TENTATA ESTORSIONE MAFIOSA DA “GIOVANNINO”, L’AVVOCATO NEGA LE ACCUSE: MAI STATO NEL BAR A INTIMIDIRE LO CHEF

Il sequestro di “Giovannino” al mare di Latina
Il sequestro di “Giovannino” al mare di Latina

Latina, accusati di tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso: l’avvocato risponde e nega ogni accusa a suo carico

Non era presente quel 18 marzo 2025 presso il bar di Via Cavour a Latina all’incontro tra Antonio Fusco detto “Zì Marcello”, Mirella Salvadori e lo chef di Giovannino al Mare, a cui i due avevano chiesto di prendersi alcune settimane di malattia così da mettere in difficoltà l’amministratrice giudiziaria del noto ristorante sul lungomare di Latina. È questo quanto spiegato dall’avvocato del Foro di Latina, Francesco Vasaturo, accusato di concorso nella tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso.

Il legale pontino, assistito dagli avvocati Alessandro e Angelo Farau, ha risposto nell’ambito dell’interrogatorio di garanzia dinanzi al giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Roma, Francesco Patrone, svoltosi oggi, 27 novembre. Vasaturo ha negato ogni addebito, spiegando che di non essere stato presente in quell’incontro, tanto da fornire screenshot di messaggi, tracciamento gps e pec che dimostrano di come si trovasse in altri luoghi. Una ricostruzione dettagliata, quella fornita dalla difesa, la quale ha chiesto la revoca della misura adottato dal Gip Patrone: il divieto temporaneo di esercitare la professione forense per la due durata di due mesi.

Che si sia trattato di uno scambio di persone e di un grosso equivoco? A stabilirlo dovrà essere il giudice romano che si è riservato sulla decisione e che ieri, 26 novembre, ha interrogato anche Fusco il quale, però, assistito dall’avvocato Pasquale Cardillo Cupo, si è avvalso della facoltà di non rispondere.

La vicenda che ha coinvolto l’avvocato Vasaturo, Fusco e Salvadori prende le mosse dal sequestro del noto ristorante “Giovannino” sul lungomare di Latina, messo sotto sigilli e in amministrazione giudiziaria nell’ambito del secondo troncone apriliano dell’inchiesta “Assedio”.

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Tra i sequestri eseguiti da Carabinieri e Polizia, lo scorso febbraio, spiccava il noto ristorante “Giovannino” che si trova a Foce Verde, lungomare di Latina. Un locale che secondo la DDA aveva attirato l’interesse della cosca di Patrizio Forniti. L’imprenditore apriliano Marco Antolini, insieme ad Antonio Fusco detto “Zi’ Marcello” (entrambi imputato nel processo antimafia “Assedio”), sono accusati di aver assunto di fatto la titolarità delle quote della società che gestisce il noto ristorante. I due, secondo la DDA, già nel 2019, avrebbero lasciato solo fittiziamente la proprietà alle due donne che gestivano il ristorante, investendo 200mila euro anche attraverso la società apriliana Plastic srls. Fusco, peraltro, all’epoca dei fatti, che risalivano al 2019, doveva eludere la misura di prevenzione subita con il procedimento penale “Alba Pontina”, in cui era accusato di favoreggiamento al Clan Di Silvio di Latina (in Appello è stato assolto).

“Zì Marcello” avrebbe acquistato dal titolare storico il locale, esprimendo la volontà di nn comparire mai. Dopodiché sarebbe figurato nella qualità di dipendente. Sempre Antolini e Fusco, in ragione del bisogno di eludere la misura di prevenzione di “Zi’ Marcello”, sono accusati di aver attribuito fittiziamente alle due donne indagate – Debora Violato e Maria Cristina Temperini. – la titolarità delle quote della società Plastic srls di Aprilia. In questi passaggi ritenuti artificiosi, viene indagata anche la terza donna: Francesca De Monaco che avrebbe ceduto le sue quote a Debora Violato. La società veniva utilizzata per la gestione indiretta di “Giovannino”. In sostanza il ristorante conosciutissimo a Latina era diventato il luogo dove Fusco e Antolini spadroneggiavano, tanto che lo stesso Antolini (che si sarebbe defilato già nel 2019 dalla gestione del locale), in una delle intercettazioni di “Assedio”, si vantava di aver regolato due situazioni che non gli aggradavano.

