Suicidio giovanile a Santi Cosma e Damiano, gli ispettori del Ministero dell’Istruzione e del Merito sono convinti: “Si poteva fare di più”
Secondo le anticipazioni di Corriere della Sera e La Repubblica, nella relazione degli ispettori del Ministero dell’Istruzione, inviati dal ministro Valditara presso la scuola Paninotti di Santi Cosma e Damiano, l’istituto tecnico “ha mentito” sul caso di Paolo Mendico, il ragazzo di 14 anni suicidatosi a settembre prima dell’inizio dell’anno scolastico.
Si sarebbe dovuto avviare un protocollo antibullismo – scrivono gli ispettori nella loro relazione di 14 pagine – in una classe difficile e “dai comportamenti non conformi al regolamento d’istituto”. Nel corso dell’ispezione, dopo il suicidio dell’11 settembre scorso, è emerso invece che “non vi è traccia di una valutazione approfondita indipendentemente dalla qualificazione giuridica degli episodi”, davanti a comportamenti “quasi aggressivi”.
Intanto, gli ispettori del ministero dell’Istruzione e del merito hanno chiesto tre procedimenti disciplinari a carico della dirigente scolastica “per le responsabilità che interessano la funzione dirigenziale”, della vice dirigente e della responsabile della succursale dell’istituto per “condotte omissive”. Al momento, l’ufficio regionale scolastico del Lazio risponde: “La procedura è ancora in corso”.
Come noto, sono state aperte in questi mesi due inchieste giudiziarie. La procura dei minori indaga quattro compagni di classe di Paolo per istigazione al suicidio. A Cassino, invece, c’è una indagine aperta contro ignoti.
Secondo gli ispettori del Mim, “si è innescato un meccanismo difensivo, tanto che questo collegio ritiene più verosimile la descrizione delle dinamiche della classe che si legge nei verbali dei consigli di classe anziché quella offerta dai docenti durante l’accertamento”. Senza contare che i “problemi disciplinari emergevano dal 18 dicembre 2024 per poi acuirsi alla fine dell’anno”. La vicepreside, componente del team antibullismo, avrebbe sostenuto secondo la relazione di “escludere categoricamente che a scuola Paolo avesse subito atti di bullismo. Non ne sono venuta mai a conoscenza. Né la famiglia, né i colleghi, né Paolo hanno mai segnalato o fatto percepire che si siano consumati atti di bullismo”.
Il contrario di ciò che è stato dichiarato dai genitori: “Abbiamo avuto almeno cinque o sei incontri con lei, segnalavamo di matite spezzate, di calci allo zaino, di derisioni”.
Per gli ispettori, inoltre, la dirigente non si doveva limitare a “esortare i docenti a punire determinati comportamenti”, ma doveva “promuovere l’individuazione condivisa di interventi più incisivi”. Inoltre, la dirigente d’istituto non sarebbe stata mai messa al corrente.
E anche quando si viene a sapere dei nomi dispregiativi con cui veniva appellato Paolo Mendico, la responsabile della succursale si sarebbe limitata a dare un intervento di matrice generale, “non ritenendo di dover dare seguito alla procedura prevista in caso di presunto episodio di bullismo”.
Alla fine gli ispettori spiegano che per “configurare il bullismo, manca la ripetitività nel tempo”, tuttavia i “comportamenti aggressivi” non dovevano “esimere il personale scolastico dalla dovuta presa in carico”. Non è stato rispettato “il rigoroso dovere di vigilanza”.
