ROMA-LATINA A PAGAMENTO: GLI IRRESPONSABILI CHE RILANCIANO L’OPERA APPROFITTANDO DELL’EMERGENZA COVID-19

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Nell’accogliere con grande piacere il contributo di Gualtiero Alunni (a seguire) sul redivivo dibattito della “Roma-Latina” e della sorella minore “bretella Cisterna-Valmontone”, è d’uopo sottolineare come in queste ultime due settimane – dopo un mese di stallo perché anche i più sfegatati delle Grandi Opere Inutili e Dannose hanno avuto un minimo di scrupolo – la comunicazione giornalistica e politica a bande (ri)unite abbia spinto, proprio come prima del virus, sull’autostrada a pedaggio (parola, quest’ultima, sempre omissata e non ci stancheremo mai di ripeterlo).

Enrico Forte
Enrico Forte, consigliere comunale e regionale del PD

Il primo a sdoganare sul principale organo d’informazione della provincia (Latina Oggi) il ritorno al pompaggio pubblicitario della Roma-Latina è stato il consigliere regionale e consigliere comunale del capoluogo Dem Enrico Forte il quale ha parlato dell’opera addirittura come priorità in tempi di Coronavirus (sic!). Tanto è che il paragone con un orchestrale del Titanic che suona incurante mentre la nave sta affondando ci è sembrato scontato e altrettanto banale.

A catena sono venuti tutti gli altri, compreso un comunicato congiunto, sempre a matrice Partito Democratico locale, firmato da Claudio Moscardelli (segretario provinciale ed ex senatore) e Salvatore La Penna (consigliere regionale), che letto da un marziano che vedesse la Terra soggiogata dal Coronavirus stimolerebbe un trattato di psicologia applicata, se non il ricorso alla neurodeliri.

Non potevano mancare ovviamente i dioscuri degli industriali locali come il Presidente Giampaolo Olivetti di Impresa e, ultimo ma non ultimo, il senatore di Fratelli d’Italia, nonché consigliere comunale di Latina, Nicola Calandrini che si domanda contrito che fine abbia fatto la bretella Cisterna Valmontone. Tutto nel momento in cui, e lo suggeriamo sommessamente, questi politici, dai doppi ruoli e dalle infinite responsabilità, se assolvessero ai loro compiti dovrebbero concentrarsi sulle piccole e grandi inefficienze della sanità. Almeno in questo momento di tragedia nazionale.

E invece è tutto un rincorrersi di dichiarazioni “da Fase 2”, come se durante una guerra si pensasse a guardare sognanti dentro una sfera di cristallo invece di premunirsi e salvare il salvabile. E perché no, tentare di prendere il meglio dalla pandemia: smart working, contingentamento della spesa spesso indirizzata, in momenti di pace, verso sprechi dissennati (ne sanno qualcosa gli operatori sanitari), investimenti nelle opere che fanno funzionare un Paese e ne costituiscono la base: scuole e “upgrade” di ricerca e ospedali in primis.

Salvatore La Penna e Claudio Moscardelli
A sinistra il consigliere regionale del PD, Salvatore La Penna

Eppure, ringalluzziti e forse un po’ eccitati dai rumors terrei che provengono dai giornaloni nazionali, i politici e alcuni industriali di Latina e provincia si cimentano nello spot evergreen della Roma-Latina. Infatti, parrebbe che nel cosiddetto Decreto Aprile il Governo abbia stilato una serie di opere cantierabili, stanziando 1,5 miliardi di euro per l’autostrada a pedaggio Roma-Latina. Noi ancora non ci crediamo, perché rimarremmo basiti che l’Italia voglia ripartire anche da un progetto che nelle sue dinamiche economico-finanziarie è stato demolito dal duo Consiglio di Stato-Bankitalia (non proprio due istituzioni di risulta). Senza contare che in tempi di appelli alla ripartenza, cominciare da una strada che non collegherà manco Latina a Roma checché ne ciancino i giornali, i politici e gli industriali a bande (ri)unite, sarebbe un insulto all’intelligenza e alla dignità di coloro che – lavoratori, famiglie, partite Iva, professionisti, disoccupati – stanno facendo uno sforzo immane per non smettere di credere a un futuro azzoppato dal maledetto virus del XXI secolo.

