Cinque militari, assegnati al reparto carburanti dell’aeroporto, hanno sfruttato la loro posizione per sottrarre ben 59.000 litri di carburante JP-8 destinato ai caccia. Una rete organizzata e silenziosa che ha portato il carburante rubato sui mercati civili del litorale romano e dei Castelli.
Il carburante sarebbe stato sottratto gradualmente, trasferito con taniche e autocisterne che uscivano dalla base senza destare sospetti. Un traffico illecito sofisticato, coordinato meticolosamente dal principale responsabile, il quale è stato condannato a risarcire 29.088,4 euro. Gli altri quattro complici sono stati ritenuti corresponsabili e condannati a versare, in solido, una somma di 7.225,92 euro. La sentenza emessa dalla Corte dei Conti del Lazio ha segnato un punto fermo in questa vicenda che ha scosso profondamente l’Aeronautica e in particolare la rinomata base aerea.
L’indagine della Guardia di Finanza di Nettuno ha fatto luce su un sistema collaudato di sottrazione del carburante. Due le modalità principali utilizzate per portare avanti il furto: nella prima fase, avviata nell’ottobre 2022, il carburante veniva prelevato direttamente con un’autocisterna e trasportato verso distributori stradali compiacenti ad Anzio, Albano Laziale e Aprilia. Qui il JP-8, solitamente destinato ai velivoli militari, veniva venduto come gasolio per uso civile.
Successivamente, tra novembre 2022 e febbraio 2023, è entrata in funzione una seconda modalità. Il carburante veniva prelevato manualmente in taniche da 30 litri e trasportato fuori dalla base. Una parte finiva in un distributore di Lanuvio, mentre il resto veniva stoccato nell’abitazione dei suoceri del principale imputato a Velletri. Questo deposito clandestino diventava il centro operativo per rifornire i veicoli privati della famiglia coinvolta.
Le intercettazioni telefoniche, i video e le fotografie raccolti durante le indagini hanno svelato l’esistenza di un piano ben strutturato, in cui ogni militare aveva un compito specifico: chi prelevava il carburante, chi organizzava i trasporti, e chi garantiva la fluidità delle operazioni, evitando controlli interni.
Il danno economico stimato inizialmente ammontava a oltre 51.000 euro, ma la sentenza ha ridotto l’importo dovuto, senza sminuire la gravità dell’accaduto. Il caso ha messo in evidenza le falle nei controlli all’interno della base e la necessità di rafforzare le misure di sicurezza per prevenire ulteriori abusi.