Aggredito e ucciso a Sabaudia, in località Bella Farnia: è iniziato il processo per i due uomini accusati dell’omicidio del connazionale indiano
È iniziato davanti alla Corte d’Assise del Tribunale di Latina, presieduto dal giudice Gian Luca Soana, a latere il collega Paolo Romano e la giuria popolare, il processo che vede sul banco degli imputati (detenuti entrambi), due cittadini indiani: il 60enne Singh Satpal e il 54enne Raj Sukdev.
I due indiani sono accusati di aver commesso l’omicidio del proprio connazionale, Singh Jagar, a Bella Farnia, durante la notte del 13 novembre 2023, all’interno di un’abitazione dove i protagonisti della vicenda convivevano. I due uomini sono difesi dagli avvocati Massimiliano Fornari e Marilena Spata, mentre la moglie e il fratello della vittima, costituiti parti civili, sono assistiti dall’avvocato Diego Chitò.
Ad essere interrogati come testimoni dal pubblico ministero Martina Taglione, che ha firmato le indagini, i Carabinieri della Compagnia di Terracina e del Nucleo Investigativo, oltreché allo specialista del Racis (Raggruppamento carabinieri investigazioni scientifiche). I militari dell’Arma hanno relazionato su quanto avvenuto dopo l’omicidio del 13 novembre 2023, al che sono intervenuti con il corpo della vittima ancora a terra e pieno di sangue. La mazza da cricket con cui era stato ucciso è stata ritrovata, invece, all’interno di un’aiuola, a pochi metri dal cadavere. “Una T-shirt intrisa di sangue“, ha detto uno dei Carabinieri interrogati – “Sul piede destro di uno dei due imputati una macchia di sangue. Dopo l’omicidio, entrammo dentro l’appartamento (dove vivevano in cinque), dormivano. Trovammo tracce di sangue sul cofano e sul paraurti dell’auto di un connazionale”. Sul muro della stanza della vittima c’era il sangue e anche sulle scale. L’aggressione, infatti, si è originata dentro casa per poi proseguire fuori.
Ascolta come testimone anche la consulente medico legale, che ha eseguito l’esame autoptico, Maria Cristina Setacci. Il processo è stato rinviato al prossimo 7 aprile quando verranno ascoltati gli ultimi testimoni dell’accusa e tre della difesa, tra cui due connazionali indiani.
Un omicidio che sembra confermare l’efferatezza di un certo mondo, molto simile a quanto avvenuto a Borgo Montello dove, con l’aggravante di una spedizione punitiva, fu ucciso a mani nude un altro indiano.
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L’INDAGINE – I fermi dei due uomini sono avvenuti a 24 ore di distanza dall’omicidio. A chiudere l’indagine lampo i Carabinieri del Nucleo Investigativo di Latina, guidati dal tenente colonnello Antonio De Lise, che hanno proceduto, sotto la direzione del sostituto procuratore di Latina, Martina Taglione, al fermo di indiziato di delitto di iniziativa della polizia giudiziaria, nei confronti dei due cittadini indiani.
Sono accusati dell’omicidio di Singh Jagar, 48 anni, bracciante agricolo che si trovava senza lavoro e che viveva con i due sospettati nel residence Bella Farnia, da anni centro abitato della numerosa comunità indiana di Sabaudia.

Le attività di indagini hanno portato a individuare i responsabili nei due conviventi della vittima che, interrogati dai Carabinieri, non hanno confermato il delitto, nonostante ci siano altre testimonianze che li inchioderebbero alle loro responsabilità.
Il 49enne è stato vittima di una vera e propria aggressione a colpi di mazza da cricket piovuti su tutto il corpo, anche in testa. La mazza, in seguito, è stata anche ritrovata dai militari dell’Arma. Sono stati alcuni connazionali ad avvertire il personale sanitario che, insieme ai Carabinieri, è intervenuto sul luogo dell’aggressione, in un campo a due passi dal residence Bella Farnia in Largo Russia. Il corpo è stato ritrovato per la precisione in Via Cina.
Sul movente dell’aggressione, avvenuta durante la festa indiana del Diwali (che cade anche il 12 novembre e simboleggia la vittoria del bene sul male), i militari dell’Arma hanno lavorato alacremente. Qualcuno nella comunità giura che la sera del delitto, con un tasso alcolico elevato, gli aggressori del 48enne hanno iniziato a discutere con la vittima per una questione di affitto da pagare e soprattutto perché alla vittima veniva imputato di non lavorare e di essere spesso ubriaco. La discussione, partita in casa, sarebbe proseguita fuori e nel campo che costeggia il residence l’uomo è stato preso a bastonate e lasciato per terra in condizioni gravi.
È così che l’uomo, che presentava segni di assideramento e anche un dito tagliato, ha passato tutta la notte ferito senza potersi muovere e, solo la mattina, un connazionale, vedendolo, ha avvertito i soccorsi del 118 e i Carabinieri che non hanno potuto far altro che constatare il decesso, in realtà avvenuto poco dopo all’ospedale Santa Maria Goretti. Una circostanza da non sottovalutare, poiché significherebbe che l’uomo, forse, si sarebbe potuto salvare se i soccorsi fossero stati chiamati subito.
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La zona di Bella Farnia, come noto, è da anni meta e centro della comunità indiana di Sabaudia. Purtroppo, ancora una volta, dopo l’efferato omicidio avvenuto nell’autunno del 2021 a Borgo Montello, per cui sono stati condannati a luglio in sette, la comunità dei sikh continua a finire sulle cronache giudiziarie non solo per immigrazione, sfruttamento e caporalato, ma anche per casi di ritorsioni e spedizioni punitive.
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Il caso, ad ogni modo, rimanda tristemente all’omicidio consumatosi nel 2008 sempre all’ex Somal, dentro uno degli appartamenti del complesso, in cui fu vittima il 47enne Singh Manjit. Per il delitto furono condannati dal Tribunale di Latina due connazionali a 21 anni in primo grado. Assolti altri due imputati dello stesso omicidio. Successivamente, nel 2013, la Corte d’assise d’appello di Roma ravvisò che c’era un unico responsabile per l’omicidio del cittadino indiano, trovato ucciso a Bella Farnia. Si trattava dell’indiano Singh Kashmir che per quel fatto è stato condannato a 17 anni di reclusione. Assolto invece il connazionale Paul Shashi con la formula “per non aver commesso il fatto”.
Era il 5 giugno 2008, quando, al secondo piano di una villetta nel complesso ex Somal, fu trovato il corpo senza vita di Singh Manjit, lavoratore stagionale di un’azienda agricola, con regolare permesso di soggiorno. Il corpo dell’uomo presentava profonde ferite alla testa e, secondo gli investigatori, l’omicidio maturò al culmine di una violenta lite tra connazionali per futili motivi.