STUPRATA DALL’EX COMPAGNO A TERRACINA: RINVIATE TUTTE LE TESTIMONIANZE DELL’ACCUSA

È ripreso il processo che vede sul banco degli imputati un uomo di Terracina accusato di maltrattamenti in famiglia, violenza sessuale e sequestro di persona ai danni dell’ex moglie

Continua il processo che vede al centro un fatto drammatico di stupro che una donna avrebbe subito dall’ex marito, L.Z. (le sue iniziali), tuttora ai domiciliari. Ad essere escusso nel processo nella giornata odierna sono stati due poliziotti, il primo dei quali, agente della Polizia del Commissariato di Terracina, intervenne per calmare un parapiglia in strada tra l’imputato e una coppia. A seguire, ha riferito in aula un altro poliziotto che aveva accolto nell’ufficio di Polizia a Terracina: quella sera, l’imputato – spiega il poliziotto – sarebbe stata agitato rispetto al rapporto tra lui e la ex moglie. Sono saltate, invece, le altre testimonianze del pubblico ministero, tra cui il fratello dell’imputato, in quanto la difesa non era a conoscenza della loro citazione. Il processo è stato rinviato al prossimo 11 dicembre quando verranno ascoltati tutti i testi del pubblico ministero Giuseppe Miliano.

“Mi ha portato a Borgo Hermada, mi ha schiaffeggiato e ha iniziato a inveirmi contro. Poi ci siamo fermati più volte e alla fine, in un posto isolato, ha abbassato il parasole, ha tirato fuori il coltello e me lo ha messo al collo”. Era stato questo uno dei passaggi più difficili della testimonianza della ex moglie dell’imputato, 40enne di Terracina, accusato di maltrattamenti, sequestro e violenza sessuale.

Parole, quelle della donna, 55 anni, anche lei di Terracina, costituitasi parte civile e difesa dall’avvocato Alfonso Donnarumma, impiegata in un posto pubblico e vittima, secondo l’accusa, delle angherie dell’ex compagno con cui ha avuto una figlia, oggi adolescente. Ma la testimonianza aveva raggiunto il suo livello di drammaticità più alta quando la donna era stata costretta a parlare di quel passaggio in auto non voluto: “Venne a casa mia, mi disse di scendere e poi mi ordinò di salire in macchina”.

Dopo aver intervallato il racconto di lacrime e singhiozzi, la donna, madre di altre due figlie avute da una precedente relazione, era stata costretta a raccontare molto altro. “Mi ha messo le mie mani sull’impugnatura del coltello e mi diceva: “Se succede qualcosa ci sono le tue impronte sul coltello”.

“Poi, ha ripreso la corsa con l’auto e mi ha portato su un’altra via, sulla Migliara. Lì ha continuato a schiaffeggiarmi, mi ha portato in un’altra strada verso il cimitero di Borgo Hermada ed è sceso dall’auto. Mi ha fatto scendere e mi ha stretto il braccio. Poi, mi ha portato sul lato del conducente, mi ha spostato i pantaloncini e le mutande e mi ha violentato tenendomi da dietro mentre io avevo la faccia rivolta all’auto“.

L’incubo non era finito qui. “Quando gli ho detto più volte che mi stava facendo male, si è girato verso di me, mi ha preso la testa e ha preteso un rapporto orale. Finito tutto, mi ha portato a casa e gli ho detto che mi faceva schifo e me ne sono andata. Sono salita in casa, ho salutato le mie figlie e sono andata in bagno. Mi sono lavata e ho visto che avevo delle perdite di sangue, ho iniziato a piangere dentro il bagno”.

Fu questo il racconto crudo della donna che lo scorso 3 luglio, era stata chiamata a testimoniare come persona offesa davanti al terzo collegio del Tribunale di Latina, presieduto dal giudice Mario La Rosa. L’imputato era presente, anche quest’oggi, difeso dall’avvocato Ezio Lucchetti.

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