SATNAM SINGH, LOVATO PARLA AL PROCESSO: “FUI PRESO DAL PANICO. NON CHIAMAI I SOCCORSI”. E IL BRACCIO?: “LO MISI IO NELLA CASSETTA”

Satnam-Singh
Satnam Singh

Riprende il processo che vede alla sbarra per omicidio volontario, Antonello Lovato, il 39enne di Latina accusato di aver ucciso il bracciante indiano

È ripreso dinanzi alla Corte d’Assise del Tribunale di Latina, presieduta dal giudice Gian Luca Soana, a latere il giudice Mario La Rosa e la giuria popolare, il processo che imputa al 39enne di Latina, Antonello Lovato, la morte del bracciante indiano, Satnam Singh, avvenuta a giugno dell’anno scorso. L’imputato è difeso dagli avvocati Mario Antinucci e Stefano Perotti. Oggi, 15 luglio, il proseguo del dibattimento con gli ultimi testimoni dell’accusa, tra i quali l’uomo indiano che era stato indagato per concorso nell’omicidio di Satnam Singh. L’uomo risulta ancora indagato per omissione di soccorso di Satnam Singh e per tale ragione è stato ascoltato con l’assistenza di un avvocato difensore nominato al momento, l’avvocato Alessandro Mariani

Il 31enne indiano, deceduto il 19 giugno 2024, è diventato simbolo del malcostume del caporalato e il suo nome, dopo la sua morte, è finito all’attenzione di tutti i giornali e telegiornali nazionali e internazionali. L’arresto di Lovato, tuttora detenuto nel carcere di Frosinone, è stato disposto il 2 luglio 2024, dopo la richiesta pervenuta dal sostituto procuratore di Latina, Marina Marra, il 25 giugno, oggi presente in aula per esaminare i testimoni, insieme agli avvocati di parte civile e alla difesa di Lovato. Il pubblico mini

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Il primo testimone di giornata è uno dei Carabinieri che ha svolto le indagini, il quale ha riferito di aver sequestrato due fucili nella casa di Antonello Lovato, dopo l’episodio truce che ha portato alla morte di Satnam Singh. Dopodiché è stata la volta del connazionale di Satnam, l’uomo tuttora indagato per omissione di soccorso che, però, si è avvalso della facoltà di non rispondere. Il pm Marra ha specificato che la posizione dell’uomo verrà archiviata ma, risultando ancora indagato, l’uomo ha legittimamente scelto di non rispondere.

Il momento clou dell’udienza odierna è quando ad essere esaminato è l’imputato, Antonello Lovato, detenuto da un anno e mezzo. Il 39enne risponde a tutte le domande e pare essere tranquillo rispetto alla vicenda che lo ha coinvolto. Il pubblico ministero gli chiede di ripercorrere tutta la vicenda che ha coinvolto Satnam, il quale lavorava nell’azienda di Borgo Santa Maria dall’agosto del 2023: “Lavorò con noi per circa sette, otto mesi. Era senza contratto e non fu un rapporto continuativo. Nessuno nella mia azienda era regolare con il lavoro. Con noi c’era anche la compagna, Soni Soni”. Sia Satnam che Soni Soni furono presi a lavorare senza contratto: “Li incontrai per strada. Chiesi loro se avevano i documenti e loro mi dissero che erano in attesa dell’asilo politico. Vennero a lavorare con me, erano brave persone”.

Cosa successe quel 17 giugno 2024?. “A lavorare eravamo io, Soni Soni, Satnam e altri due collaboratori: Gora e Furlanetto”. L’imputato spiega come veniva utilizzato l’avvolgitela (attaccato al trattore) che portò alla morte di Satnam: “Questo mezzo poteva essere utilizzato solo da fermo. Lo utilizzavo esclusivamente io, era artigianale e nessuno lo ha mai usato tranne me. Io non mi avvalsi mai della collaborazione di Satnam per utilizzare il trattore e il mezzo attaccato. Satnam era addetto solo a sbloccare i teli sul terreno. Era un jolly”.

Antonello Lovato
Antonello Lovato

Quel giorno, sul campo, “Satnam si avvicina a me e gli dissi di non toccare niente perché dovevo allontanarmi e mi avvicinai a Soni per spiegarle cosa avrebbe dovuto fare il giorno dopo. Satnam era uno che rubava il lavoro con gli occhi, aveva voglia di fare. Fu lui a dirmi di andare a parlare con Soni che quel giorno sarebbe tornata prima a casa con un altro ragazzo in sella al motorino. Giusto il tempo che stavo con Soni a parlare che abbiamo sentito le urla e ci siamo precipitati sul posto vedendo Satnam in una pozza di sangue. Ma io non avevo dato nessuna direttiva di lavoro a Satnam. Io ero a 40 metri rispetto al punto in cui si è fatto male e non potevo vederlo, non so se ha maneggiato l’avvolgitelo”

“Accorremmo da Satnam, anche insieme a Soni, e abbiamo visto l’arto tagliato. Subito abbiamo cercato di tamponare la ferita. Lui era cosciente. Dall’arto non perdeva sangue, c’era solo a terra il sangue. Eravamo presi tutti dal panico, c’era il caos totale, ho perso la testa. Da quando ci fu il ferimento e il tempo che l’ho portato in via Genova sono passati 15 minuti”.

