Omicidio di Borgo San Donato a Sabaudia, si è concluso il processo al killer di Marco Gianni: ergastolo per Riccardo Di Girolamo
È omicidio volontario e premeditato, senza attenuanti generiche. La Corte d’Assise, presieduto dal giudice Gian Luca Soana, a latere Paolo Romano e la giuria popolare, ha condannato all’ergastolo il 34enne di Pontinia, Riccardo Di Girolamo, responsabile di aver ucciso a colpi di fucile, il 13 aprile 2023, il 30enne Marco Gianni, anche lui di Pontinia. Come noto, Di Girolamo era il marito della compagna di Marco Gianni ucciso per gelosia nel vivaio che gestiva a Borgo San Donato.
Di Girolamo, difeso dall’avvocato Fabrizio Cassoni, ha assistito impassibile alla sentenza pronunciata dalla Corte d’Assise dopo quasi quattro ore di camera di consiglio, dalle ore 15 fino alle ore 19. A Di Girolamo sono stati comminati anche interdizione perpetua e decadenza della potestà genitoriale, oltreché al risarcimento danni morali e materiali da liquidare alle parti civili, costituitesi nel processo e difese dagli avvocati Stefano Ciapanna e Giamila Dezio. Si tratta dei due genitori di Marco Gianni a cui vanno 120 mila euro ciascuno di provvisionale, del fratello della vittima a cui vanno 100mila euro e all’ex compagna, Giada Roscioli: per la donna, ex moglie dell’imputato, 50mila euro. Di Girolamo, oltreché alle provvisionali, è stato condannato anche al pagamento delle spese di giudizio. Tra 65 giorni è prevista la sentenza.

Di Girolamo è stato riconosciuto colpevole dell’omicidio volontario dell’uomo, diventato il bersaglio della sua vendetta per aver intrapreso una relazione con la ex moglie, Giada Roscioli. Si è trattato di un processo dove c’era un reo confesso, Di Girolamno, e nel quale doveva essere stabilito se vi fosse stata premeditazione o meno. Il 34enne di Pontinia, infatti, aveva ammesso di aver sparato contro Marco Gianni, già quando, dopo l’arresto, era stato chiamato a rispondere alle domande del Giudice per le indagini preliminari. L’uomo aveva spiegato di avere sparato a Gianni dentro l’azienda florovivaistica di Borgo San Donato di proprietà della vittima senza chiarire il perché del gesto. Al Gip, Di Girolamo aveva detto anche di essersi pentito ma di non aver perso la ragione in quanto tra lui e la sua ex era ed è in corso un contenzioso sul mantenimento dei due figli. Secondo gli inquirenti, Di Girolamo ha ucciso Gianni per motivi di gelosia, in quanto quest’ultimo era fidanzato con la sua ex, dalla quale ha avuto i due bambini.
Lunga circa due ore la requisitoria del pubblico ministero Valentina Giammaria che stamani ha ricostruito un processo ereditato dalla collega Daria Monsurrò, firmataria dell’indagine eseguita dai Carabinieri del Nucleo Investigativo di Latina, agli ordini del tenente colonnello Antonio De Lise.
“Oggi si conclude – ha detto il pubblico ministero Giammaria – il doloroso processo in cui la vittima è Marco Gianni. Siamo qui per rendere giustizia a questo ragazzo. L’omicidio è un ladro di vite, ruba passato, presente e futuro. Non posso dare tutte le risposte, ma siamo qui per irrogare la pena giusta. Marco Gianni è stato ammazzato all’età di 30 anni, avrebbe compiuto 31 anni un mese dopo il suo omicidio. Era un gran lavoratore, per passione un allenatore di pallamano, impegnato nel sociale, era stato negli scout e si occupava dolcemente di un ragazzo down, aiutava i disabili, era sempre disponibile per gli altri. Persona mite, generosa e premurosa”
Un ritratto accorato da parte del pm, tra i parenti e gli amici di Gianni che assistevano in aula, commossi e con gli occhi intrisi di lacrime.. “Marco Gianni – ha spigato il pubblico ministero – on ha mai condiviso il dramma che stava vivendo per non far preoccupare la famiglia. Il 13 aprile 2023 sembrava un giorno ordinario per lui. Di Girolamo non si era mai rassegnato alla fine della relazione con Giada Roscioli, nuova compagna di Marco Gianni. Tra le 16.10 e le 16.15 del 13 dicembre, l’imputato ha sparato 5 colpi di fucile contro Marco Gianni, poi andò da un amico a cui disse che si sarebbero visti tra 20 anni, infine andò a casa e poi uscì con un fucile a canne mozze. Successivamente, alle 19 dello stesso giorno, è tornato a casa trovando i carabinieri del Nucleo Investigativo”.
Marco Gianni è stato rinvenuto in una pozza di sangue, mentre Di Girolamo disse a un amico, abbracciandolo, che aveva ammazzato il compagno della moglie. Il pubblico ministero ha ricostruito le indagini dei carabinieri, documentando il tragitto dell’auto e l’omicidio consumato da Di Girolamo. Testimone per testimone di un processo durato poco più di un anno, Giammaria ha riassunto il percorso investigativo di una storia fredda, calcolata e devastante.
Il nodo era provare o meno la premeditazione del gesto, perché sull’omicidio non c’erano dubbi. Il delitto è avvenuto intorno alle ore 16, ma “Di Giroalmo – ribadisce il pm – era andato intorno alle 14,16 presso il vivaio di Gianni per fare un sopralluogo a bordo della sua auto. Inoltre, l’imputato si era preso alcuni giorni di ferie dal lavoro, proprio per mettere a segno il suo proposito”. Cinque colpi d’arma da fuoco contro Gianni, i primi due colpi esplosi a media distanza tra I 3 e i 5 metri; i successivi 3 colpi esplosi tra i 50 e i 150 centimetri, dall’alto verso il basso, quando il corpo di Gianni era già a terra. Di Girolamo lo ha voluto finire, colpendo al torace e alla testa. La posizione del cadavere era prona.
Un omicidio che ha testimoniato la “natura violenta di Di Girolamo”. Non vale il vizio parziale di mente, per la pubblica accusa. “Come disse Voltaire – puntualizza il pm Giammaria – chi sostiene la propria follia con un delitto è un fanatico e Di Girolamo aveva un progetto mortale e premeditato, al di là del Riesame che aveva escluso la premeditazione. Con una scusa rinvia l’appuntamento dall’avvocato per la separazione dalla moglie e realizza il suo sogno di uccidere che coltivava da anni. Dopo aver ucciso era appagato e lucido tanto da cambiarsi gli abiti. Il suo proposito omicida lo coltivato dal febbraio 2022 quando inizia a minacciare la vittima”.
Inoltre, per il pm Di Girolamo “è pericoloso socialmente perché girava con armi e modificava i fucili. Con i suoi parenti si è vantato anche di aver picchiato un detenuto e di essere temuto in carcere per il reato commesso. Nl processo non hai riconsiderato il suo comportamento. La giustizia è alfa e omega di un cammino complesso, oggi siete chiamati a rendere giustizia”.
Un ergastolo chiesto dal pubblico ministero e confermato da una Corte d’Assise che, ad ogni modo, deve aver discusso, considerato che ci sono volute 4 ore per emettere la sentenza. Netta, senza nessuna concessioni di attenuante generica: ergastolo secco.
L’avvocato difensore Cassoni aveva chiesto, invece, le attenuanti generiche e l’esclusione della premeditazione. Al termine della sentenza, parenti e amici di Gianni si abbracciano tra le lacrime: “Ce l’abbiamo fatta”.