Scatta il sequestro dei beni a carico del 47enne di Fondi, Alessio Ferri, coinvolto ad aprile nell’inchiesta denominata “Jars”
Nella mattinata odierna, 16 maggio, su disposizione della Direzione Distrettuale Antimafia di Roma, nelle province di Latina e Sassari, il Nucleo Investigativo del Reparto Operativo del Comando Provinciale dei Carabinieri di Latina, coadiuvato nella fase esecutiva dai Carabinieri competenti per territorio, ha dato esecuzione ad un decreto di sequestro preventivo emesso dal Giudice per le Indagini Preliminari presso il Tribunale di Roma.
Il provvedimento scaturisce dalla richiesta avanzata dalla Procura della Repubblica di Roma-Direzione Distrettuale Antimafia, nei confronti del 47enne fondano, Alessio Ferri, già coinvolto nel procedimento penale per traffico di stupefacenti dalla DDA di Roma denominato “Jars”, il cui patrimonio è risultato sproporzionato rispetto al suo reddito dichiarato.
Gli accertamenti dei Carabinieri del Nucleo Investigativo, guidati dal tenente colonnello Antonio De Lise, sotto la direzione della Procura distrettuale, sono stati sviluppati a seguito della esecuzione dell’ordinanza di custodia cautelare emessa, lo scorso aprile 2024, dal Giudice per le Indagini Preliminari presso il Tribunale di Roma nei confronti di 14 persone gravemente indiziate, a vario titolo, di appartenere ad un’associazione finalizzata al traffico di stupefacenti aggravata dall’uso delle armi, di estorsione, autoriciclaggio e trasferimento fraudolento di beni. Secondo gli inquirenti i due capi del sodalizio erano per l’appunto Alessio Ferri e l’altro fondano, Andrea Pannone (51 anni).
Le indagini hanno consentito di dimostrare che Ferri, titolare di varie società operanti nel settore automobilistico, nonché fortemente indiziato di aver rivestito il ruolo di capo nell’ambito dell’associazione dedita al traffico di droga, sia proprietario di beni mobili ed immobili in assenza di un reddito lecito dichiarato. Da qui la conclusione della derivazione del patrimonio accumulato da condotte illecite.
L’odierno provvedimento ha consentito di eseguire un sequestro preventivo di 3 società tutte nel campo della rivendita di auto, 8 autovetture e due conti correnti riconducibili al 47enne pontino.
Peraltro la complessa attività investigativa di Carabinieri e DDA ha già consentito di individuare dei beni mobili di lusso (autovetture) e un’attività commerciale – una tabaccheria acquistata al prezzo di 80mila euro, nella disponibilità di Andrea Pannone che si serviva come prestanome della sua compagna – utilizzati per riciclare il denaro proveniente dal traffico delittuoso. Tra le auto sequestrate a Pannone anche una Maserati Grandsport e un camper acquistati nel 2017.
L’indagine “Jars” ha fatto emergere di come a Fondi vi sia stata una vera e propria battaglia per le piazze di spaccio, anche con l’uso di armi da guerra (persino una mitragliatrice Uzi acquistata da un uomo vicino al clan ndranghetista Gallace trapiantato a Nettuno), quella tra il gruppo di pusher capeggiati da Jhonny Lauretti e Massimiliano Del Vecchio, personaggio noto alle cronache giudiziarie, con legami con personaggi di peso criminale nel nord della provincia, e i rivali agli ordini dei due promotori e finanziatori Alessio Ferri (legato ad Aldo Trani, cognato dei fratelli Tripodo, legati notoriamente alla ndrangheta) e Andrea Pannone (un tempo collocato nel clan Zizzo). Personaggi che più o meno sono “protagonisti” del narcotraffico fondano da quindici anni a questa parte, tanto che l’operazione “Jars” di quest’oggi prende le mosse da un vecchio procedimento penale denominato “Fiore”.
A rifornire di droga il gruppo di Ferri-Pannone era l’albanese Adlys Shyti che, secondo la ricostruzione dei Carabinieri del Nucleo Investigativo di Latina e dei colleghi della Compagnia di Terracina, coordinati dal sostituto procuratore della Procura/DDA di Roma, Luigia Spinelli, cedeva al gruppo partite di cocaina e hashish superiore al chilo ogni volta che l’affare veniva concluso. Il prezzo era di 35/40mila euro al chilo per la cocaina. Shyti, secondo quanto raccontato da uno dei collaboratori di giustizia, era stato indicato dal clan di camorra “Di Lauro” a Ferri il quale, prima dell’albanese, si sarebbe rifornito direttamente a Napoli dalla nota cosca di Secondigliano e Scampia.
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