Negato all’imprenditore pontino Raffaele Del Prete l’affidamento in prova: il niet arriva dal Tribunale di Sorveglianza di Roma
Troppo grave il reato contestato, ossia il voto di scambio politico-mafioso, nel processo incardinato presso il Tribunale di Latina che riprenderà il prossimo 13 giugno, dopo una seconda incompatibilità di un giudice. Un deja-vu al processo che si teneva presso il II collegio del Tribunale di Latina, presieduto dal giudice Francesco Coculo, a latere le colleghe Enrica Villani e Clara Trapuzzano. Sì perché, già a marzo 2022, il precedente collegio del Tribunale composto dal Presidente Gian Luca Soana e dai giudici Fabio Velardi e Elena Nadile si era dichiarato incompatibile con questo procedimento penale. Il processo, per la cronaca, riprenderà davanti al III collegio presieduto dal giudice Mario La Rosa.
Ad ogni modo, il Tribunale di Sorveglianza capitolino, su istanza degli avvocati difensori di Del Prete, ha rigettato la domanda di di affidamento in prova ai servizi sociali per la condanna a 3 anni e 3 mesi che lo stesso imprenditore dei rifiuti ha patteggiato nel processo derivante dall’operazione “Touchdown” che scoperchiò un sistema di appalti e mazzette tra la Provincia di Latina e il Comune di Cisterna.
Del Prete deve scontare ancora 1 anno e 8 mesi di pena e, in ragione del risarcimento dato al Comune di Cisterna, chiedeva di di poter scontare il resto della condanna a servizi sociali. Eppure, il Tribunale di Sorveglianza di Roma, in ragione della sua “biografia penale”, Del Prete è soggetto a “pericolo di recidiva del reato.
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A pesare, però, e risultare decisiva per la decisione dei giudici capitolini è stato, per l’appunto, il processo per voto di scambio politico mafioso, per cui a Del Prete viene contestato dalla direzione distrettuale antimafia di Roma di aver pagato Agostino Riccardo e il clan Di Silvio in cambio dei voti all’allora candidato consigliere comunale della Lega, Matteo Adinolfi, oggi europarlamentare e completamente scagionato dalle accuse.
Il reato di voto di scambio è, secondo il Tribunale di Sorveglianza, “di particolare allarme sociale”. Ecco perché viene negato l’affidamento in prova ai servizi sociali e ritenuta consona la misura degli arresti domiciliari, con tanto di permessi lavorativi.