STRAGE DI CISTERNA, REFERTI FAVOREVOLI PER L’ARMA: “CAPASSO SI RIVOLSE A UN ESORCISTA”

Luigi Capasso (foto proflo facebook)
Luigi Capasso (foto profilo facebook)

Prosegue il processo sui medici che consentirono a Luigi Capasso di ottenere la sua pistola: ascoltati come testimone i Carabinieri

Il giudice monocratico del Tribunale di Latina, Fabio Velardi, davanti al quale si svolge il processo, tiene a specificarlo. Dal momento che oggi, 21 novembre, non funziona nel Tribunale la registrazione audio-video dei testimoni, la legge Cartabia impone, se non vi è il consenso di accusa, difesa e parti civili, di riascoltare le testimonianze alla prossima udienza che si terrà il 20 febbraio 2024. Ecco perché i tre Carabinieri che hanno testimoniato quest’oggi dovranno tornare anche il 20 febbraio a ripetere più o meno le stesse cose, dal momento che uno degli avvocati difensori non ha acconsentito a validare le testimonianze, anche in assenza di registrazione.

Comincia così la nuova udienza per il processo che vede accusati di omicidio colposo, i due medici Quintilio Facchini e Chiara Verdone, quest’ultima medico militare a Velletri, davanti al giudice Velardi.

Come noto, si tratta del caso del carabiniere Luigi Capasso il quale, il 28 febbraio 2018, a Le Castella, a Cisterna di Latina, uccise le due figlie dell’età rispettivamente di 9, Martina, e 13 anni, Alessia. A quel folle quanto terribile piano criminale sopravvisse miracolosamente la moglie Antonietta Gargiulo. Capasso, dopo aver ucciso le figlie e ferito la moglie, si suicidò.

Nella scorsa udienza, a porte chiuse, fu ascoltata proprio Antonietta Gargiulo che, considerato il processo, ha dovuto ripercorrere la tragedia che l’ha vista suo malgrado protagonista e vittima. Per quei fatti, peraltro, Antonietta Gargiulo ha denunciato anche quattro tra Carabinieri e poliziotti che si occuparono del caso. La sua opposizione all’archiviazione, però, è stata respinta.

Tornando ai due medici Verdone, assistita dall’avvocato Arnulfo, e Facchini, difeso dagli avvocati Lazzari e Mariani, l’accusa, secondo gli inquirenti, è che avrebbero agevolato la restituzione della pistola di ordinanza all’allora Carabiniere Capasso, redigendo due referti favorevoli. Insieme ad Antonietta Gargiulo, è parte civile l’associazione “Differenza Donna” che ha realizzato un centro intitolato alle vittime, Alessia e Martina. 

Il clou dell’udienza odierna è stata la testimonianza resa dall’ex Comandante del Reparto Operativo dei Carabinieri di Latina, Paolo Befera, che all’epoca dell’omicidio-suicidio analizzò le chat e i messaggi telefonici che Capasso scambiava con la ex moglie, gli amici, i colleghi e anche con il medico Facchini.

Secondo la ricostruzione del tenente colonnello Befera, interrogato dai Pm Daria Monsurrò e Giuseppe Bontempo, Capasso, da ciò che risulta dalle analisi di telefoni e messaggi, aveva già detto a un’amica della moglie di aver ucciso le due figlie in quel terribile giorno di più di cinque anni fa: “Tre colpi contro la figlia più piccola e sei contro la figlia maggiore, in tutto sparò 17 colpi“,

Sulla scena del crimine l’allora Carabiniere, in servizio a Velletri, aveva lasciato biglietti e assegni per parenti e amici, oltreché a diversi messaggi sui lasciti e un’accusa contro la moglie a cui addossava tutta la colpa. Un quadro che purtroppo suona molto triste anche nei giorni in cui tutta Italia non fa che discutere dell’omicidio di Giulia Cecchettin ad opera del suo ex ragazzo, Filippo Turetta.

Capasso si arruolò nel 1995 – ha spiegato Befera – e fino al 2006 non vi è traccia di comportamenti pericolosi. Successivamente fu indagato e rinviato a giudizio per un truffa con le pratiche assicurative che lo portarono a una sospensione dall’Arma tra il 2009 e il 2015. Una volta prosciolto, Capasso, che prima era stato in servizio a Cisterna ed Aprilia, fu reintegrato e andò in servizio a Velletri. Nel corso della sua carriera, tanti i giorni di assenza per depressione e ansia dovuti al processo per truffa.

L’ex Comandante del Reparto Operativo ha poi ripercorso tutti i messaggi che l’uomo si scambiava con le figlie, soprattutto con la maggiore Alessia, all’epoca 13enne. “Alessia – ha spiegato il carabiniere – era terrorizzata e si sentiva tradita dal padre: “Hai tradito tutti i nostri sogni, le nostre speranze e la nostra famiglia“. Il padre le scriveva di volerle bene ma lei, la figlia, non rispondeva. Voleva portarla a Napoli con l’altra figlia Martina, ma loro non volevano. “Non vi ho fatto del male e mai ve ne farei“, scriveva il Carabiniere dopo aver cacciato di casa la madre Antonietta Gargiulo e indirettamente le figlie.

Dopodiché, come noto, moglie e figlie tornarono a casa e lui si trasferì a vivere nella caserma a Velletri dove era in servizio. “Capasso – ha detto Befera – pensava che la moglie lo avesse tradito, monitorava le sue comunicazioni. Diceva alla moglie di andarsene, ma il giorno dopo averle cacciate, chiedeva che tornassero”. Era il settembre del 2017. Esemplificativo un messaggio della ex moglie: “Ieri siamo scappate che ci volevi ammazzare”.

I file audio evidenziano i tentativi di Capasso di allacciare rapporti con amici e colleghi della ex moglie in modo da avere un nuovo legame con la donna. È a uno dei colleghi della ex moglie che Capasso ammette di aver picchiato la madre davanti alle figlie. Poi, nel novembre 2017, Capasso viene convocato dal Comandante della Compagnia di Velletri: qualcosa non andava e i militari dell’Arma caldeggiavano una visita sulla sua psiche.

Dalle chat, ad ogni modo, emerge che chiunque lo conoscesse diceva che Capasso non era molto lucido. Anche la stessa ex moglie, Antonietta Gargiulo, aveva pensato di chiamare il Comandante perché preoccupata dal marito con cui si sarebbe separata nella primavera del 2018 se non fosse intervenuta la strage.

Tra le chat richiamate da Befera, c’è anche una conversazione tra Capasso e il medico curante Facchini, uno dei due imputati. Capasso gli diceva che c’erano stati altri episodi di violenza, mentre dapprincipio Facchini avrebbe creduto che ve ne fosse stato solo uno. È lo stesso medico a chiedere al paziente di non avere fretta e non di dover riallacciare subito il suo rapporto con la ex moglie.

Di impatto, per comprendere la testa di Capasso, spunta anche una chat tra due numeri diversi, in realtà ricollegabile sempre al Carabiniere: praticamente l’uomo parlava a se stesso, esplicitando i suoi intenti omicidari e disponendo la sua sepoltura a Secondigliano. In alcune chat si fa riferimento all’assunzione di ansiolitici e in altre il ricorso a un sacerdote esorcista che, secondo gli inquirenti, gli avrebbe indicato il medico di famiglia Facchini: “Il prete mi sta facendo avere buone sensazioni”.

Di lì a breve il massacro.

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