Suicidio di Paolo Mendico, prosegue l’indagine della Procura di Cassino: i Carabinieri hanno sequestrato anche i registri di classe
I Carabinieri della Compagnia di Formia, guidati dal maggiore Quintino Russo, hanno sequestrato i registri di classe all’Istituto Pacinotti di Santi Cosma e Damiano, la scuola frequentata dal 14enne Paolo Mendico suicidatosi lo scorso 11 settembre. Proseguono quindi gli accertamenti della Procura di Cassino che sta scandagliando tutti gli aspetti della tragica vicenda. A indagare anche la Procura dei minorenni di Roma che ha aperto un fascicolo parallelo.
Finora, ad essere sequestrati anche apparecchiature utili come smart box e dispositivi elettronici, oltreché agli interrogatori di persone informate sui fatti. Il 14enne, come noto, si è tolto la vita impiccandosi nella sua cameretta con la cordicella di una trottola, poche ore prima dell’inizio del nuovo anno scolastico.
La procura di Cassino “sta procedendo alle indagini necessarie per individuare le cause della dinamica del decesso ed eventuali profili di responsabilità penali”. È stato quindi iscritto un fascicolo contro ignoti “per istigazione o aiuto al suicidio”. È stata disposta inoltre l’autopsia e il sequestro dei telefoni cellulari del giovane, dei suoi computer e di quelli di alcuni coetanei, mentre i carabinieri indagano su possibili episodi di cyberbullismo emersi dalle chat e dai social.
I familiari del ragazzo, nei giorni passati, sono stati convocati dai carabinieri per fornire ulteriori dettagli che possano aiutare le indagini afar luce su quanto accaduto. Differenze di vedute ci sono tra la famiglia e la preside del Pacinotti. Il fratello di Paolo ha spiegato che “può essere che la preside non ne sappia nulla perché quella dove andava Paolo era una sede distaccata. Ma ci sono decine di chat e infinite discussioni in gruppi scolastici che dimostrano tutto, oltre a quaderni con note messe e firmate da insegnanti rispetto a chiare vessazioni”.
Il fratello maggiore, Ivan Roberto Mendico, ha scritto una lettera accorata indirizzata al ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara, alla premier Giorgia Meloni e persino a Papa Leone XIV, denunciando le persecuzioni subite da Paolo fin dalle elementari: appellativi come “Paoletta”, “femminuccia” o “Nino D’Angelo” per i suoi capelli biondi lunghi, aggressioni in bagno, scherni da parte di maestre che arrivarono a incitare “rissa, rissa”, e vessazioni online che lo isolavano completamente.