Per quanto riguarda i soccorsi, Lovato spiega che nell’immediato nessuno ha chiesto di chiamare i soccorsi. Fu uno degli indiani a chiamare un parente per dirgli cosa era successo. “Non chiamai io i soccorsi perché non avevo il cellulare con me. In quei momento, il panico ha preso il sopravvento su tutti noi”. Neanche Soni avrebbe chiesto a Lovato di chiamare i soccorsi: “Mi chiedeva di portarla a casa insieme al marito, col presupposto che i soccorsi stavano arrivando a casa loro, in Via Genova, a Castelverde. Io non chiamai i soccorsi perché ero convinto che stavano arrivando a casa sua”.

Satnam, dopo essere arrivato a Castelverde, fu preso in braccio da Lovato: “Lo caricai sul furgone e partimmo a tutta velocità verso la loro casa. Eravamo io, Satnam e Soni che teneva il compagno tra le braccia. Satnam respirava ancora ed era cosciente”. Ma perché non ha chiamato l’ambulanza, chiede il pm Marra a Lovato: “Non l’ho chiamata io l’ambulanza, purtroppo”, dichiara l’imputato. Lovato non ricorda quanto ha impiegato ad arrivare in Via Genova: “Lì ho trovato un cancello aperto e c’era padrone di casa e un ragazzo indiano. Siamo arrivati davanti alla porta, ma Soni non aveva le chiavi. Li ho lasciati lì davanti all’uscio di casa, l’ho poggiato tra le braccia di Soni e sono andato via dagli avvocati. Deve essere chiaro che non l’ho lasciato sul marciapiede. Io non sono scappato, sono andato a casa a lavarmi”.

Ma perché – insiste il pubblico ministero – non si è sincerato delle condizioni di Satnam: “Il signor Ilario Pepe, il padrone di casa, stava al telefono con i soccorsi, per far venire l’ambulanza”. Il verbo “scappare”, però, non vuole essere ascoltato dall’imputato e dalla difesa: “Si è allontanato”, spiega l’avvocato Antinucci. E il braccio di Satnam da chi è stato posto nella cassetta per la frutta? “L’ho messo io”, ammette Lovato.

Una volta lasciato Satnam, Lovato si è recato dall’avvocato Perotti con il quale è andato in Questura a Latina: “Dopo 5 minuti che eravamo in attesa, mio padre chiamò e ci disse che c’erano i Carabinieri e allora andammo a casa mia”. Lovato, contro-esaminato dalle parti civili, chiarisce: “La mia azienda non esiste più da quando sono stato carcerato”.

L’imputato spiega che non era a conoscenza che sul mercato c’è un attrezzo apposito per avvolgere la plastica sulla frutta. Un particolare non di poco conto, in quanto lo strumento killer di Satnam era rudimentale e non in regola. Dopo l’incidente, Lovato, interrogato dall’avvocata Belli, che difende il Comune di Cisterna, ammette: “Non sapevo che Satnam poteva morire, non ci ho pensato”. Secondo Lovato, tutti erano d’accordo a portare Satnam a casa, invece che all’ospedale: “Anche Soni era d’accordo”, spiega Lovato, interrogato dall’avvocato difensore Antinucci.

Lovato dice un’aula: “Adesso io ho due famiglie: la mia e quella di Satnam. Mi sento responsabile. In carcere ho sempre lavorato, mi occupo di attività di magazzino”. L’imputato si commuove pensando al figlio che non ha neanche due anni: “Sono riuscito ad andare al suo battesimo”.

Dopo l’escussione di Satnam, ha parlato Laura Hardeep Kaur, la segretaria provinciale della Flai Cgil Frosinone Latina, che per prima ha denunciato pubblicamente quanto avvenuto il 17 giugno 2024. La testimone ha raccontato quel giorno terribile quando si recò prima a Castelverde e poi nell’azienda Lovato, insieme ai Carabinieri che avevano iniziato gli accertamenti. In azienda, a Borgo Santa Maria, la sindacalista arrivò insieme ai Carabinieri che chiesero al padre dell’imputato, Renzo Lovato, dove si trovasse il figlio Antonello. Lovato senior dimostrò di non conoscere i dipendenti irregolari nell’azienda del figlio. “I Carabinieri insistevano perché Renzo Lovato chiamasse il figlio”.

La sera stessa dell’incidente, la sindacalista ha raccontato che “il medico ci disse che Satnam aveva superato la prima sera. Soni Soni la conobbi in ambulanza mentre trasportavamo il compagno”. Quel giorno, secondo la testimonianza della sindacalista, “Soni Soni continuava a ripetere: “Ambulanza, ambulanza”. Non aveva il telefono che aveva lasciato nel furgone”.

