SCUOLA DEFINITA COME “CLINICA PSICHIATRICA”, LA FONDAZIONE IRENE RISPONDE A GALIMBERTI

La Fondazione Irene ETS esprime preoccupazione per le recenti dichiarazioni del filosofo Umberto Galimberti, che ha descritto la scuola elementare come una “clinica psichiatrica” a causa dell’aumento delle diagnosi di Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA). Questa visione, che riduce le difficoltà di apprendimento a una semplice mancanza di impegno, ignora le attuali conoscenze scientifiche sulle neurodivergenze. I DSA non sono una moda recente, ma condizioni neurobiologiche riconosciute a livello internazionale.

“Galimberti ha affermato che l’aumento delle diagnosi sarebbe imputabile ai genitori che, per facilitare il percorso scolastico dei figli, ricorrono a certificazioni mediche. Questa generalizzazione è offensiva per le famiglie che quotidianamente affrontano le sfide educative dei loro figli. La diagnosi di un DSA non è un espediente per ottenere facilitazioni, ma uno strumento fondamentale per garantire pari opportunità attraverso misure compensative e dispensative. Il percorso diagnostico è complesso e rappresenta spesso un momento di grande preoccupazione per il futuro del bambino. Secondo i dati del Ministero, il 6% degli studenti ha un DSA, ovvero meno di due per classe.Allora perché parlare di sovradiagnosi? Non sarebbe più corretto parlare di qualità delle diagnosi?

Il filosofo ha inoltre criticato la tendenza a “patologizzare tutte le insufficienze”, suggerendo che in passato tali condizioni non esistevano e che bastava esercitarsi di più per migliorare. Questa visione antiquata dell’educazione ignora i progressi delle neuroscienze, che hanno dimostrato come le difficoltà di apprendimento non si risolvano con il semplice esercizio. Affermare il contrario equivale a chiedere a una persona con miopia di “sforzarsi di vedere meglio” senza occhiali.

Inoltre, Galimberti ha espresso dubbi sulla preparazione degli insegnanti di sostegno, sottolineando che spesso sono assegnati a studenti con DSA senza una formazione adeguata. È importante chiarire che per i DSA non è previsto l’insegnante di sostegno, bensì l’uso di strumenti compensativi e strategie didattiche mirate. Lo stabilisce la Legge 170/2010, che tutela gli studenti con Disturbi Specifici dell’Apprendimento, garantendo loro il diritto a misure personalizzate per favorire l’inclusione e il successo scolastico. Generalizzare il problema rischia di diffondere disinformazione e di sminuire l’importanza di una didattica inclusiva.

Una metafora efficace per comprendere il ruolo della didattica inclusiva è quella di una gara di corsa: immaginate che alcuni studenti abbiano scarpe da ginnastica adatte, mentre altri debbano correre a piedi scalzi su un terreno accidentato. Alla fine, chi non aveva le scarpe giuste arriva ultimo o si ferma prima. Dire che “basta allenarsi di più” non tiene conto delle condizioni di partenza e delle necessità specifiche di ogni studente. Gli strumenti compensativi non danno un vantaggio ingiusto, ma permettono agli studenti di competere ad armi pari.

La Fondazione Irene ETS lancia un appello contro la disinformazione e i pregiudizi: le parole hanno un peso, soprattutto quando si parla di diritti e di emozioni. È inaccettabile che figure pubbliche diffondano informazioni errate e fuorvianti, alimentando stereotipi dannosi. Chiediamo un dibattito basato su dati scientifici e sull’esperienza di chi lavora ogni giorno con gli studenti neurodiversi e invitiamo a una riflessione più etica: la scuola deve essere un luogo di equità e diritto, dove ogni studente possa esprimere il proprio potenziale. Dobbiamo insegnare a valorizzare le differenze, garantendo a tutti le stesse opportunità.

Questi ragazzi hanno solo bisogno di una scuola più tollerante, competente e francamente più moderna. Rimanere ancorati a visioni tradizionaliste, inesatte, potenzialmente dannose, è un atto irresponsabile e stigmatizzante.

Infine, vogliamo ricordare che se si parla di psichiatria e di salute mentale, è necessario farlo con responsabilità. Franco Basaglia, il grande psichiatra che ha rivoluzionato l’approccio alla salute mentale, ci ha insegnato che prima della diagnosi, prima delle categorie, esiste la persona. Prima della malattia c’è la vita. Questo principio deve valere anche nella scuola: ogni studente è prima di tutto un individuo con le sue peculiarità, i suoi talenti e le sue necessità, e ha diritto a un’istruzione che ne riconosca il valore e lo sostenga nel suo percorso. Proprio chi maneggia meglio competenze e ha esperienza di salute mentale dovrebbe sentirsi più responsabile nel promuovere una comunicazione corretta e rispettosa.

Ricordiamoci che i DSA, come ci dice l’OMS, non sono una malattia ma una caratteristica neurobiologica che rientra nella neurodiversità: diffondere l’idea che questa diversità è una malattia significa proprio patologizzare una società soffocandone creatività, espressione e cultura”.

Articolo precedente

PROSTITUZIONE AL LIDO DI LATINA: INIZIA IL PROCESSO “TACCHI A SPILLO”

Articolo successivo

PIRRI DONA UN’OPERA AL COMUNE DI LATINA: VERRÀ ESPOSTA AL CAMBELLOTTI

Ultime da Attualità