Satnam Singh, la Cassazione si pronuncia su un ricorso presentata dalla difesa di Antonello Lovato, accusato dell’omicidio doloso del bracciante indiano
Il suo processo, per omicidio doloso, inizierà il prossimo 1 aprile davanti alla Corte d’Assise del Tribunale di Latina. Intanto, la Corte di Cassazione ha respinto il ricorso ha ad oggetto l’ordinanza di rigetto dell’eccezione di nullità dell’ordinanza di ammissione della richiesta di incidente probatorio per violazione dei termini di fissazione dell’udienza.
Si tratta dell’incidente probatorio che, in data 26 luglio, tenne la moglie di Satnam Sing, Soni Soni, assistita dall’avvocato Gianni Lauretti, prossima a costituirsi parte civile nel processo che inizierà tre meno di due mesi. La difesa puntava all’annullamento dell’ordinanza del giudice per le indagini preliminari di Latina, Giuseppe Molfese. Gli ermellini hanno stabilito che “si tratta di provvedimento interlocutorio non ricorribile autonomamente”. Inoltre, “è inammissibile il ricorso per cassazione contro le ordinanze istruttorie emesse dal giudice in sede di incidente probatorio, avendo le stesse natura di provvedimenti non autonomamente impugnabili, di contenuto non definitorio, suscettibili di essere revocati o modificati fino alla pronuncia della sentenza”.
“Il ricorso deve, pertanto, – conclude l’ordinanza della Cassazione – essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende”.
Quel giorno, il 26 luglio 2024, Soni Soni, infatti, ha spiegato che, durante quel viaggio di sette chilometri da Borgo Santa Maria a Castelverde, lei stessa toccava la testa di Satnam senza che questa sanguinasse. Il sangue dal capo è iniziato a uscire solo dopo che l’uomo è stato lanciato via dal furgone. A “buttare” l’uomo (questo il verbo utilizzare dal legale della donna), sarebbe stato proprio Lovato.
Il bracciante indiano è diventato simbolo del malcostume del caporalato e il suo nome, dopo la sua morte, è finito all’attenzione di tutti i giornali e telegiornali nazionali e internazionali. L’arresto di Lovato è stato disposto dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Latina, Giuseppe Molfese, lo scorso 2 luglio.
Come noto, “Navi”, come era chiamato Satnam da amici e conoscenti, era venuto in Italia nel 2016. Dopo aver ottenuto il primo permesso di soggiorno, era diventato, a scadenza del lasciapassare, un vero e proprio invisibile come tanti extracomunitari sfruttati nei campi dell’agro pontino e oltre. Feritosi lo scorso 17 giugno, con la macchina avvolgi-plastica per i meloni nell’azienda della ditta individuale di Antonello Lovato a Borgo Santa Maria, il 31enne lavoratore in nero è stato caricato su un furgone dal medesimo Lovato, suo datore di lavoro, e trasportato con la moglie via dall’azienda.
Dopo sette chilometri, senza essere portato in ospedale, “Navi” è stato abbandonato con la moglie in Via Genova, a Castelverde (già comune di Cisterna) davanti alla casa dove era ospitato da una coppia di italiani. Copiosa la perdita di sangue dal braccio mutilato e dalle gambe in condizioni gravissime, Navi è morto due giorni dopo in un letto dell’ospedale San Camillo di Roma dove era stato elitrasportato.