TREGUA FORZATA IN CASA PD: FIDUCIA A MAJOCCHI TRA I VELENI

Resa dei conti in casa Partito Democratico a Latina, i frondisti ritirano il documento. Confermata la fiducia al segretario comunale Leonardo Majocchi

Tanto rumore per nulla. I nove firmatari del documento al napalm e al veleno che chiedeva la testa del segretario comunale Leonardo Majocchi – responsabile, secondo loro, della sconfitta di Daniela Fiore alle primarie del centrosinistra contro Damiano Coletta – hanno ritirato la loro proposta. Peraltro, al direttivo che è andato in scena venerdì pomeriggio, 7 aprile, nessuno dei nove “frondisti”, in testa Enzo De Amicis, l’escluso delle primarie, si è presentato.

I nove hanno inviato un documento molto scarno, non troppo sentito, che chiedeva la tregua. Il documento, inviato, al segretario Omar Sarubbo, con la regia del silente consigliere regionale Salvatore La Penna, recitava poche parole.

“In qualità di dirigenti attenti al bene del partito e concentrati sulla sfida elettorale amministrativa alla destra, che ci vedrà tutti impegnati per proseguire con Damiano Coletta la costruzione della Latina dei diritti, dei servizi e dello sviluppo, riteniamo di aderire responsabilmente alla proposta del presidente del partito regionale secondo la quale gli opportuni confronti interni debbano svolgersi all’indomani delle elezioni.

L’impegno odierno deve vedere tutte le energie e risorse del PD impegnate nel costruire la nostra vittoria contro il tentativo delle destre di riproporre il fallimentare sistema di potere che ha bloccato la città per anni.

A seguito delle interlocuzioni di questi giorni,

“Il Segretario Provinciale, il Segretario Comunale e una commissione per la lista plurale garantiscono la costruzione di una lista forte collegiale e radicata nel territorio che tenga opportunamente insieme tutto il valore ed il potenziale elettorale e politico che insieme sappiamo rappresentare oltre che le diverse sensibilità”.

Tradotto: prima le elezioni comunali, poi (forse) torniamo a scannarci. Magari, nel segreto delle stanze di partito, e non con documenti che giocoforza sono finiti in mano a chi fa informazione.

Di contro, il segretario Majocchi aveva risposto ai nove ribelli. “Apprendo del ritiro del documento in cui si richiedevano le mie dimissioni. Non vi nascondo rammarico per non aver compreso se rimangono immutate le ragioni di merito che vi hanno portato a scrivere e alle quali non mi sarei e non ci saremmo comunque sottratti, in termini assolutamente civili e democratici, come sempre nelle mie intenzioni, né ora, né dopo le elezioni o se vi sia stato un ripensamento totale. Vi chiedo pertanto e formalmente di esserci al direttivo odierno così come ai prossimi appuntamenti del partito per lavorare assieme dati i tanti compiti cui siamo chiamati e chiedo il vostro massimo contributo, dando anche seguito a quanto da voi espresso, per contribuire, tutte e tutti, alla costruzione della migliore proposta per la Città. Abbiamo bisogno di tutti. Vi ringrazio e vi abbraccio”.

Un appello caduto nel vuoto dal momento che nessuno dei nove – Enzo De Amicis, Mauro Visari, Serena Cangero, Tommaso Malandruccolo, Francesco Viola, Paolo Pompili, Loredana Lecce, Marco Ghisio Marco Cepollaro – era presente nel direttivo chiuso nella serata del venerdì santo.

D’altronde, dopo il polverone, erano arrivate le conferme alla fiducia in Majocchi da parte del segretario provinciale Omar Sarubbo e del Presidente del PD Lazio, Augusto Gregori. Il direttivo, quindi, non è stato altro che una ratifica di una tregua annunciata fin dal giorno precedente e spinta anche da molti commenti social di solidarietà arrivati via Facebook contro una richiesta di dimissioni suonata ai più come il rigurgito dei vecchi capibastone di partito contro un giovane ventenne: praticamente, un autogol che ha favorito solo Majocchi.

E a respingere le critiche contro Majocchi era stata anche Daniela Fiore – utilizzata vanamente come ariete dai firmatari – che non ha usato il fioretto per commentare l’azione politica dei nove “frondisti”, accusati peraltro, soprattutto De Amicis e Visari, di non aver portato acqua al mulino delle primarie.

“I firmatari sono Enzo De Amicis, Tommaso Malandruccolo, Mauro Visari ed altri tre membri del direttivo. Esattamente 1/5 del direttivo. Sembrerebbero pronti a ritirare ii documento – aveva scritto in un commento la stessa Daniela Fiore – e di fatto rinunciare alla richiesta di dimissioni del segretario, col coraggio tipico di chi ha fatto una vigliaccata. Come se fosse possibile non assumersi la responsabilità di tutto il fango gettato sul partito, sul segretario, sulla mia persona. Come le firme raccolte per una candidatura contro ii partito e ritirate un minuto prima della conferenza stampa. Questi soggetti sono in numero talmente esiguo da sapere già in partenza che il documento non passerà, come siamo certi non prevarrà una politica ancorata a giochi di potere, vecchi linguaggi e maschilismo malcelato”.

Che bell’arietta in casa PD.

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