 16 persone, indagate a vario titolo per il reato di caporalato, tra cui per l’appunto Renzo Lovato e il caporale Paul Uttam a cui l’uomo si riferiva per reclutare manodopera a basso costo e senza un contratto di lavoro regolare. Lovato risulta indagato in qualità di rappresentante legale dell’Agrilovato soc. coop. Agricol, insieme al socio Massimo Varelli. Nella sua azienda, i Carabinieri hanno trovato una situazione degradante per i lavoratori, con paghe da fame e condizioni di vita prive di dignità.

Le indagini, condotte dal marzo 2019 al dicembre 2020, secondo i militari dell’Arma, hanno consentito di accertare l’assunzione e l’impiego di manodopera di cittadini extracomunitari di etnia indiana, bengalese e pakistana, all’interno delle aziende agricole coinvolte grazie alla intermediazione di caporali di origine extracomunitaria; la reiterata corresponsione delle retribuzioni “a cottimo” con importi inferiori alla somma di euro 8,65 all’ora, previsto dall’attuale contratto collettivo nazionale di lavoro per gli operai agricoli; la violazione della normativa relativa all’orario di lavoro costringendo i lavoratori a lavorare minimo otto ore al giorno senza la corresponsione degli straordinari; l’inosservanza delle norme di sicurezza non avendo i datori di lavoro ottemperato agli obblighi di formazione e vigilanza sanitaria ex d.lgs 81/2008; la sottoposizione dei lavoratori a condizioni di lavoro ed alloggiative in strutture indegne, venendo obbligati ad operare anche in condizioni climatiche avverse raggiungendo le aziende agricole a bordo di mezzi fatiscenti, dietro il compenso economico mensile di circa 110 euro per ciascun extracomunitario.

L’attività di indagine, eseguita dai Carabinieri del Nucleo Investigativo, del Nucleo Carabinieri Ispettorato del Lavoro e dall’Ispettorato Territoriale del Lavoro di Latina, sotto la direzione della Procura pontina, si è svolta nell’ambito delle investigazioni successive ad un tentato incendio ai danni della sede dell’Ente Parco Nazionale del Circeo avvenuto nell’estate 2019, a cui gli odierni indagati sono estrarnei.

Come noto, Il 24 giugno 2019, fu scoperto il tentativo di intimidazione da parte di qualcuno che aveva posizionato tre taniche di gasolio davanti alla sede della direzione degli uffici dell’Ente, a Sabaudia. Inoltre fu rovesciato il combustibile (quasi centro litri di gasolio) facendolo penetrare all’interno dei locali e utilizzando anche della plastica, in modo da incendiare una vicina centrale termica. Un tentativo di esplosione andato, fortunatamente, a vuoto.

Tre mesi dopo, a settembre 2019, Giovanni Scavazza fu arrestato dai Carabinieri del Comando Provinciale di Latina dopo che l’uomo si era recato in Procura per confessare di essere l’autore materiale.  A giugno 2020, giudicato col rito abbreviato, il pm Andrea D’Angeli chiese 4 anni ma il giudice dell’udienza preliminare condannò Scavazza a tre anni.

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