LA NDRANGHETA SUGLI APPALTI: COINVOLTO L’IMPRENDITORE PONTINO GIULIO TOPPETTA

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Procura di Reggio Calabria
Procura di Reggio Calabria

Stamattina, nelle province di Reggio Calabria, Latina e Cosenza, i Carabinieri del Comando Provinciale di Reggio Calabria hanno dato esecuzione a due distinte ordinanze di applicazione di misure cautelari personali e reali, emesse dal Gip del Tribunale di Reggio Calabria, su richiesta della Procura distrettuale reggina, traendo in arresto Tommaso De Angelis, 59enne originario di Sinopoli, ma residente a Reggio Calabria, destinatario della misura restrittiva in carcere con l’accusa di associazione mafiosa, in qualità di esponente della cosca “Alvaro-Pajechi” di Sinopoli. Sette le società sequestrate, di cui due con sede a Latina:
· Morfù Srl di Rossano (CS);
· Decos Srl di Reggio Calabria;
· Musolino Domenico, ditta individuale di Reggio Calabria;
· I.Ge.Co. Srl di Latina;
· Pontina Costruzioni Srl di Latina;
· I.T.M. Eletronici Snc di Antonio e Mario Italiano di Delianuova, in provincia di Reggio Calabria;
· Gienne Costruzioni Srl di Reggio Calabria.

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Tommaso De Angelis

I due provvedimenti in esecuzione discendono dagli esiti di due autonome e convergenti indagini, convenzionalmente denominate “Camaleonte” e “A Ruota Libera”, svolte rispettivamente dai carabinieri della Compagnia di Reggio Calabria e del Nucleo Investigativo, coordinati da Stefano Musolino della Direzione Distrettuale Antimafia reggina.
Nell’ambito della “Camaleonte”, dal febbraio 2015 all’aprile 2016 è stata monitorata l’esecuzione di due distinti appalti: la “realizzazione della fermata di Pentimele della metropolitana di superficie” appaltata per un importo di oltre 2,1 milioni di euro dalla società R.F.I. Spa del gruppo Ferrovie dello Stato ad un’associazione temporanea di imprese la cui mandataria è l’impresa Morfù Srl, riconducibile ai fratelli Nilo e Giuseppe Morfù, entrambi indagati nel procedimento; i lavori di manutenzione straordinaria del sovrappasso di via Casa Savoia di Gallico (ex Strada Statale 184 Gambarie) al km 438, appaltati dall’ANAS Spa alla ditta Costruzioni D.O.C. Srl di Napoli per un importo netto di oltre 860mila euro.
In relazione al primo appalto, le indagini svolte sul conto dei fratelli Nilo e Giuseppe Morfù, titolari della Morfù Srl hanno permesso di documentare, secondo gli inquirenti, come gli stessi, pienamente consapevoli del contesto geografico in cui dovevano operare (il quartiere reggino di Archi), fin dall’avvio dei lavori abbiano ricercato l’appoggio della criminalità organizzata locale, al fine di “ottimizzare” i tempi a disposizione e ridurre eventuali inconvenienti, trovandolo evidentemente nei fratelli Rocco, Vincenzo, Michelangelo e Tommaso De Angelis, originari di Sinopoli.
CarabinieriGli esiti delle attività tecniche e i conseguenti riscontri avrebbero permesso di accertare come i fratelli Morfù si siano prestati a devolvere, celandola alla Stazione appaltante, l’esecuzione dei lavori alla Decos Srl dei fratelli De Angelis, già titolari di un’altra impresa (I.C.E.S.P. Srl) interdetta nel 2013 e, inoltre, assumere come operaio Vincenzo De Angelis, al fine di legittimarne la presenza in caso di controlli sul cantiere e consentire a Michelangelo e Tommaso De Angelis, quest’ultimo destinatario dell’odierna misura restrittiva poiché ritenuto organico alla cosca “Alvaro” di Sinopoli, di individuare tutti i fornitori, scelti fra altre imprese di riferimento ovvero fra quelle disposte ad accettare condizioni commerciali particolarmente sfavorevoli, agevolando l’occultamento e la spartizione dei ricavi con la Decos Srl.
In sostanza, i Morfù avrebbero evitato richieste estorsive da parte della criminalità organizzata reggina e tratto vantaggio dalle condizioni commerciali che la Decos Srl riusciva ad ottenere, mentre i De Angelis hanno potuto eludere la normativa antimafia, sostengono gli investigatori, acquisendo un appalto cui altrimenti non avrebbero potuto accedere.

Con riferimento ai lavori di manutenzione straordinaria del sovrappasso di Via Casa Savoia di Gallico, dalle indagini è emerso che la ditta individuale di Domenico Musolino – 43enne reggino ritenuto contiguo alla cosca “Tegano” della ‘ndrangheta cittadina, tratto in arresto nell’ambito dell’operazione “Affari di famiglia” e assolto nel 2015 – avesse sottoscritto, con la ditta aggiudicatrice dell’appalto, un contratto di nolo a freddo di macchinari ed attrezzature nonché un contratto per il distacco di due operai, incaricati della gestione delle attività di collaudo delle due carreggiate autostradali del sovrappasso, quale mero escamotage, riferiscono i titolari dell’indagine, per aggirare la normativa vigente, subappaltando l’intera realizzazione delle opere ad un’impresa non iscritta all’“Elenco di fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di lavori non soggetti a tentativi di infiltrazione mafiosa (White List)” proprio in ragione dell’allora recente arresto di Musolino.

anasIn merito a quest’appalto, sono tuttora al vaglio della Direzione distrettuale antimafia reggina le posizioni di 7 fra funzionari e dipendenti della committente ANAS Spa, incaricati delle verifiche in ordine alla corretta esecuzione dei lavori, e di 4 fra amministratori e dirigenti dell’impresa aggiudicataria Costruzioni Doc Srl, in relazione alla possibilità che abbiano consapevolmente agevolato l’impresa di Musolino ponendo in essere una serie di condotte mirate a celare i termini reali della sua partecipazione ai lavori.

