Operazione “Una goccia nel deserto”, il Riesame si è pronunciato sul ricorso presentato da Raffaele Del Prete e dalla società a lui riconducibile
Il Tribunale del Riesame della terna di giudici Viscito-Albano-Manuel ha disposto il dissequestro dei contanti per uno degli indagati della maxi inchiesta sul traffico illecito di rifiuti portata a termine lo scorso maggio dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Roma. I giudici del Riesame hanno così revocato il sequestro in capo al noto imprenditore pontino, Raffaele Del Prete, 49 anni, assistito dall’avvocato Michele Scognamiglio, e alla società di famiglia Del Prete Waste Recycling srl, con sede a Sermoneta Scalo (nella zona industriale), difesa dall’avvocato Massimo Frisetti.
In tutto, il Riesame ha dissequestro liquidità per circa 1 milione e 150mila euro. Sigilli che avevano coinvolto sia la società che Raffaele Del Prete, personaggio in vista nella provincia di Latina e tuttora a processo per voto di scambio politico-mafioso in ordine a un altro processo che si sta celebrando presso il Tribunale di Latina. È probabile che il dissequestro abbia previsto anche un considerevole ridimensionamento della posizione di Del Prete, in considerazione del fatto che la difesa puntava a confutare proprio il coinvolgimento penale dell’imprenditore. Si saprà tra qualche giorno quando verranno rese note le motivazioni dell’ordinanza.
A maggio, gli inquirenti identificarono i componenti di un’associazione per delinquere finalizzata al traffico illecito di rifiuti, attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti, traffico illecito transfrontaliero di rifiuti, smaltimento illecito di rifiuti, sostituzione di persona e trasferimento fraudolento di valori con un’operazione condotta dalla Squadra mobile e dal Nucleo investigativo di polizia ambientale agroalimentare e forestale di Frosinone. L’inchiesta è stata coordinata dai pubblici ministeri della DDA di Roma, Luigia Spinelli e Carlo Villani.
Nove persone residenti tra il Lazio, la Campania e il Friuli Venezia Giulia, finirono agli arresti domiciliari (non Del Prete solo indagato), mentre quattro società e circa due milioni e mezzo di euro tra contanti e rapporti finanziari sono stati sequestrati. In realtà, ad essere sequestrati fattivamente, solo la liquidità di Del Prete e della società succitata.
L’indagine trae origine dagli accertamenti successivi a un vasto incendio divampato il 23 giugno 2019 all’interno dell’impianto di rifiuti Mecoris (Medical Ecologia Rifiuti Speciali srl) nell’area industriale di Frosinone. Una società dichiarata fallita a giugno 2022.
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Dall’attività svolta, infatti, sarebe emersa una forte e stabile collaborazione tra gli amministratori occulti dell’impianto cittadino andato distrutto, le varie società campane che conferivano i rifiuti e i gestori dei tanti siti di smaltimento e recupero finale degli stessi. Un imprenditore frusinate e i suoi collaboratori, attraverso diverse società di intermediazione campane, era riuscito ad accettare dalla Campania ingenti quantità di rifiuti che invece, dovevano essere lavorati in quella regione.
Il passaggio transregionale del rifiuto, secondo l’accusa, veniva effettuato mediante l’artificioso cambiamento del codice identificativo dello stesso.
I rifiuti urbani venivano riclassificati in rifiuto speciale senza subire un trattamento che ne modificasse realmente le caratteristiche e la composizione, aggirando così la normativa che vieta lo smaltimento dei rifiuti urbani fuori dalla regione di provenienza. La cooperazione tra gli indagati avrebbe permesso il conseguimento di un ingiusto profitto per tutte le parti coinvolte poiché i rifiuti che rientravano classificati in quel modo sono difficili da gestire e hanno un costo di smaltimento molto elevato.
In definitiva i rifiuti provenienti dalla Campania, da qualificarsi invece come “urbani” nonostante il cambio del codice identificativo, transitavano con semplici operazioni di stoccaggio, senza dunque alcun trattamento presso l’impianto di Frosinone, al fine di farne perdere le tracce; da qui venivano poi trasportati in altro impianto a Cisterna di Latina – l’impianto Refecta di Riccardo Traversa (arrestato, in seguito scarcerato dal Riesame di Roma) – e infine, senza ulteriore trattamento, smaltiti come scarti di lavorazione presso una discarica di Colleferro, quella gestita da Lazio Ambiente Spa.
