STEFANO DELLE CHIAIE TRA RIVOLUZIONE, EVERSIONE E LATITANZA. E QUEL LEGAME CON LATINA

stefano delle chiaie

Se un uomo non è disposto a lottare per le proprie idee, o le sue idee non valgono nulla, o non vale niente lui”.

Questo aforisma di Ezra Pound, uno dei più importanti intellettuali del Novecento (fu poeta e saggista), si attaglia alla perfezione alla figura di Stefano Delle Chiaie, probabilmente il maggior esponente italiano del mondo nazional-rivoluzionario di estrema destra, che ha dedicato appunto tutta la sua vita a lottare per le proprie idee.

Fondatore del movimento politico extraparlamentare “Avanguardia Nazionale”, si è spento il 9 settembre a Roma. Avrebbe compiuto 83 anni il 13 settembre.   

QUEL LEGAME CON LATINA

Probabilmente non molti sanno che Delle Chiaie aveva un particolare legame con il capoluogo.

La prima ragione di tale legame era dovuta alla fraterna e storica amicizia intrattenuta con il Dott. Sergio D’Ottavi, a tutti noto come il farmacista di Borgo San Michele. Nato a Sacrofano in provincia di Roma, si era trasferito a Latina nel 1965 proprio per gestire la farmacia del Borgo. L’amicizia tra D’Ottavi e Delle Chiaie era nata a Roma, prima all’interno del MSI e poi con la costituzione di Avanguardia Nazionale nel 1960 (sarebbe poi seguito l’autoscioglimento nel 1966 e la ricostituzione nel 1970).

L’altro aspetto che lo legava alla città pontina era dato dalla circostanza che Latina rappresentava una delle piazze dove Avanguardia Nazionale (stiamo parlando di quella ricostituita nel 1970) era maggiormente attiva e seguita, soprattutto dai giovani.

Nell’autunno del 1975, quando i vertici di Avanguardia Nazionale decisero di organizzare alcune manifestazioni in tutta Italia, Latina fu una delle sedi prescelte insieme a Reggio Calabria e Trieste. In quest’ultima città la manifestazione non si terrà perché dopo quelle di Latina e Reggio Calabria furono arrestati settantadue dirigenti e militanti con l’accusa di ricostituzione del partito fascista, cui poi seguirà nel giugno del 1976 la decisione del segretario nazionale Adriano Tilgher di sciogliere il movimento prima che fosse il Ministro degli Interni a farlo con proprio decreto.  

Da sottolineare anche che nel 2012 quando Stefano Delle Chiaie venne a Latina a presentare il suo libro “L’Aquila e il Condor – Memorie di un militante politico”, la sala del Circolo Cittadino era gremita.

A proposito del legame di Delle Chiaie con Latina, rileviamo per la prima volta un episodio. Nel 1987 il fondatore di Avanguardia Nazionale decise di porre fine alla sua latitanza iniziata nel 1970 e, estradato dal Venezuela in Italia, al suo arrivo in aeroporto venne fatto salire su un autoblindo per essere condotto nel carcere romano di Rebibbia. A bordo del mezzo c’erano ovviamente alcuni poliziotti, con i quali Delle Chiaie scambiò qualche parola chiedendo anche di dove erano. Fra di essi ce ne era uno di Latina che quindi, come gli altri, manifestò la propria provenienza. La replica del fondatore di Avanguardia Nazionale fu immediata: “Ma che mi siete venuti a liberare?

Considerando che aveva appena finito una latitanza di diciassette anni, che era arrivato da pochi minuti dall’altra parte del mondo e che si apprestava ad entrare in carcere per affrontare processi nei quali era imputato di reati gravissimi, bisogna ammettere che Delle Chiaie dimostrò una bella tempra.     

LA LATITANZA

Stefano Delle Chiaie si allontanò dall’Italia il 23 luglio del 1970.

All’epoca erano stati arrestati per la Strage di Piazza Fontana (12 dicembre 1969) gli anarchici del gruppo 22 marzo di Pietro Valpreda (rilevatisi poi completamente estranei alla vicenda). Tra gli arrestati c’era anche Mario Merlino, il quale aveva come alibi proprio la testimonianza di Stefano Delle Chiaie.  

Quest’ultimo ha raccontato la vicenda nel dodicesimo capitolo del succitato libro, spiegando minuziosamente come si sia poi arrivati all’emissione di un mandato di cattura nei suoi confronti per reticenza.

La lunga latitanza gli ha dato la possibilità di vivere esperienze importanti narrate sempre nel libro in questione. Prima nella Spagna di Francisco Franco e della Falange, poi in Sud America tra Cile e Argentina, quindi un rientro in Europa, in Francia, e poi di nuovo nel continente americano fino ad approdare in Bolivia e poi in Venezuela.  

