Latina, i Carabinieri eseguono un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 3 persone gravemente indiziate di tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso
Una vicenda che prende le mosse dal sequestro del noto ristorante “Giovannino” sul lungomare di Latina, messo sotto sigilli e in amministrazione giudiziaria nell’ambito del secondo troncone apriliano dell’inchiesta “Assedio”.
Tra i sequestri eseguiti da Carabinieri e Polizia, lo scorso febbriao, spiccava il noto ristorante “Giovannino” che si trova a Foce Verde, lungomare di Latina. Un locale che secondo la DDA aveva attirato l’interesse della cosca di Patrizio Forniti. L’imprenditore apriliano Marco Antolini, insieme ad Antonio Fusco detto “Zi’ Marcello” (entrambi imputato nel processo antimafia “Assedio”), sono accusati di aver assunto di fatto la titolarità delle quote della società che gestisce il noto ristorante. I due, secondo la DDA, già nel 2019, avrebbero lasciato solo fittiziamente la proprietà alle due donne che gestivano il ristorante, investendo 200mila euro anche attraverso la società apriliana Plastic srls. Fusco, peraltro, all’epoca dei fatti, che risalivano al 2019, doveva eludere la misura di prevenzione subita con il procedimento penale “Alba Pontina”, in cui era accusato di favoreggiamento al Clan Di Silvio di Latina (in Appello è stato assolto).
“Zì Marcello” avrebbe acquistato dal titolare storico il locale, esprimendo la volontà di nn comparire mai. Dopodiché sarebbe figurato nella qualità di dipendente. Sempre Antolini e Fusco, in ragione del bisogno di eludere la misura di prevenzione di “Zi’ Marcello”, sono accusati di aver attribuito fittiziamente alle due donne indagate – Debora Violato e Maria Cristina Temperini. – la titolarità delle quote della società Plastic srls di Aprilia. In questi passaggi ritenuti artificiosi, viene indagata anche la terza donna: Francesca De Monaco che avrebbe ceduto le sue quote a Debora Violato. La società veniva utilizzata per la gestione indiretta di “Giovannino”. In sostanza il ristorante conosciutissimo a Latina era diventato il luogo dove Fusco e Antolini spadroneggiavano, tanto che lo stesso Antolini (che si sarebbe defilato già nel 2019 dalla gestione del locale), in una delle intercettazioni di “Assedio”, si vantava di aver regolato due situazioni che non gli aggradavano.

Oggi, 25 novembre, su disposizione della Direzione Distrettuale Antimafia di Roma, il Nucleo Investigativo del Reparto Operativo del Comando Provinciale dei Carabinieri di Latina, guidato dal tenente colonnello Antonio De Lise, insieme ai Carabinieri competenti per territorio, hanno dato esecuzione all’ordinanza di custodia cautelare emessa dallo stesso Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Roma, Francesco Patrone, nei confronti di 3 persone gravemente indiziate, a vario titolo, di tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso. Si tratta del medesimo Antonio Fusco, 62 anni, finito recentemente sotto sorveglianza speciale, di Mirella Salvadori, 39 anni, e dell’avvocato del Foro di Latina, Francesco Vasaturo (56 anni), noto penalista di Latina che difende nel processo “Assedio” proprio Fusco detto Zì Marcello.
L’indagine svolta dai Carabinieri del Nucleo Investigativo di Latina, con il coordinamento della Direzione Distrettuale Antimafia di Roma, si è sviluppata sviluppatasi tra il marzo e l’aprile 2025 e trae origine dall’attività info-investigativa sviluppata dai militari dell’Arma sul territorio che ha consentito di apprendere della commissione di una tentata estorsione successivamente confermata dalle vittime con dichiarazioni rese alla DDA di Roma.
Le investigazioni hanno consentito di ricostruire come Zì Marcello, nonostante ristretto agli arresti domiciliari, abbia utilizzato un permesso regolarmente concessogli, per avvicinare le vittime ed invitarle a licenziarsi quali dipendenti di un’attività commerciale in amministrazione giudiziaria, offrendogli in cambio lo stesso stipendio che avrebbero percepito lavorando.
Fusco, che poi subì l’aggravamento della misura in carcere, poiché sorpreso dall’attuale Procuratrice aggiunta di Latina, Luigia Spinelli, in un negozio di abbigliamento, riuscì, assistito dal suo legale, l’avvocato Vasaturo, ad ottenere la misura meno afflittiva dei domiciliari. Oggi, invece, il 62enne torna in carcere in ragione dell’ordinanza odierna. Finisce ai domiciliari Mirella Salvadori, mentre all’avvocato Vasaturo è stato notificato il provvedimento di divieto temporaneo di esercitare la professione forense per la due durata di due mesi.
