Promettevano, in cambio di denaro, posti di lavoro ministeriali, alle Poste, all’Agenzia delle Entrate, persino in Guardia di Finanza: arrivano le condanne
Il sodalizio era diretto da un minturnese, trasferito a Cellole, che agiva nel sud pontino tra Formia e Minturno. A febbraio 2020, i carabinieri della sezione operativa della Compagnia di Formia avevano dato esecuzione all’ordinanza emessa dal Gip presso il Tribunale di Cassino, Salvatore Scalera, che dispose gli arresti domiciliari nei confronti del 52enne minturnese di Cellole, Nino Di Filippo. Nello stesso procedimento penale, altre otto persone furono raggiunte da avviso di garanzia.
Tanti i reati contestati: traffico di influenze illecite, violenza privata, truffa ed estorsione.
Le indagini, avviate sulla fine del 2018 e svolte sotto la direzione del Procuratore di Cassino Luciano D’Emmanuele e del sostituto Valentina Maisto, avevano consentito di individuare l’operatività di un gruppo di soggetti gravitanti nei territori di Formia e Minturno, con a capo l’uomo di Cellole che, vantando asserite conoscenze con dei pubblici ufficiali, prometteva posti di lavoro presso vari enti pubblici alle vittime e/o ai loro familiari dietro corresponsione, in contanti, di corpose somme di denaro.
Il tariffario prevedeva il pagamento di 45.000 euro in cambio dell’assunzione, mai poi verificatasi, presso le Poste italiane, l’Agenzia delle Entrate e la Guardia di Finanza. Per accrescere la propria attendibilità l’uomo si faceva accompagnare da un autista a bordo di un’auto scura su cui era installato un lampeggiante blu, servendosi inoltre di una pluralità di complici che fungevano da suoi garanti ovvero procacciatori.
Ora, il giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Cassino, Tania Tavolieri, ha pronunciato la sentenza condannato tutti gli imputati col rito abbreviato. A Di Filippo 2 anni di reclusion più 900 euro di multa. Di seguito le condanne per gli altri co-imputati ritenuti complici: 1 anno per il 56enne formiano Salvatore Treglia; 8 mesi per Maria Di Filippo, Annarita Di Mambro e Monica Barra; 2 mesi per Angela Tomao. 9 mesi e 8 mesi per Paolo De Chiara e Luigi Giacco. Gli imputati erano difesi agli avvocati Cardillo Cupo, , Palermo, Nanni, Mastantuono, Improta, Di Matteo e Fiorillo.
Nove le vicende ricostruite dagli uomini dell’Arma, tra cui una in cui la vittima è diventata a sua volta procacciatrice di nuovi soggetti da raggirare.