CLAN DI SILVIO: FIGLIA E NUORA DI “LALLÀ” RINVIATE A GIUDIZIO PER IL REDDITO DI CITTADINANZA

Truffa col reddito di cittadinanza: sono state rinviate a giudizio la figlia e la nuora del boss di Campo Boario, Armando “Lallà” Di Silvio

Il giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Latina, Giuseppe Cario, su richiesta del pubblico ministero Martina Taglione, ha rinviato a giudizio Sara Genoveffa Di Silvia e Angela Di Silvio, difese dall’avvocato Emanuele Farelli. Le accuse a loro carico sono quelle di aver percepito indebitamente il reddito di cittadinanza e di aver violato la misura degli arresti domiciliari a cui erano ristrette.

Le due donne, la prima, Angela, nuora di Armando detto Lallà e moglie del defunto Samuele, la seconda, Sara Genoveffa, figlia del boss di Via Muzio Scevola, avevano chiesto ed ottenuto il reddito di cittadinanza, omettendo nell’istanza di indicare che tutti i membri di età maggiorenne della famiglia erano sottoposti in atto a misura cautelare detentiva, motivo ritenuto per legge ostativo alla concessione del beneficio stesso. Inoltre, per presentare le domande presso un patronato del capoluogo, le menzionate erano anche evase dal luogo dove usufruivano degli arresti domiciliari qual forma di beneficio alternativo alla detenzione in carcere, concessa dal giudice del Tribunale di Roma a conclusione dell’operazione di polizia “Alba Pontina. Entrambe sono state condannate insieme al sodalizio rom, il cui capo è per l’appunto Armando Di Silvio, nel relativo processo “Alba Pontina”, per cui la Corte d’Appello ha confermato, a ottobre scorso, l’associazione di stampo mafioso: per Angela Di Silvio 3 anni e 3 mesi, per Sara Genoveffa Di Silvio 4 anni.

Le due donne, che avevano richiesto il contributo per il rispettivo nucleo familiare, sono state denunciate all’Autorità Giudiziaria pontina, e con comunicazione all’I.N.P.S., ente erogatore del beneficio, è stato revocato il beneficio percepito indebitamente da novembre 2019 a novembre 2020, per un totale di oltre 10.000 euro per ciascun nucleo.

Le donne avevano presentato nuove domande, rispettivamente nei mese di ottobre e dicembre 2020, per la concessione di un ulteriore reddito di cittadinanza.

Tali istanze contenevano le medesime precedenti dichiarazioni mendaci, con le quali è stato omesso di comunicare le misure cautelari a cui erano sottoposti i familiari, facendo sì che le stesse venissero ulteriormente approvate dall’I.N.P.S., che autorizzava nuovamente il beneficio. Nel contesto, una delle istanti percepiva effettivamente il contributo indebito, mentre una tempestiva segnalazione all’ente erogatore da parte del Nucleo Carabinieri ha impedito che fosse versato anche l’altro.

Il processo per le due donne inizierà il prossimo 7 ottobre davanti al giudice monocratico del Tribunale di Latina, Paolo Romano.

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