Secondo gli inquirenti, Fusco e Salvadori (ex direttrice del ristorante per conto di Fusco), un tempo gestori occulti del ristorante, al momento sotto amministrazione giudiziaria dopo il sequestro di febbraio, avrebbero messo in atto, con il contributo materiale dell’avvocato Vasaturo, un’opera di persuasione dai toni intimidatori nei confronti dello chef e della maitre del locale, per farli rinunciare a lavorare nel ristorante alle dipendenze dell’amministratrice giudiziaria. L’obiettivo di Fusco e Salvadore sarebbe stato quello di ostacolare l’attività ormai sottratta e tornare in controllo di essa. I Carabinieri e la DDA sono convinti che i tre indagati si sarebbero avvalsi della forza evocativa e intimidatoria data dalla loro vicinanza al clan Forniti di Aprilia. Senza contare che Fusco si sarebbe adoperato mentre si trovava agli arresti domiciliari per via dell’ordinanza di “Assedio”, eseguita a luglio 2024, che portò agli arresti del clan Forniti, dell’allora sindaco di Aprilia, Lanfranco Principi, e al commissariamento per mafia del comune del nord pontino.
La vicenda che inguaia di nuovo Fusco, insieme a Salvadori e all’avvocato Vasaturo, inizia a febbraio di quest’anno, proprio quando l’amministratrice giudiziaria relaziona all’autorità giudiziaria che l’unica dipendente a fare ostruzionismo, dopo il sequestro, sarebbe la medesima Mirella Salvadori, unica a non essere confermata come dipendente. D’altra parte la donna era stata fino ad allora l’amministratrice di fatto per non far figurare Antonio Fusco, il faccendiere pontino che non doveva risultare e che in passato è emerso abbia avuto strani legami con personaggi che asserivano far parte dei servizi segreti.
Salvadori avrebbe fatto resistenza nei confronti dell’amministratrice giudiziaria nel consegnare il telefono aziendale e le chiavi di accesso alle pagine social del ristorante, tanto che è stato riattivato dalla nuova amministrazione un nuovo profilo. Fatto sta che il locale ha iniziato sin dalla scorsa primavera ad andare bene. Il problema è che intercorso appena un mese dopo dall’inizio del nuovo corso quando Fusco, il suo legale (senza fornire il nome) e Salvadori – così come ha raccontato lo chef del ristorante all’amministratrice giudiziaria – si sarebbero presentati sotto casa sua per chiedergli di mettersi in malattia per tre settimane, promettendogli di pagargli comunque lo stipendio: in questo modo la nuova amministrazione, come confermato dallo stesso cuoco sentito a sommarie informazioni, si sarebbe trovata in grosse difficoltà.
Lo chef, pur con le insistenze della Salvadori, aveva detto loro di trovarsi bene con l’amministratrice giudiziaria e di non aver intenzione di prendersi giorni di malattia. Ma gli ostruzionismi si sarebbero esplicitati anche nel mandare al ristorante clienti polemici, come un amico di Salvadori che, lamentandosi del conto, avrebbe poi recensito negativa su Tripadvisor.
Ad ogni modo, la stessa amministratrice giudiziaria, nel relazionare alla DDA, ha evidenziato che prima del sequestro si sono concretizzate diverse anomalie nella gestione del ristorante. Basti pensare che la Plastic, una delle due società, insieme all’Hakuna Matata, a controllare il locale, sarebbe stata esposta per 56mila euro con l’Inps. Inoltre, a gennaio ’25, i Carabinieri di Latina hanno trovato violazioni in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro.
Le ingerenze sullo chef, tornando alla vicenda odierna, sono state ben descritte dalla presunta vittima: “Il fatto di essere stato avvicinato da Fusco mi ha spaventato, proprio perché Fusco è indagato insieme a soggetti mafiosi di Aprilia e ho pensato che loro avrebbero potuto facilmente individuare la mia abitazione e risalire alla mia famiglia“.
Anche la maitre del locale fu avvicinata da Mirella Salvadori, ricevendo la stessa richiesta: mettersi in malattia per creare disagio all’amministratrice giudiziaria. La maitre fece capire alla Salvadori che l’avrebbe assecondata, in realtà: “non l’avrei mai fatto”; tuttavia, la donna ha spiegato agli inquirenti di essere preoccupata: “Mi sento come se stessi lavorando in un locale dove non dovrei esserci”.
È lo chef, ad ogni modo, a dire con nettezza agli inquirenti di avere paura dopo aver incontrato Fusco, Salvadori e l’avvocato Vasaturo: “Sono rimasto scosso dall’accaduto perché leggendo i giornali si parlava di mafia“. Secondo la DDA, l’avvocato Vasaturo si sarebbe presentato all’incontro con lo chef non solo per fornire un sostegno legale a Fusco e Salvadori, piuttosto per sollecitare l’uomo ad accettare l’invito dei due a mettersi in malattia
