“VICINO AD AMBIENTI CRIMINALI DI RILEVANTE SPESSORE”, ZI’ MARCELLO RIMANE AI DOMICILIARI

Antonio Fusco detto Zì Marcello
Antonio Fusco detto Zì Marcello

Inchiesta “Assedio”, respinto il ricorso dalla Corte di Cassazione: Antonio Fusco detto “Zi’ Marcello” rimane ai domiciliari

All’indomani dello scioglimento per infiltrazioni mafiose deciso dal Consiglio dei Ministri, a uno dei “protagonisti” dell’inchiesta che ha terremotato il Comune di Aprilia, denominata “Assedio”, viene confermata la misura cautelare agli arresti domiciliari. In realtà, la sentenza della Cassazione è datata 26 marzo, nonostante è stata pubblicata oggi, 19 aprile.

A vedersi respingere il ricorso presentato dal suo legale di fiducia Francesco Vasaturo, è Antonio Fusco detto “Zi’ Marcello”, il camaleontico uomo d’affari di Latina capace di passare indenne l’accusa di favoreggiamento nel maxi processo antimafia “Alba Pontina”, ma arrestato con misura ai domiciliari il 3 luglio 2024 insieme agli altri personaggi della cosca Forniti di Aprilia e all’ex primo cittadino Lanfranco Principi.

Sottoposto alla misura degli arresti domiciliari, il 62enne pontino è accusato di usura aggravata dal metodo mafioso in concorso con due pezzi da novanta del clan Forniti di Aprilia: Luca De Luca e l’imprenditore Marco Antolini. Il capo d’imputazione è chiaro: i tre avrebbero prestato soldi a strozzo a un commerciante di autoveicoli di Aprilia: 180mila euro. Dopodiché avrebbero preteso somme variabili tra i 13mila e i 15mila euro mensili a titolo di interesse usurario.

Fusco ha fatto ricorso nei confronti dell’ordinanza del Riesame di Roma che ha rigettato l’appello contro il provvedimento del Giudice per le indagini preliminari che aveva respinto la richiesta di revoca della misura degli arresti domiciliari applicata in relazione al reato di usura.

Il Riesame, infatti, aveva ribadito che era pacificamente emerso il comune interessamento di Fusco e Antolini in relazione al debito del Bonelli e che le dichiarazioni rese dalla vittima di usura e da un altro coinvolto non erano in grado di smentire l’ipotesi accusatoria, ma ne fornivano una sostanziale conferma.
I due – vittima e altro coinvolto – confermavano, infatti, l’esistenza del debito e del suo ammontare, ma non fornivano spiegazioni in relazione alle criticità evidenziate in sede di riesame circa la inverosimiglianza dell’esistenza di un rapporto commerciale su base pattizia “orale”, non assistito da alcuna contabilità.

Inoltre, il Riesame ha rilevato che Fusco “era vicino ad ambienti criminali di rilevante spessore, nell’ambito dei quali gravitava Antolini e che le indagini avevano dimostrato che il sodalizio era operativo e diretto alla finalizzazione di estorsioni e di reati consumati, anche con il supporto di pubblici funzionari. Invero il Fusco risultava vicino ad Antolini non solo nella vicenda relativa a Bonelli: in particolare, era
emerso che Fusco ed Antolini avevano gestito tramite prestanome il ristorante “Giovannino al mare” effettuando un notevole investimento. Si tratta di elementi che indicavano le strette correlazioni tra il ricorrente e le organizzazioni criminali agenti sul territorio, segnalando un sicuro pericolo di reiterazione”.

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Inoltre, il tenore delle dichiarazioni della vittima di usura “rendeva necessario un approfondimento istruttorio e che tale emergenza indicava come attuale e concreto il rischio di inquinamento delle fonti dichiarative da parte del Fusco, ove non contenuto attraverso un adeguato presidio cautelare”.

Ecco perché la sezione seconda della Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso e condannato il ricorrente al pagamento delle spese.

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