Ultimo testimone di giornata è il segretario generale di Cgil Frosinone Latina, Giuseppe Massafra. Il sindacalista ha spiegato di come il suo sindacato tuteli chi voglia denunciare e le modalità con cui vengono assistiti i braccianti e i lavoratori spesso senza tutele.

A fine udienza, l’avvocato Antinucci ha chiesto alla Corte d’Assise di concedere all’imputato la misura più lieve degli arresti domiciliari, depositando l’istanza di sostituzione dopo 1 anno e 7 mesi di carcerazione preventiva. Il pubblico ministero ha spiegato che, fermo restando la gravità della vicenda, vi sono ancora le esigenze cautelari. L’imputato, secondo il pm Marra, potrebbe ancora reiterare il reato ed è sussistente il pericolo di inquinamento probatorio, senza contare che ci sono indagini in corso, in ragione delle attività dell’azienda (chiusa dall’arresto di Lovato) in altra forma. L’avvocato Lauretti, che difende Soni, si è rimessa al volere della Corte d’Assise, che si è riservato, specificando che al momento non è stato dato alcun risarcimento.

Il processo riprenderà il prossimo 3 febbraio 2026. Già calendarizzata un’altra data per il proseguo del processo: 24 febbraio. Alla prossima udienza verrà ascoltato il medico legale della difesa e altri medici.

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I FATTI E IL PROCESSO SINO A OGGI – “Navi”, come era chiamato Satnam da amici e conoscenti, era venuto in Italia nel 2016. Dopo aver ottenuto il primo permesso di soggiorno, era diventato, a scadenza del lasciapassare, un vero e proprio invisibile come tanti extracomunitari sfruttati nei campi dell’agro pontino e oltre. Feritosi lo scorso 17 giugno, con la macchina avvolgi-plastica per i meloni nell’azienda della ditta individuale di Antonello Lovato a Borgo Santa Maria, il 31enne lavoratore in nero è stato caricato su un furgone dal medesimo Lovato, suo datore di lavoro, e trasportato con la moglie via dall’azienda.

Dopo sette chilometri, senza essere portato in ospedale, “Navi” è stato abbandonato con la moglie in Via Genova, a Castelverde (già comune di Cisterna) davanti alla casa dove era ospitato da una coppia di italiani. Copiosa la perdita di sangue dal braccio mutilato e dalle gambe in condizioni gravissime, Navi è morto due giorni dopo in un letto dell’ospedale San Camillo di Roma dove era stato elitrasportato.

Lovato è imputato per i reati omicidio doloso e per diverse violazioni del decreto legislativo 81/2008 in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro. Secondo il sostituto procuratore di Latina, Marina Marra – che ha chiesto la misura cautelare in carcere al Gip Giuseppe Molfese che l’ha condivisa – Lovato, “con plurime condotte”, ha causato con colpa, violando le norme di sicurezza sul lavoro, il ferimento di Satnam Singh, 31enne indiano irregolare e privo di permesso di soggiorno.

Nella scorsa udienza di aprile, la Corte d’Assise ha ammesso la costituzione di parte civile di dodici dei richiedenti. Si tratta, innanzitutto, dei quattro famigliari di Satnam Singh e della compagna convivente more uxorio, Soni Soni. Accolte anche le parti civili di Inail, Comuni di Cisterna (presente in aula, come nella scorsa udienza, il sindaco Valentino Mantini) e Latina, Regione Lazio, Flai Cgil, Cgil Latina Frosinone e Anmil (Associazione nazionale fra lavoratori mutilati e invalidi del lavoro). Escluse, invece, le associazioni di Libera, “Antonino Caponnetto”, Ona e Lavoratori Stranieri. Esclusa anche la richiesta della difesa di Lovato di chiamare come responsabile civile l’assicurazione Axa, ossia la compagnia che aveva assicurato il trattore che trainava l’avvolgi-plastica. In aula, il processo si è aperto lo scorso 1 aprile e sin da subito è stata battaglia tra la difesa di Lovato, rappresentata dagli avvocati Mario Antinucci e Stefano Perotti, e la Corte d’Assise.

Sono otto le persone offese tra cui la madre di Satnam, Jasveer Kauril padre, i fratelli di Satnam Singh, il padre, Gurmukh Singh, tutti difesi dall’avvocato del foro di Santa Maria Capua Vetere, Giuseppe Versaci. Le altre persone offese sono i sindacalisti Giovanni Mininni della Flai Cgil e Giuseppe Massafra della Cgil di Latina. I sindacalisti sono difesi dagli avvocati Simone Sabbattini, Antonio Valori e Andrea Ronchi. Indicata, naturalmente, come persona offesa, anche la moglie del bracciante, Soni Soni, la 27enne difesa dall’avvocato del foro di Latina, Gianni Lauretti. Parti civili anche i Comuni di Latina e Cisterna, rispettivamente assistiti dagli avvocati Cinzia Mentullo e Maria Concetta Belli.

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