SEMIPARALIZZATO DOPO L’INCIDENTE A GAETA, LA LETTERA APPELLO DI MARCO: “STATO ASSENTE, VOGLIO GIUSTIZIA”

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Era la notte a cavallo tra il 15 e il 16 ottobre del 2017, quando la vita di Marco è cambiata per sempre. Stava tornando a casa, a bordo della sua moto, in compagnia di un’amica, quando all’incrocio tra Corso Italia e via Bologna a Gaeta, ha trovato contromano un’automobile: l’impatto è stato violento e inevitabile e le ferite sono apparse subito gravi, mentre la moto, a causa del forte impatto, prendeva fuoco. Un miracolo è stato quello di strapparlo alla morte, e Marco ne è consapevole, ma oggi vive semiparalizzato e ha lasciato a una lunga lettera che ci ha inviato, la sua amarezza per quanto accaduto, per le sue condizioni e per la legge italiana in materia che permette un’ingiustizia difficile da digerire.

A seguire il video degli attimi immediatamente successivi all’impatto – da Gazzettino del Golfo – e la lettera integrale di Marco Ostilio La Croix.

“Un tuo secondo ha cambiato una vita. Un lungo silenzio ha attraversato la mia vita in questo ultimo anno. Un silenzio obbligato e un silenzio per scelta. Ci sono storie simili alla mia che arrivano alla ribalta dei media nazionali, storie come quella di Manuel Bortuzzo che mentre era con la sua ragazza per strada è stato sparato da due individui “per gioco” ed ora si trova nelle mie stesse condizioni, anzi meglio e sono molto felice per lui. Storie che ti cambiano la vita in un secondo, una vita che cambia non perchè lo vuoi tu ma perchè in quell’attimo qualcuno ha deciso di rovinartela. Dopo quello che è successo solo ora sento di poter condividere con il mondo i mille pensieri che hanno riempito la mia mente in questi mesi. Chi mi ha conosciuto prima di quel secondo fatale, un secondo che ha spaccato in due parti il mio corpo e la mia vita, sa benissimo chi ero, un venticinquenne che si era lanciato con anima e corpo nel mondo del lavoro. Il lavoro che volevo e che ho tanto desiderato, che ho conquistato per un breve periodo, ma intenso e pieno di soddisfazioni.

Quella sera felice, anche io ero con una mia amica ed in moto tornavamo a casa senza sapere che quella sera normale sarebbe diventata lo spartiacque della mia vita. Un’auto in contromano che come un proiettile ti piomba addosso, un secondo, il botto, il volo, il silenzio, il buio. Un buio durato mesi. Una volta ripreso conoscenza ho capito che qualcosa non andava. Non riuscivo a parlare, a pensare, mi sentivo prigioniero tra tubi, macchine, medicinali che non mi permettevano di esprimermi e di ragionare, sembrava un sogno, non la realtà. Non riuscivo nemmeno a pormi la più classica delle domande: è possibile che sia successo proprio a me? Quel momento purtroppo doveva ancora arrivare, ma presto sarebbe arrivato. Mi sono ritrovato a vivere una vita che nessuno dovrebbe mai arrivare ad affrontare, soprattutto un ragazzo di venticinque anni, ma la vita va sempre vissuta, nel bene e nel male. Non basterebbe un oceano di parole per descrivere ogni singolo pensiero che ha attraversato la mia mente in questo periodo, un periodo che purtroppo nella sua oscurità mi ha aiutato a vedere tutto quello che mi circonda con occhi diversi, e anche a ragionare sulla mia singola esperienza, sempre più consapevole di non essere stato né il primo né l’ultimo ad averla vissuta.

Grazie al primo intervento dei medici i quali mi hanno letteralmente salvato la vita, successivamente al sostegno della mia meravigliosa famiglia, al calore dei miei amici e delle persone che hanno vissuto con me questo periodo, ho affrontato la mia battaglia, che è ancora soltanto all’inizio con la giusta determinazione. Mi sarei aspettato anche il sostegno da colui il quale ha causato questa mia condizione, magari cercando anche di meritarsi la mia attenzione e lo dico con molta onestà non avrei serbato rancore di fronte solo ad un “ti chiedo scusa”. Invece niente, nulla, la codardia di essere uomini, di ammettere di aver fatto una cazzata, di aver rovinato una vita per sempre. Niente.

Attualmente, come tutti sappiamo, il sistema giuridico italiano è carente in molti ambiti, uno di questi è proprio quello che riguarda i crimini commessi sulle nostre strade. Nel mio caso specifico l’articolo del codice penale riguardante la mia vicenda è il 590 bis, il quale prevede un massimo di pena di soli sette anni per colui il quale commette il reato; che tra sconti e condizionali si riduce a una pena esigua. Da libero cittadino, il quale ha purtroppo constatato sulla sua pelle cosa vuol dire vivere una simile situazione, reputo non congrua una condanna così benevola nei confronti di chi ha volontariamente e consapevolmente preso la decisione d’infrangere, con arroganza e superficialità, il codice stradale italiano. Questa è solo la mia idea, ovviamente non è mio compito andare nello specifico, so soltanto che l’articolo di legge in questione non tuteli nella giusta maniera le vittime di simili accadimenti, senza tener conto che già la situazione in se risulta critica e difficile da affrontare.

Uno Stato sano dovrebbe essere il nostro “miglior amico” in circostanze del genere, con l’obbligo di alleggerirci il carico di difficoltà in ogni ambito: dal primo soccorso; nel momento della riabilitazione; all’assistenza morale e materiale; e infine a infliggere la giusta pena ai colpevoli. Come posso sentirmi io, o chiunque altro, che dopo aver subito il danno che mi segnerà per tutta la vita non ho nemmeno il diritto di ricevere la giustizia che merito? Queste parole non sono dettate dall’angoscia o dalla rabbia, ma da un’analisi fredda e distaccata, partorita a distanza di un anno, analizzando la realtà dei fatti. A prescindere da tutto, credo fermamente che la nostra vita sia qualcosa di unico ed irripetibile e non può essere ostacolato da nulla e da nessuno. Bisogna sorridere, la felicità è ovunque, basta saperla cercare, e chi mi conosce sa benissimo che potrei trovarla in ogni dove, Anche in una stanza vuota, con pareti bianche, con la mia creatività e la mia voglia di dare colore ad ogni cosa. Marco Ostilio La Croix”.

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