Antonio Fusco detto Zì Marcello
Antonio Fusco detto Zì Marcello

Lo scorso 25 novembre, su disposizione della Direzione Distrettuale Antimafia di Roma, il Nucleo Investigativo del Reparto Operativo del Comando Provinciale dei Carabinieri di Latina, guidato dal tenente colonnello Antonio De Lise, insieme ai Carabinieri competenti per territorio, hanno dato esecuzione all’ordinanza di custodia cautelare emessa dallo stesso Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Roma, Francesco Patrone, nei confronti di 3 persone gravemente indiziate, a vario titolo, di tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso. Si tratta del medesimo Antonio Fusco, 62 anni, finito recentemente sotto sorveglianza speciale, di Mirella Salvadori, 39 anni, e dell’avvocato del Foro di Latina e consigliere dell’ordine degli avvocati pontini, Francesco Vasaturo (56 anni), noto penalista che difende nel processo “Assedio” proprio Fusco detto Zì Marcello.

L’indagine svolta dai Carabinieri del Nucleo Investigativo di Latina, con il coordinamento della Direzione Distrettuale Antimafia di Roma, si è sviluppata sviluppatasi tra il marzo e l’aprile 2025 e trae origine dall’attività info-investigativa sviluppata dai militari dell’Arma sul territorio che ha consentito di apprendere della commissione di una tentata estorsione successivamente confermata dalle vittime con dichiarazioni rese alla DDA di Roma.

Le investigazioni hanno consentito di ricostruire come Zì Marcello, nonostante ristretto agli arresti domiciliari, abbia utilizzato un permesso regolarmente concessogli, per avvicinare le vittime ed invitarle a licenziarsi quali dipendenti di un’attività commerciale in amministrazione giudiziaria, offrendogli in cambio lo stesso stipendio che avrebbero percepito lavorando.

Fusco, che poi subì l’aggravamento della misura in carcere, poiché sorpreso dall’attuale Procuratrice aggiunta di Latina, Luigia Spinelli, in un negozio di abbigliamento, riuscì, assistito dal suo legale, l’avvocato Vasaturo, ad ottenere la misura meno afflittiva dei domiciliari. Due giorni fa, invece, il 62enne è tornato in carcere in ragione dell’ordinanza del Gip Patrone. Finita ai domiciliari Mirella Salvadori, mentre all’avvocato Vasaturo è stato notificato, come detto, il provvedimento di divieto temporaneo di esercitare la professione forense per due mesi.

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Il comandante del nucleo investigativo dei carabinieri di Latina, Antonio De Lise

Secondo gli inquirenti, Fusco e Salvadori (ex direttrice del ristorante per conto di Fusco), un tempo gestori occulti del ristorante, al momento sotto amministrazione giudiziaria dopo il sequestro di febbraio, avrebbero messo in atto, con il contributo materiale dell’avvocato Vasaturo, un’opera di persuasione dai toni intimidatori nei confronti dello chef e della maitre del locale, per farli rinunciare a lavorare nel ristorante alle dipendenze dell’amministratrice giudiziaria. L’obiettivo di Fusco e Salvadore sarebbe stato quello di ostacolare l’attività ormai sottratta e tornare in controllo di essa. I Carabinieri e la DDA sono convinti che i tre indagati si sarebbero avvalsi della forza evocativa e intimidatoria data dalla loro vicinanza al clan Forniti di Aprilia. Senza contare che Fusco si sarebbe adoperato mentre si trovava agli arresti domiciliari per via dell’ordinanza di “Assedio”, eseguita a luglio 2024, che portò agli arresti del clan Forniti, dell’allora sindaco di Aprilia, Lanfranco Principi, e al commissariamento per mafia del comune del nord pontino.

La vicenda che inguaia di nuovo Fusco inizia a febbraio di quest’anno, proprio quando l’amministratrice giudiziaria relaziona all’autorità giudiziaria che l’unica dipendente a fare ostruzionismo, dopo il sequestro, sarebbe la medesima Mirella Salvadori, unica a non essere confermata come dipendente. D’altra parte la donna era stata fino ad allora l’amministratrice di fatto per non far figurare Antonio Fusco, il faccendiere pontino che non doveva risultare e che in passato è emerso abbia avuto strani legami con personaggi che asserivano far parte dei servizi segreti.

