Omicidio di Borgo San Donato a Sabaudia, nuova udienza nella Corte d’Assise del Tribunale di Latina dove si celebra il processo al killer di Marco Gianni. È accusato di aver sparato e ucciso il 31enne allenatore di pallamano
Si aggrava la posizione del 34enne di Pontinia, Riccardo Di Girolamo, imputato, fino a oggi, 5 novembre, di omicidio volontario aggravato dalla premeditazione e alterazione di arma comune da sparo. Il processo, che si svolge dinanzi alla Corte d’Assise di Latina, presieduta dal giudice Gian Luca Soana – a latere il collega Paolo Romano e la giuria popolare -, vede al centro l’omicidio di Marco Gianni, il 31enne di Pontinia, imprenditore del vivaio di Sabaudia e allenatore di pallamano, ucciso a colpi di fucile il 13 aprile 2023 (all’interno del vivaio che gestiva a Borgo San Donato) dall’ex marito della compagna, Riccardo Di Girolamo.
Oggi, in udienza, il pubblico ministero Daria Monsurrò, titolare dell’indagine condotta dai Carabinieri del Nucleo Investigativo di Latina, ha chiesto che a Di Girolamo, in base a quanto emerso finora nel corso dell’istruttoria, sia contestata anche l’aggravante del reato di atti persecutori (612 bis). Il magistrato ha evidenziato che ben tre testimonianze rese nel corso del processo hanno fatto evincere di come Di Girolamo abbia perseguitato con telefonate e minacce di morte Marco Gianni, poi effettivamente ucciso.
Secondo il pubblico ministero Riccardo Di Girolamo, “tra il febbraio 2021 e l’apice 2023, con condotte reiterate”, ha “molestato Marco Gianni, “non accettando il fatto che questi intrattenesse una relazione con la sua ex compagna Giada Roscioli, minacciandolo telefonicamente e di persona, con frasi quali “Ti ammazzo”, “Ti sparo, “Ti passo sopra con la macchina”.
In questo modo, ragiona il Pm, il 34enne ha generato in Marco Gianni “timore per l’incolumità propria e della Roscioli costringendolo a mutare abitudini di vita, evitando di uscire a Pontinia, frequentare luoghi di comune ritrovo e rincasare a tarda ora“. Ecco perché, il Pm ha inteso contestare all’imputato per omicidio anche “l’aggravante di essere autore del reato 612 bis nei confronti della persona offesa”, vale a dire Marco Gianni”. Una contestazione che alla fine di una breve camera di consiglio è stata accolta dalla Corte d’Assise la quale non ha ritenuto valida l’opposizione dell’avvocato difensore Fabrizio Cassoni, spiegando che non ci sono “elementi per ritenere che” l’imputazione dello stalking “poteva essere contestata già all’esito delle indagini preliminari”.
In ragione del nuovo reato a cui Di Girolamo deve rispondere, il Presidente della Corte d’Assise, Gian Luca Soana, ha informato ufficialmente l’imputato che può chiedere un termine a difesa, formulare ammissione di nuove prove e chiedere il giudizio abbreviato o messa alla prova. L’avvocato Cassoni ha chiesto naturalmente un termine a difesa per studiare la nuova accusa, mentre il processo è stato rinviato al prossimo 10 dicembre quando verrà ascoltato di nuovo il consulente psichiatrico della difesa, Peppino Nicolucci, il quale dovrà produrre la consulenza medica.
Lo psichiatra, infatti, nel corso dell’udienza odierna, ha spiegato che, dopo aver analizzato l’imputato in un colloquio in carcere, quest’ultimo, subito dopo l’arresto, è risultato essere dipendente di cocaina e alcol, senza contare di assumere anche, tramite la certificazione del proprio medico curante, un farmaco stabilizzante dell’umore: l’anti-epilettico Depakin.
Secondo il consulente della difesa, Di Girolamo soffre di disturbo personalità, bipolarità aumentata dall’uso di cocaina e di un parziale vizio di mente. “Aveva un atteggiamento risentito e rivendicativo”, ha spiegato il consulente medico, acuito anche da idee di persecuzione amplificate dall’uso di droghe e alcol. “Era incapace a capire la sua situazione“.
Prima del parere psichiatrico, in udienza è stato ascoltato anche il primo consulente della difesa: si tratta del professore universitario di balistica forense, Martino Farneti, il quale ha sostenuto che il fucile tagliato – che secondo l’accusa era stato modificato in maniera premeditata per l’omicidio – in realtà era stato danneggiato da tempo e non di proposito per esplodere con più violenza i colpi. Inoltre, in questo modo, l’arma avrebbe avuto una ridotta capacità offensiva dovuta al restringimento della canna del fucile
Nel processo, che procede a passi svelti verso la sentenza, si sono costituiti parti civili i famigliari di Marco Gianni, assistiti dall’avvocato Giamila Dezio, e la compagna della vittima, nonché ex moglie del killer, Giada Roscioli, difesa dall’avvocato Stefano Ciapanna.
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