XII edizione dell’Atlante dell’infanzia a rischio, dal titolo “Il futuro è già qui”: Save The Children delinea il quadro dei minori in Italia e nel Lazio
La fotografia dell’infanzia laziale non è delle migliori: quasi un minore su 10 vive in condizioni di povertà relativa. Gli “early school leavers” – cioè ragazzi tra i 18 e i 24 anni che non studiano e non hanno concluso il ciclo d’istruzione – sono l’11,9% e i NEET – giovani tra i 15 e i 29 anni che non lavorano, non studiano e non sono inseriti in alcun percorso di formazione – raggiungono la percentuale del 22,4%. In entrambi i casi si tratta di percentuali leggermente inferiori alla media nazionale (rispettivamente 13,1% e 23,3%), ma molto lontane da quelle europee (9,9% e 13,7%).
In 15 anni in Italia la popolazione di bambine, bambini e adolescenti è diminuita di circa 600 mila minori e oggi meno di un cittadino su 6 non ha compiuto i 18 anni. E nello stesso arco di tempo è dilagata la povertà assoluta, con un milione di bambine, bambini e adolescenti in più senza lo stretto necessario per vivere dignitosamente.
Un debito demografico, economico e soprattutto un debito di investimento nelle generazioni più giovani, che ha travolto tutto il paese: tra il 2010 e il 2016 la spesa per l’istruzione in Italia è stata tagliata di mezzo punto di PIL, e si è risparmiato anche sui servizi alla prima infanzia, le mense e il tempo pieno, lasciando che, allo scoppio della pandemia, i divari e le disuguaglianze di opportunità spianassero la strada ad una crisi educativa senza precedenti.
La fotografia scattata nella XII edizione dell’Atlante dell’infanzia a rischio, dal titolo “Il futuro è già qui”, diffuso a pochi giorni dalla Giornata mondiale dell’Infanzia e dell’Adolescenza da Save the Children – l’Organizzazione internazionale che da oltre 100 anni lotta per salvare le bambine e i bambini a rischio e garantire loro un futuro – è quella di giovani generazioni su cui non si è investito a sufficienza, che, a causa della pandemia da Covid-19, hanno perso mesi di scuola, hanno sofferto l’isolamento e la perdita di relazioni, e a cui è urgente fornire risposte concrete.
Tra gli alunni con background familiare socio-economico e culturale più basso, le percentuali di chi non ha raggiunto il livello minimo di competenze (c.d. low achievers) sono aumentate: in 15 province del mezzogiorno, oltre il 50% degli studenti svantaggiati non ha superato il livello minimo in matematica alla fine della scuola media, ma anche in province del Centro come Rieti, Frosinone e Latina arrivano al 40%. Nei Comuni di Napoli e Palermo la percentuale sale al 60%, un segno tangibile che, anche se le scuole sono riuscite a trattenere la gran parte di questi studenti (a Napoli erano assenti ai test invalsi 7 studenti su 100, a Palermo 4 su 100), 6 mesi di mancata frequenza della scuola in presenza nel 2020 e qualche altra settimana di chiusura nei mesi successivi potrebbero incidere considerevolmente sulle loro future opportunità.
Nel Lazio meno di un bambino su 5 (18,8%) usufruisce di asili nido o servizi integrativi per l’infanzia finanziati dai Comuni. La spesa media pro capite (per ogni bambino sotto i 3 anni) dei Comuni del Lazio per la prima infanzia è di 1882 euro ciascuno, un dato a metà tra la spesa di Trento di 2.481 euro e quella più bassa, 149 euro, in Calabria.