Ma è l’attività d’indagine “A ruota libera” che coinvolge il territorio pontino. L’operazione trae origine dagli approfondimenti effettuati, a partire dal giugno 2013, su due lavori pubblici banditi dal Comune di Reggio Calabria: manutenzione stradale da effettuarsi nelle aree di alcune circoscrizioni del territorio comunale di Reggio Calabria, del valore di 1.717.446 euro aggiudicato alla I.GE.CO. Srl di Latina; realizzazione di un circuito di piste ciclabili nel Comune di Reggio Calabria, del valore di oltre 570.000 euro, aggiudicato alla Pontina Costruzioni Srl e subappaltato alla I.GE.CO. Srl, entrambe riconducibili all’imprenditore pontino di Sonnino, Giulio Toppetta.
Dal monitoraggio dei lavori sarebbe emerso, difatti, come Toppetta avrebbe garantito l’esecuzione di lavori pubblici ad imprese riconducibili a soggetti vicini alla criminalità organizzata: in particolare, dalle intercettazioni, sarebbe venuto fuori che dirigenti e dipendenti della Igeco avrebbero favorito l’impresa individuale di Domenico Musolino nella consapevolezza che questi non potesse effettuare prestazioni lavorative in subappalto in ragione dell’assenza di certificazione antimafia, attraverso una serie di condotte mirate ad occultare la sua partecipazione all’esecuzione dell’appalto. Altresì le investigazioni hanno permesso di acclarare, affermano gli inquirenti, come i dirigenti aziendali, in concorso con Musolino, avrebbero gestito ingenti quantitativi di rifiuti derivanti dalle attività di manutenzione stradale e dalla realizzazione della pista ciclabile, interrandoli illecitamente in una porzione di terreno che costeggia una fiumara.
Inoltre, sempre in tema di commistioni con la criminalità organizzata, sarebbero stati documentati i rapporti anche con la Gienne Costruzioni Srl, società di cui si sono avvalse sia l’Igeco che la Pontina per la fornitura dei conglomerati bituminosi e per i noli a freddo e a caldo necessari in entrambi gli appalti comunali. Anche in questo caso le società di Toppetta, al fine di favorire la Gienne Costruzioni, avrebbero camuffato il reale volume delle forniture, facendo apparire che l’importo delle prestazioni affidate fosse inferiore al 2% del valore complessivo dei lavori, per eludere i controlli antimafia in materia di subappalti.
L’escamotage si sarebbe reso indispensabile in relazione all’impossibilità del titolare della Gienne Costruzioni, il 66enne reggino Giovanni Domenico Guarnaccia, di relazionarsi con la Pubblica Amministrazione, essendo stato denunciato, in passato, per il reato di trasferimento fraudolento di valori, reato ostativo all’inserimento nelle “white list” prefettizie cui le imprese appaltatrici devono attingere per individuare le ditte cui affidare i lavori in subappalto (vedi video a seguire delle due operazioni di oggi).

La Igeco srl era stata già coinvolta, a febbraio del 2018, in un’altra operazione quando a essere sequestrato fu il sito di produzione di conglomerati bituminosi e cementizi, in località Colle Rotondo. Ad apporre i sigilli furono i carabinieri del Nucleo investigativo forestale di Latina (Nipaf) che, su delega della Procura di Latina, effettuarono accertamenti volti ad appurare la fondatezza di diversi esposti relativi alla provenienza di cattivi odori, miasmi, fumi e ai conseguenti disagi subiti dagli abitanti della zona. Le indagini iniziarono a seguito di denuncia sporta dal comitato “Il fontanile” cui seguirono gli esposti presentati dal sindaco di Sonnino, aventi tutti ad oggetto una richiesta di verifica agli enti competenti delle modalità operative della società Igeco per la tutela della salute pubblica e dell’ambienteI sigilli apposti furono disposti dal sostituto procuratore Luigia Spinelli con decreto di sequestro preventivo di urgenza con richiesta di convalida, per gravi indizi in merito al reato di cui all’articolo 674 del codice penale in relazione all’attività svolta presso l’insediamento industriale Igeco di via Consolare a Colle Rotondo. Iscritto nel registro degli indagati per il reato di getto di cose pericolose fu, per l’appunto, l’amministratore e rappresentante legale della società proprietaria dell’impianto, Giulio Toppetta.

Per quanto riguarda, invece, le operazioni di oggi è tuttora al vaglio della Direzione distrettuale antimafia reggina il coinvolgimento di alcuni dipendenti dell’Ufficio “Progettazione ed esecuzione lavori pubblici” (ora Settore “Servizi tecnici”) del Comune di Reggio Calabria, al tempo incaricati di funzioni di controllo, verifica e collaudo dei due appalti, atteso che il complesso delle indagini avrebbe consentito di delineare ipotesi delittuose connesse con l’attestazione dell’esatta esecuzione e della corretta documentazione a riscontro dei lavori, nonché dell’effettivo subappalto dei lavori – in violazione di legge – alle imprese Gienne Costruzioni Srl e I.T.M. Electronic Snc.

Il valore delle imprese sequestrate si attesta, nel suo complesso, in 16,5 milioni di euro.

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