UCCISO A COLPI DI MAZZA DI CRICKET A BELLA FARNIA: “AVEVA LA TESTA QUASI TUTTA APERTA. TUTTI LO VEDEVANO, MA NESSUNO LO AIUTAVA”

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Aggredito e ucciso a Sabaudia, in località Bella Farnia: in dirittura d’arrivo il processo per i due uomini accusati dell’omicidio del connazionale indiano

Arriverà a sentenza il prossimo 16 giugno il processo che vede sul banco degli imputati (detenuti entrambi), due cittadini indiani: il 60enne Singh Satpal e il 54enne Raj Sukdev. Sono entrambi accusati dell’omicidio del connazionale Singh Jagar avvenuto il 13 novembre 2023, a Bella Farnia, nei pressi del noto Residence, da anni centro della comunità indiana di Sabaudia.

La Corte d’Assise del Tribunale di Latina, presieduto dal giudice Gian Luca Soana, a latere il collega Paolo Romano e la giuria popolare, ha rinviato tra due mesi quando, prima della discussione, verrà ascoltato il consulente medico legale della difesa, Paolo Arbarello.

I due indiani sono accusati di aver commesso l’omicidio di Singh Jagar, a Bella Farnia, all’interno di un’abitazione dove i protagonisti della vicenda convivevano. I due uomini sono difesi dagli avvocati Massimiliano Fornari e Marilena Spata, mentre la moglie e il fratello della vittima, costituiti parti civili, sono assistiti dall’avvocato Diego Chitò.

Oggi, 7 aprile, ad essere interrogati come testimoni dal pubblico ministero Martina Taglione, che ha firmato le indagini, il genetista forense Enrico Pagnotta e un indiano di 23 anni, anche lui domiciliato nel residence Bella Farnia, in Largo Russia.

Il genetista e chimico Pagnotta ha analizzato alcuni reperti quali indumenti della vittima e diverso materiale intriso di sangue. Le tracce trovate sugli oggetti sono compatibili con certezza a quelle della vittima, pestato e portato alla morte in seguito all’azione violenta. Il giovane indiano, invece, ha riferito di aver conosciuto di vista la vittima e, quella mattina del 13 novembre di due anni fa, di aver chiamato i soccorsi poiché Jagar, pur respirando ancora, si trovava fuori casa, in condizioni pessime. “Aveva una enorme ferita in fronte e la testa era quasi tutta aperta. Tante persone passavano di lì, fotografavano e poi andavano via. Nessuno lo ha aiutato e con lui non c’era nessuno, nemmeno i suoi inquilini che sapevo chi erano. Vicino a Jagar ho visto anche una mazza di cricket”.

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L’INDAGINE – I fermi dei due uomini sono avvenuti a 24 ore di distanza dall’omicidio. A chiudere l’indagine lampo i Carabinieri del Nucleo Investigativo di Latina, guidati dal tenente colonnello Antonio De Lise, che hanno proceduto, sotto la direzione del sostituto procuratore di Latina, Martina Taglione, al fermo di indiziato di delitto di iniziativa della polizia giudiziaria, nei confronti dei due cittadini indiani.

Sono accusati dell’omicidio di Singh Jagar, 48 anni, bracciante agricolo che si trovava senza lavoro e che viveva con i due sospettati nel residence Bella Farnia, da anni centro abitato della numerosa comunità indiana di Sabaudia.

Le attività di indagini hanno portato a individuare i responsabili nei due conviventi della vittima che, interrogati dai Carabinieri, non hanno confermato il delitto, nonostante ci siano altre testimonianze che li inchioderebbero alle loro responsabilità.

Il 49enne è stato vittima di una vera e propria aggressione a colpi di mazza da cricket piovuti su tutto il corpo, anche in testa. La mazza, in seguito, è stata anche ritrovata dai militari dell’Arma. Sono stati alcuni connazionali ad avvertire il personale sanitario che, insieme ai Carabinieri, è intervenuto sul luogo dell’aggressione, in un campo a due passi dal residence Bella Farnia in Largo Russia. Il corpo è stato ritrovato per la precisione in Via Cina.

Sul movente dell’aggressione, avvenuta durante la festa indiana del Diwali (che cade anche il 12 novembre e simboleggia la vittoria del bene sul male), i militari dell’Arma hanno lavorato alacremente. Qualcuno nella comunità giura che la sera del delitto, con un tasso alcolico elevato, gli aggressori del 48enne hanno iniziato a discutere con la vittima per una questione di affitto da pagare e soprattutto perché alla vittima veniva imputato di non lavorare e di essere spesso ubriaco. La discussione, partita in casa, sarebbe proseguita fuori e nel campo che costeggia il residence l’uomo è stato preso a bastonate e lasciato per terra in condizioni gravi.

È così che l’uomo, che presentava segni di assideramento e anche un dito tagliato, ha passato tutta la notte ferito senza potersi muovere e, solo la mattina, un connazionale, vedendolo, ha avvertito i soccorsi del 118 e i Carabinieri che non hanno potuto far altro che constatare il decesso, in realtà avvenuto poco dopo all’ospedale Santa Maria Goretti. Una circostanza da non sottovalutare, poiché significherebbe che l’uomo, forse, si sarebbe potuto salvare se i soccorsi fossero stati chiamati subito.

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La zona di Bella Farnia, come noto, è da anni meta e centro della comunità indiana di Sabaudia. Purtroppo, ancora una volta, dopo l’efferato omicidio avvenuto nell’autunno del 2021 a Borgo Montello, per cui sono stati condannati a luglio in sette, la comunità dei sikh continua a finire sulle cronache giudiziarie non solo per immigrazione, sfruttamento e caporalato, ma anche per casi di ritorsioni e spedizioni punitive.

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Il caso, ad ogni modo, rimanda tristemente all’omicidio consumatosi nel 2008 sempre all’ex Somal, dentro uno degli appartamenti del complesso, in cui fu vittima il 47enne Singh Manjit. Per il delitto furono condannati dal Tribunale di Latina due connazionali a 21 anni in primo grado. Assolti altri due imputati dello stesso omicidio. Successivamente, nel 2013, la Corte d’assise d’appello di Roma ravvisò che c’era un unico responsabile per l’omicidio del cittadino indiano, trovato ucciso a Bella Farnia. Si trattava dell’indiano Singh Kashmir che per quel fatto è stato condannato a 17 anni di reclusione. Assolto invece il connazionale Paul Shashi con la formula “per non aver commesso il fatto”.

Era il 5 giugno 2008, quando, al secondo piano di una villetta nel complesso ex Somal, fu trovato il corpo senza vita di Singh Manjit, lavoratore stagionale di un’azienda agricola, con regolare permesso di soggiorno. Il corpo dell’uomo presentava profonde ferite alla testa e, secondo gli investigatori, l’omicidio maturò al culmine di una violenta lite tra connazionali per futili motivi.

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