Salvadori avrebbe fatto resistenza nei confronti dell’amministratrice giudiziaria nel consegnare il telefono aziendale e le chiavi di accesso alle pagine social del ristorante, tanto che è stato riattivato dalla nuova amministrazione un nuovo profilo. Fatto sta che il locale ha iniziato sin dalla scorsa primavera ad andare bene. Il problema è che intercorso appena un mese dopo dall’inizio del nuovo corso quando Fusco, il suo legale (senza fornire il nome) e Salvadori – così come ha raccontato lo chef del ristorante all’amministratrice giudiziaria – si sarebbero presentati sotto casa sua per chiedergli di mettersi in malattia per tre settimane, promettendogli di pagargli comunque lo stipendio: in questo modo la nuova amministrazione, come confermato dallo stesso cuoco sentito a sommarie informazioni, si sarebbe trovata in grosse difficoltà.

Lo chef, pur con le insistenze della Salvadori, aveva detto loro di trovarsi bene con l’amministratrice giudiziaria e di non aver intenzione di prendersi giorni di malattia. Ma gli ostruzionismi si sarebbero esplicitati anche nel mandare al ristorante clienti polemici, come un amico di Salvadori che, lamentandosi del conto, avrebbe poi recensito negativa su Tripadvisor.

Ad ogni modo, la stessa amministratrice giudiziaria, nel relazionare alla DDA, ha evidenziato che prima del sequestro si sono concretizzate diverse anomalie nella gestione del ristorante. Basti pensare che la Plastic, una delle due società, insieme all’Hakuna Matata, a controllare il locale, sarebbe stata esposta per 56mila euro con l’Inps. Inoltre, a gennaio ’25, i Carabinieri di Latina hanno trovato violazioni in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, tanto da comportare l’emissione di un provvedimento di sospensione dell’attività di ristorazione. La Plastic, inoltre, non avrebbe mai tenuto le scritture contabili, né registrato le fatture di acquisto e i corrispettivi emessi per l’attività d’impresa. Di più, non sarebbero stati redatti i bilanci di esercizio dal 2019 al 2023 e le dichiarazioni dei redditi sarebbero state presentate con valori pari a zero.

Le ingerenze sullo chef, tornando alla vicenda odierna, sono state ben descritte dalla presunta vittima: “Il fatto di essere stato avvicinato da Fusco mi ha spaventato, proprio perché Fusco è indagato insieme a soggetti mafiosi di Aprilia e ho pensato che loro avrebbero potuto facilmente individuare la mia abitazione e risalire alla mia famiglia“. Nessuna minaccia esplicita, sottolinea il Gip Patrone, riportando anche alcune pronunce della Cassazione: è stato sufficiente il condizionamento ambientale riconducibile ai legami evocativi con il clan Forniti.

Anche la maitre del locale fu avvicinata da Mirella Salvadori, ricevendo la stessa richiesta: mettersi in malattia per creare disagio all’amministratrice giudiziaria. La maitre fece capire alla Salvadori che l’avrebbe assecondata, in realtà: “non l’avrei mai fatto”; tuttavia, la donna ha spiegato agli inquirenti di essere preoccupata: “Mi sento come se stessi lavorando in un locale dove non dovrei esserci”.

È lo chef, ad ogni modo, a dire con nettezza agli inquirenti di avere paura dopo aver incontrato Fusco, Salvadori e l’avvocato Vasaturo: “Sono rimasto scosso dall’accaduto perché leggendo i giornali si parlava di mafia“. Secondo la DDA, l’avvocato Vasaturo si sarebbe presentato all’incontro con lo chef non solo per fornire un sostegno legale a Fusco e Salvadori, piuttosto per sollecitare l’uomo ad accettare l’invito dei due a mettersi in malattia. Lo chef, secondo la ricostruzione degli investigatori, avrebbe riconosciuto l’avvocato in foto mostratagli dai Carabinieri l’avvocato di Latina. Nel corso dell’interrogatorio di garanzia, però, l’avvocato ha spiegato, fornendo documentazione, di non aver messo piede in quel bar.

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