Lunga requisitoria del pubblico ministero nel processo sui medici che consentirono a Luigi Capasso di ottenere la sua pistola: chieste le condanne
Una requisitoria lunga, corposa, analitica per tutti i fatti emersi nel corso del dibattimento. Dopo tre ore, il pubblico ministero Giuseppe Bontempo ha chiesto di condannare i due medici che diedero il via libera, indirettamente e direttamente, alla restituzione dell’arma alla Carabiniere Luigi Capasso, l’appuntato dei Carabinieri che, il 28 febbraio 2018, in località Le Castella, a Cisterna di Latina, uccise le due figlie dell’età rispettivamente di 9, Martina, e 13 anni, Alessia. A quel folle quanto terribile piano criminale sopravvisse miracolosamente la moglie Antonietta Gargiulo. Capasso, dopo aver ucciso le figlie e ferito la moglie, si suicidò.
Accusati di omicidio colposo, per i due medici Quintilio Facchini e Chiara Verdone, quest’ultima medico militare a Velletri e il primo medico di base della famiglia Capasso, il pubblico ministero ha chiesto la condanna a 2 anni e 6 mesi ciascuno, concedendo le attenuanti generiche. Il prossimo 12 giugno ci sarà gl interventi delle parti civili e dell’Asl di Latina, inclusa nel processo come responsabile civile. Dopodiché, così come disposto dal giudice monocratico del Tribunale di Latina, Enrica Villani, chiamata a giudicare i due medici, ci saranno due ulteriori udienze: 26 giugno e 10 luglio, data quest’ultima nella quale ci sarà la sentenza finale di un processo che, giudicando i due medici, ha ripercorso collateralmente le fasi della strage di Cisterna: dalla psicologia disturbata di Capassa, passando per i maltrattamenti subiti dalla moglie, fino all’epilogo tragico e l’uccisione di due bambine innocenti.
Secondo l’accusa, i due medici, Verdone, assistita dall’avvocato Arnulfo e Lazzari, e Facchini, difeso dagli avvocati Mariani e Apponi, avrebbero agevolato la restituzione della pistola di ordinanza all’allora Carabiniere Capasso, redigendo due referti favorevoli. Insieme all’ex moglie di Capasso, Antonietta Gargiulo, nel processo è parte civile anche l’associazione “Differenza Donna” che ha realizzato un centro intitolato alle vittime, Alessia e Martina.
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L’assunto del pubblico ministero Bontempo è che Facchini, medico di base della famiglia, sapeva dei problemi di Capasso, dei suoi disturbi psicologici, perché era stata l’allora moglie, Antonietta Gargiulo, a a raccontargli tutto. La stessa dottoressa militare, Verdone, era a conoscenza che stava Capasso era al cento di una pratica di separazione dalla moglie, che era in cura da uno psicologo, e che vi erano stati eventi traumatici che lo avevano colpito. Senza contare che, secondo il pubblico ministero, il medico militare sapeva delle trentadue truffe commesse da Capasso che erano valse la sua sospensione dala lavoro con l’Arma.
Verdone – spiega il pm – valuta l’infermità di Capasso non per cause di servizio e accerta disturbi di adattamento al ciclo vitale. Dopodiché gli dà un termine di 8 giorni per avere una carta d’appoggio concessagli dal medico di base Facchini. Quest’ultimo dispone un certificato che dichiara di come Capasso sia psicologicamente compensato e sulla base di questa carta firma la restituzione dell’arma.
Ma “Capasso era disturbato e pericoloso”, scandisce il pubblico ministero e i due medici avevano tutti gll elementi per conoscere la situazione. Proprio per dare più forza alla sua requisitoria, il pm ha ripercoso anche le fasi della rapporto violento che il carabiniere aveva instaurato con la moglie Antonietta Gargiulo, oggi presente in aula. I gesti aggressivi e ossessivi, la gelosia smodata nonostante fosse un traditore seriale, i suoi istinti di suicidi e le volte in cui la donna si era rivolta alle forze dell’ordine per segnalare la pericolosità del coniuge.
Già nel corso del processo, è emerso che Capasso fosse affetto da rilevanti disturbi psichici. Una persona non equilibrata e che più volte aveva picchiato la moglie, prima che questa si decidesse a chiedere la separazione.
Non solo, perché Capasso aveva una app con cui localizzava Antonietta Gargiulo e la seguiva virtualmente in tutti gli spostamenti, senza contare che riusciva a captare anche i messaggi che le arrivavano in entrata e che la donna scriveva in uscita. In pratica, l’ex miliare era ossessionato e convinto che la moglie lo tradisse – circostanza non vera e smentita più volte anche dalla stessa amica che ha testimoniato -, ragion per cui spesso i due litigavano e Capasso arrivava ad alzare le mani.
L’atmosfera in casa era pura tensione. In questo clima oggettivamente tremendo, Antonietta Gargiulo si era decisa ad attivare le procedure per la separazione non consensuale.
Citati nella requisitoria del pm anche i due consulenti medici nominati dalla Procura, ascoltati nel corso del processo. Il giudizio è stato netto: Capasso soffriva di disturbo della personalità e già nell’aprile 2006 aveva evidenziato criticità nella sua psiche. Da una relazione medica citata da uno dei consulenti, risultava che in lui venne identificato un disturbo da stress. Eppure, secondo i consulenti medici, né Verdone, medico militare, né Facchini, medico di fiducia, avevano individuato particolari patologie in Capasso, nonostante che l’uomo era stato in cura da due specialisti psichiatri e che la stessa Arma aveva disposto visite per lui.
Piuttosto rilevante l’episodio citato da uno dei consulenti medici della Procura: nel periodo del 2017, infatti, il medico di base e oggi imputato, Facchini, non solo non avrebbe individuato alcuna patologia, ma aveva suggerito a Capasso un percorso di fede cristiana. Nessuna cura, ma avvicinamento a Dio.
I consulenti avevano ribadito nella loro testimonianza che Capasso poteva essere definito, invece, come una persona incline a mentire e dissimulare, con elementi paranoidei e, con il senno di poi, psicopatici. Successivamente, il 22 novembre 2017, a pochi mesi della strage, il medico Verdone avrebbe attestato l’assenza di psicopatologie in atto.