Europa Verde Terracina costituisce il Collettivo Donne di Europa Verde Terracina e prende posizione in merito a quanto successo nella puntata di Chi l’ha visto del 10 febbraio scorso e le polemiche seguite
LA NOTA – Terracina ha già centri e sportelli antiviolenza e quello che manca è una chiara comunicazione del servizio, soprattutto per le donne immigrate e più economicamente fragili. Inoltre chiede maggiori fondi e attenzione per il sostegno alla Rete di Prevenzione antiviolenza, deliberata dal Comune nel 2016 ma mai di fatto supportata, anche tenendo conto del fatto che i servizi devono adeguarsi alla Convenzione di Istanbul del 2014.
Come Collettivo Donne Europa Verde Terracina recentemente costituitosi, collettivo che si occuperà della condizione della donna e della parità di genere a Terracina in tutte le sue forme, non possiamo che prendere come riferimento la trasmissione RAI “Chi l’ha visto” di mercoledì 10 c.m., per avviare la nostra riflessione sul tema della violenza sulle donne che sta esplodendo anche a causa dei lunghi periodi di lockdown e di forzata convivenza domestica. Nel corso del servizio televisivo, dedicato alla testimonianza di una donna vittima di violenza, la giornalista che intervistava ha affermato che a Terracina non c’è un centro antiviolenza, mentre l’avvocato Barbara Cerilli, presentatasi sia come avvocato che come assessore del comune, non solo confermava quanto detto dalla giornalista ma invitava le donne vittime di violenza a rivolgersi genericamente al Comune di Terracina, senza considerare gli aspetti di anonimato e segretezza, visto che spesso le donne che subiscono violenza hanno paura ad esporsi e a denunciare.
Ora mentre ci chiediamo perché mai l’avvocato Cerilli sia apparsa pubblicamente sia come avvocato che come assessore del Comune, ci chiediamo perché si sia omesso in maniera evidente di menzionare il centro anti violenza Nadyr, gestito da un’associazione di volontariato, con una sede a Fondi e una a Terracina, operante in maniera gratuita e anonima, formata da donne competenti che operano come volontarie, operatrici telefoniche, psicologhe, avvocati, le quali offrono supporto psicologico, ma anche consulenza e sostegno legale gratuito alle donne vittime di violenza e gestiscono anche uno sportello di orientamento al lavoro, elemento essenziale per l’emancipazione e l’indipendenza.
Si è poi deciso di non parlare anche dell’altro sportello di ascolto che si occupa di violenza sulle donne, uno sportello della “Caramella buona”, inaugurato ad ottobre 2019 proprio dall’attuale Sindaco Roberta Tintari, uno sportello legale con un numero pubblico, attivo h24, 7 giorni su 7.
Poichè a seguito delle numerose polemiche suscitate dal servizio RAI l’Assessore ribadiva di voler aprire nuovi centri anche con finanziamenti della Regione le vogliamo ricordare, visto che lei era presente, che già in data 21 ottobre 2016, la giunta comunale deliberava di prendere atto del protocollo d’intesa, sottoscritto un anno prima il 29 gennaio 2015, per la costituzione della Rete integrata di contrasto alla violenza alle donne tra i Comuni di Terracina, Fondi, San Felice Circeo, Sperlonga, Lenola, Monte San Biagio e Campodimele – Polizia Di Stato Terracina -Fondi – Comando Arma dei Carabinieri di Terracina – Comando Polizia Municipale Comuni di Terracina, Fondi, San Felice Circeo, Sperlonga, Lenola, Monte San Biagio e Campodimele – Azienda Sanitaria Locale Presidio Ospedaliero Centro Distretto 4. Il punto è questo. Che fine ha fatto la Rete? Quali sono stati i servizi integrati che sono stati garantiti alle donne di Terracina dal 2016? Ricordiamo che fino a pochi anni fa, grazie alla l’associazione “le Ali della Fenice” era già attivo a Terracina in via Traiano anche il centro anti violenza “Essere donna”, che offriva servizi di infomazioni, accoglienza, ascolto, consulenza psicologica e legale e inserimento lavorativo a tutte le donne vittime di violenza, in modo riservato e gratuito e che a Terracina era presente anche una casa rifugio. Perché è poi finito tutto? A Latina il centro Lilith opera stabilmente da ben 35 anni ed evidentemente c’è sempre stata la volontà di continuare e si è sempre ricevuto il supporto dalla Amministrazione.
“Noi come Collettivo Donne di Europa Verde Terracina, chiediamo che venga rafforzato tutto il lavoro che già compiono sia il centro Nadyr che lo sportello della Caramella buona, chiediamo che la rete venga attuata e potenziata, visto che sono aumentate le richieste di aiuto ed i casi di violenza all’interno delle mura domestiche. A dicembre 2020 grazie ad un avviso comunale, sono stati impegnati già ben 50.000 mila euro per progetti sociali, perchè non è stato messo al centro la tematica della violenza sulla donna? Noi chiediamo di istituire fondi comunali su base pluriennale con impegni di spesa programmati, finalizzati a sostenere in maniera continuativa il lavoro dei Centri antiviolenza presenti sul territorio così da garantire una programmazione delle attività temporalmente più estesa e meglio cadenzata. Chiediamo poi la massima sinergia e collaborazione per creare valore aggiunto tra pubblico e privato sociale mettendo al centro un servizio di accoglienza per le vittime di violenza h24, attivo 7 giorni su 7, in grado di riconoscere e affrontare efficacemente il problema, attraverso la presa in carico in emergenza e il rinvio ai servizi del territorio, con un adeguato coordinamento tra la magistratura, la polizia e gli operatori sociosanitari, rivolgendo la propria attenzione anche alle donne immigrate che sono meno informate sulle possibilità di supporto attivabili da parte delle istituzioni e della legge italiana. Vogliamo ricordare poi che il centro antiviolenza è un luogo di transito verso la crescita personale, l’autonomia, verso l’inserimento nel mondo del lavoro, anche attraverso laboratori artigianali, che in altre città hanno già da tempo. Chiediamo poi di aggiornare i servizi in base alla Convenzione di Istanbul, la Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica adottata a Istanbul nel 2011 e ratificata da 14 paesi, compresa – nel giugno 2013 – l’Italia, che costituisce il primo strumento internazionale vincolante sul tema, mettendo al centro la prevenzione, protezione e punizione. Servono ulteriori risorse rispetto ai fondi comunali, sia per reperire alloggi di emergenza sia per sostenere attività fondamentali quali la formazione e l’inserimento lavorativo delle donne. Però in tutto questo bisogna crederci fortemente, più di ogni altra cosa, che la donna possa veramente sottrarsi alla violenza e che si possa avvicinare alla libertà”.