Il totale del quantitativo dei rifiuti erroneamente classificati ammonta a circa 2.550 tonnellate. Le indagini avrebbero accertato che l’incendio dell’impianto di Frosinone non ha segnato la fine del traffico illecito dei rifiuti: l’organizzazione delineatasi intorno all’impianto ciociaro, con a capo un imprenditore locale e un imprenditore campano quali dominus occulti, ha continuato ad operare su tutto il territorio nazionale e anche internazionale.
I due, infatti, hanno continuato la loro attività di intermediazione e al contempo si sono dedicati alla ricerca di un sito da trasformare nel nuovo centro dei loro affari; la scelta è caduta su un capannone ad Aviano in provincia di Pordenone.
In particolare, il sito Ital Green di Aviano, in violazione delle prescrizioni riportate nell’autorizzazione detenuta dalla società e delle normative che regolamentano la gestione dei rifiuti, veniva stabilmente utilizzato per stoccare abusivamente ingenti quantitativi di rifiuti misti di ogni genere, compresi quelli ospedalieri, accatastati ben oltre la capacità consentita, falsamente indicati come plastica e gomma, provenienti da svariati impianti dislocati sul territorio nazionale.
Parte dei rifiuti accumulati presso il citato impianto, inoltre, senza essere sottoposti alla benché minima operazione di selezione, venivano poi illegalmente redistribuiti presso ulteriori impianti gestiti da soggetti compiacenti, siti anche al di fuori dei confini nazionali, come in Ungheria o Repubblica Ceca, con il medesimo stratagemma della falsificazione del codice identificativo della tipologia dei rifiuti.
Ci sono tre società dei rifiuti pontine, finite all’attenzione dell’ordinanza firmata dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Roma, Roberto Saulino. Non passarono inosservate quelle del gruppo Del Prete. La Direzione Distrettuale Antimafia aveva chiesto l’arresto di Raffaele Del Prete, indagato insieme al fratello Pasquale Del Prete e alla madre Maria Galdieri, amministratrice della Del Prete srl, ma per lui il Gip capitolino ha rigettato la richiesta agli arresti domiciliari.
Secondo l’accusa, Raffaele Del Prete, come socio della ditta “Del Prete Servizi Ambientali srl”, e Umberto Bracci (di Latina), il dipendente della medesima società e di un’altra società del gruppo, la Del Prete Waste Recycling srl”, entrambe aventi sede legale a Sermoneta, in via Codacchio, tramite accordi telefonici con l’amministratore di fatto della Ital Green srl (la società friuliana), Marcello Perfili (amministratore anche della Mecoris), tra il febbraio 2020 e il maggio 2021, facevano in modo che la Del Prete Waste Recycling srl di Sermoneta conferisse all’impianto Ital Green srl di Aviano, in Friuli, un ingente quantitativo di rifiuti misti classificandoli falsamente e cambiando il codice Cer: 53 scarichi in un anno e mezzo, per un totale di oltre 1300 tonnellate di rifiuti al prezzo di 140 euro a tonnellata e un importo di 193mila euro. Il traffico fu interrotto poco prima dell’arresto di Del Prete nell’operazione “Touch down”, per il quale l’imprenditore ha patteggiato la pena in ordine al reato di turbativa d’asta.
Ai domiciliari, finirono anche Marcello Perfili di Castro dei Volsci e il socio napoletano Antonio Annunziata, la moglie Maria Aliperti, gli intermediari Luana Troiano, Luigi Verrone, Andrea Papais, dipendente della ditta Boz Sei srl, Paolo Vannuccini, collaboratore di Perfili, e Scilla Gaetani, dipendente della Ital Green. Infine, sempre ai domiciliari, anche Riccardo Traversa, di Cisterna di Latina, amministratore della Refecta.
Rientravano nel sequestro da un milione e 800mila euro relativo al comparto Ital Green srl anche Raffaele Del Prete e Umberto Bracci, rispettivamente come socio e dipendente di “Del Prete Waste Recycling srl” (indagata per illeciti amministrativi) e “Del Prete Servizio Ambientali srl.
Le altree società sequestrate furono: la Gea Consulting srl, la Svedese, LM srl e V.V.T. Ambiente.