Al tempo stesso, però, con la latitanza si espose ad ogni tipo di accusa senza che potesse realmente difendersi.

I PROCESSI

Nel 1985, appena dopo la condanna all’ergastolo in primo grado nel processo per l’assassinio del magistrato Vittorio Occorsio, Stefano Delle Chiaie fu raggiunto in Venezuela dagli avvocati Stefano Menicacci e Giuseppe Pisauro. Trascorse con loro qualche giorno mettendo a nudo il suo percorso politico proprio perché voleva che fossero loro per primi a convincersi della sua estraneità a tutti i fatti che gli venivano addebitati.

Nel 1986 fu assolto in appello.

Dopo tale evento Delle Chiaie iniziò a pensare ad un suo rientro in Italia per affrontare gli altri processi, soprattutto quelli riguardanti la strage di Piazza Fontana (12/12/1969) e la strage di Bologna (2/8/1980), cosa che avvenne il 31 marzo 1987.

Il fondatore di Avanguardia Nazionale aveva sempre definito lo stragismo come un atto vile estraneo alla propria concezione di lotta politica, per cui erano proprio quelle le accuse che lo ferivano maggiormente.

L’esito dei processi fu quello di assoluzione e il 20 febbraio 1989, dopo quasi due anni di detenzione e diciassette di latitanza, riacquistò la propria libertà.

Successivamente scrisse, insieme ad Adriano Tilgher, un libro dal titolo “Un meccanismo diabolico – stragi, servizi segreti, magistrati”, in cui vengono narrate minuziosamente e con dovizia di documentazione le vicende legate ai vari processi.

I due autori spiegano nella presentazione che il libro “vuole contribuire a dimostrare come, ignorando la richiesta di verità e giustizia sullo stragismo proveniente dall’opinione pubblica, si sia voluto insistere nel privilegiare un teorema politico, quale conseguenza del preconcetto ideologico che ha animato alcuni inquirenti. Intende anche essere la protesta di chi non ha voce, non ha altro spazio per spiegare le proprie ragioni. Di chi fu designato dal potere come stragista, mostro, delinquente. Siamo stati accusati di tutto! E da tutto assolti!”.

JUNIO VALERIO BORGHESE

Junio Valerio Borghese – Immagine tratta dal libro “L’aquila e il condor” di Stefano Delle Chiaie

In un articolo che parla di Delle Chiaie non può mancare un riferimento al principe Junio Valerio Borghese, comandante della X flottiglia MAS che durante la seconda guerra mondiale si distinse per il compimento di azioni belliche particolarmente difficili e pericolose, tanto da suscitare l’ammirazione anche dei nemici.

Fu infatti per lui un punto di riferimento, circostanza che ne determinò il coinvolgimento nel processo per il cosiddetto “Golpe Borghese”.

Nella notte tra il sette e l’otto dicembre del 1970 scattò l’operazione denominata <Tora Tora>, che però venne improvvisamente bloccata e sospesa. Si tratta di una vicenda che, al di là degli aspetti meramente processuali, non è stata del tutto chiarita e, probabilmente, non lo sarà mai.

Stefano Delle Chiaie ne parla nel tredicesimo capitolo del suo libro “L’Aquila e il Condor – Memorie di un militante politico”.

IL SENSO DI COMUNITÀ

Indubbiamente Stefano Delle Chiaie rappresenta una delle figure politiche più dibattute del dopoguerra; del resto non potrebbe essere altrimenti vista la sua scelta nazional-rivoluzionaria che lo ha portato ad essere un punto di riferimento non solo in Italia ma anche a livello internazionale.

La sua vita è stato un lungo atto di militanza politica, durante il quale ha dovuto affrontare le difficoltà e le durezze che inevitabilmente contraddistinguono una latitanza, è stato colpito da dolorosissimi lutti e ha subito il carcere per accuse che, come abbiamo specificato, lo hanno poi visto finire assolto.

Sebbene la sua battaglia dal punto di vista strettamente politico si è chiusa con una sconfitta, si può forse affermare che la sua lotta da nazional-rivoluzionario si chiude invece con una vittoria.

Invero, una delle cose a cui teneva di più era il senso di comunità.

Ebbene, nonostante lo scioglimento di Avanguardia Nazionale nel giugno 1976, sebbene i militanti dell’epoca abbiano poi intrapreso ognuno il proprio singolo percorso di vita e politico, il senso di comunità è rimasto intatto nel tempo e ha coinvolto anche le generazioni successive.

Ne sono stata testimonianza anche i funerali che si sono celebrati lo scorso 12 settembre, durante i quali si sono ritrovate tre generazioni di camerati.

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