LOAS: ORA L’INTERDITTIVA ANTIMAFIA È DEFINITIVA

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Depositi Loas in fiamme

Aprilia, Loas: il Consiglio di Stato ripristina definitivamente l’interdittiva antimafia emessa dal Prefetto di Latina

Una decisione prevedibile dopo che, a maggio 2021, lo stesso Consiglio di Stato aveva sospeso il provvedimento con cui il Tar, a dicembre 2020, aveva annullato l’interdittiva antimafia emessa dal Prefetto di Latina.

A ottobre 2020, il Prefetto di Latina aveva emesso un’interdittiva antimafia poiché nelle quote societarie della Loas Italia srl figurava al 50% Antonio Martino, il quale aveva patteggiato una pena per attività organizzate per il traffico illecito dei rifiuti. Si trattava dell’operazione denominata Dark Side al cui centro c’era la famigerata cava dei veleni di Via Corta ad Aprilia gestita dalla famiglia Piattella.

marzo 2021, il Tar di Latina, dopo aver sospeso l’interdittiva emessa dal Prefetto di Latina, accolse il ricorso dei legali di Loas Italia srl che gestisce l’impianto di recupero e smaltimento rifiuti ad Aprilia andato a fuoco ad agosto 2020, e annullò il provvedimento.

Il tribunale amministrativo annullò il provvedimento disposto dalla Prefettura di Latina in quanto il ricorso presentato dagli avvocati Roberto D’Amico e Giovanni Malinconico “coglie nel segno il primo motivo di impugnazione con cui si deduce che la fattispecie criminosa rilevante ai fini del rifiuto alla iscrizione non è lo specifico reato ambientale previsto dall’art. 452-quaterdecies c.p., ma il reato di associazione per delinquere previsto e punito dall’art. 416 c.p., quando sia commesso con il fine specifico di realizzare, tra gli altri, il reato ambientale in questione che assume dunque, nella struttura del reato associativo, la funzione di reato fine”.

Quindi Martino aveva sì patteggiato per un reato ambientale ma non gli è ascrivibile il reato di associazione per delinquere.

A maggio 2021, come accennato, il Consiglio di Stato aveva cambiato punto di vista poiché ritenne che, invece, il 452 quaterdecies del codice penale, per cui ha patteggiato Martino, sia sufficiente per “ripristinare” l’interdittiva del Prefetto, in attesa che venisse fissata dal medesimo Palazzo Spada un’udienza di merito che stabilisca se quel provvedimento prefettizio sia definitivo o meno.

Ora, è arrivata la pronuncia nel merito per cui i giudici del più alto grado amministrativo hanno accolto il ricorso della Prefettura di Latina e del Ministero dell’Interno. Secondo il Consiglio di Stato, è stato giusto emettere l’interdittiva antimafia poiché “la presunzione assoluta di pericolosità di alcune fattispecie di reato…vincola l’autorità competente ad adottare l’informativa interdittiva antimafia nei confronti dell’impresa o della società che sia stata interessata da provvedimenti dell’autorità penale per determinati reati“.

Vige, quindi, una “finalità preventiva ed anticipatoria che permea l’istituto in esame” e che “giustifica l’attivazione dei poteri inibitori di cui è titolare l’Autorità di Pubblica Sicurezza in uno studio assolutamente preliminare del procedimento penale e, quindi” – motivano i giudici – anche “senza che si sia giunti alla pronuncia di un provvedimento di condanna definitiva e alla formazione del relativo convincimento “oltre ogni ragionevole dubbio”.

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