“SEI UN CAMORRISTA, TI FAI DI DROGA”, POLIZIOTTI MINACCIATI DAL CLAN DI SILVIO: CHIESTE LE CONDANNE

Gianluca Di Silvio
Gianluca Di Silvio, uno dei figli di Armando detto Lallà e fratello di Pupetto e Samuele (deceduto nel febbraio 2022)

Furono minacciati dal clan Di Silvio mentre eseguivano perquisizioni e sequestri nella roccaforte di Campo Boario: chieste le condanne

Il pubblico ministero ha chiesto di condannare tutti, alla pena di 1 anno di reclusione. Si tratta della famiglia di Armando Di Silvio detto “Lallà”, il cui sodalizio è stato riconosciuto con sentenze passate in giudicato nell’ambito del processo “Alba Pontina” come un clan mafioso. Il boss “Lallà” è stato condannato alla pena definitiva di oltre 24 anni di reclusione.

Nel processo odierno, dinanzi al giudice monocratico del Tribunale di Latina, Beatrice Bernabei, Armando “Lallà” Di Silvio, la moglie Sabina De Rosa, il figlio Gianluca Di Silvio e la figlia Sara Genoveffa Di Silvio (questi ultimi tre, tutti condannati nel processo “Alba Pontina, come “Lallà”), difesi dall’avvocato Oreste Palmieri, devono rispondere di violenza o minaccia a un pubblico ufficiale per aver tentato di intimidire cinque agenti della Polizia di Stato che, nel 2016, si recarono nella loro casa per eseguire un provvedimento di sequestro.

I poliziotti, tutti assistiti dall’avvocato Marco Nardecchia, si recarono a casa di “Lallà” in via Muzio Scevola (Campo Boario) per sequestrare un cavallo e un motociclo dopo che quell’abitazione era stata investita anche da un provvedimento di sequestro e successivamente di confisca. Il 3 novembre 2016 (vedi video sotto), la Polizia di Stato si recò per la prima volta nel quartiere roccaforte dei Di Silvio, o almeno del ramo capeggiato da “Lallà”. Dopodiché, il 30 novembre, gli agenti di Polizia tornarono per dare corso al sequestro sulla base della pronuncia del Tribunale del Riesame.

Ebbene, nel corso dei sequestri eseguiti, i poliziotti furono minacciati dalla famiglia Di Silvio, anche con frasi molto forti e che puntavano a intimidire i loro operato.

“Ti fai di droga e fai le marchette, se vedo qualche video ti faccio una faccia così”, si è sentito dire uno dei poliziotti da Sabina De Rosa, infuriata per la ripresa del sequestro in presa diretta da parte dei poliziotti. Fu invece il capo clan, Armando “Lallà” Di Silvio a rivolgersi a un altro poliziotti in questo modo: “Sei un camorrista, mi devo rimettere in mezzo alla strada?”. E ancora, la figlia Sara Genoveffa Di Silvio in protesta contro i sequstri: “Questa me la paghi – rivolta a un poliziotto – mi hai tolto la casa, ora gli autoveicoli”. Infine, a intervenire anche l’altro figlio del boss, Gianluca Di Silvio: “Dovete accannare gli zingari, ci avete tolto le budella”.

Dopo la richiesta a 1 anno di reclusione ciascuno per tutti e quattro gli imputati, l’avvocato Palmieri ha svolto la sua arringa difensiva, cercando di smontare il castello accusatorio e sostenendo che quei sequestri, alla luce dei fatti successivi, furono dichiarati illegittimi dall’autorità giudiziaria interpellata. Ecco perché, pur ammettendo le minacce nei confronti dei poliziotti, la difesa ha chiesto l’assoluzione perché il fatto non sussiste o, comunque, la riqualificazione del reato in minaccia. Una minaccia che, però, non avendo avuto la querela dei poliziotti contro i quattro imputati, decadrebbe secondo la legge vigente, scagionando tutti.

Entrata in camera di consiglio per emettere la sentenza, il giudice monocratico ha dovuto rinviare la sentenza al prossimo 28 aprile, in quanto non è stata trovata agli atti la costituzione di parte civile.

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