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Di seguito l’intervento a firma di Gualtiero Alunni, Portavoce Nodi Territoriali Comitato No Corridoio Roma-Latina.

NO ALLA ROMA LATINA E ALLA CISTERNA VALMONTONE, SÌ ALLA SICUREZZA DELLE PERSONE E ALLA TUTELA DELL’AMBIENTE

Sulle politiche infrastrutturali si addensano nubi sempre più nere. In questi giorni, nonostante il dramma della pandemia, si intensifica la campagna della lobby delle grandi opere inutili per la ripresa della stagione nefasta della “legge obiettivo” (quella varata nel 2001 sotto il governo Berlusconi per non sottoporre le grandi opere all’approvazione dei territori) e si vogliono addirittura nominare dei “commissari” straordinari e con pieni poteri, che scavalchino le norme e le leggi per riaprire i cantieri. La gallina dalle uova d’oro su cui vogliono mettere le mani gli avvoltoi privati, sono gli oltre 100 miliardi di euro pubblici relativi alle opere da realizzare. I tanti cantieri bloccati in tutto il paese non sono fermi per problemi burocratici, ma per problemi tecnici di realizzazione, oltre ad enormi problemi economici nascosti dietro le paroline magiche di “project financing” e di “general contractor”.

Il caso del Lazio con l’autostrada a pedaggio A12-Roma-Latina e bretella Cisterna-Valmontone, è emblematico di una classe politica totalmente asservita agli interessi della lobby che delle grandi opere inutili si nutre da molti anni e che ha già prodotto uno sperpero vergognoso di denaro pubblico, nonostante non si sia costruito un centimetro di autostrada.

Tutta l’Italia è disseminata di progetti mostruosi, con i costi per le collettività e i benefici solo per i privati. Nei due decenni che abbiamo seguito e contrastato il fenomeno, abbiamo verificato che anche gli “errori” nella progettazione sono scientemente voluti; tali difetti portano a innumerevoli varianti in corso d’opera. Queste non sono soggette a gare per l’esecuzione e comportano sempre notevoli aumenti dei costi, che comportano maggiori oneri a carico dell’Ente Pubblico che paga. Le varianti devono essere autorizzate e concordate con il Direttore dei Lavori, una figura che dovrebbe tutelare gli interessi di chi fa eseguire i lavori, ma con la legge obiettivo il direttore dei lavori è alle dirette dipendenze del costruttore. Questa inaccettabile anomalia ha consentito che i costi, come per il MOSE e la TAV Torino – Napoli, abbiano avuto costi di 9-10 volte superiori a quelli iniziali. Nel nuovo Codice degli Appalti si è subordinato il pagamento degli extra costi alla autorizzazione dell’ANAC (Autorità Nazionale Anti Corruzione); questa norma con le verifiche e i controlli dell’ANAC ha rallentato i pagamenti ai costruttori, provocando la reazione diretta e contraria di questi ultimi. Non è un caso che contro il vigente Codice degli Appalti è scesa in campo più volte la Confindustria con il codazzo di politicanti compiacenti al seguito. La cosa che ci deve vedere fermamente contrariati è che, in un momento così grave in cui tutto viene rallentato per combattere la pandemia del Covid 19, si continui ad urlare che è necessario ripartire con lo scenario scandaloso che ha caratterizzato gli ultimi 20 anni invocando nuovamente la famigerata “legge Obiettivo”, quella che Raffaele Cantone, già Presidente dell’ANAC, definì criminogena.

Da sempre i sostenitori dell’autostrada, non avendo argomenti seri, hanno usato la propaganda del lavoro, arrivando perfino a ipotizzare 50.000 nuovi occupati. Non vogliamo che da una campagna farlocca, lor signori passino ad una pericolosa campagna di criminalizzazione dei Comitati Eco-Resistenti, con la scusa tutta strumentale e propagandistica che, bloccando l’opera, bloccheremmo in realtà addirittura il rilancio dell’occupazione. Per uscire da questa situazione in maniera positiva serve che si metta in moto un meccanismo democratico di redistribuzione della ricchezza, che si vada verso una progettazione sociale e infrastrutturale al servizio delle persone, che si organizzi la produzione di beni finalizzati alla riconversione ecologica, di energie alternative non dipendenti dal fossile. L’occasione da non perdere è quella di un grande cantiere diffuso di opere di manutenzione e di messa in sicurezza: dai ponti alle strade, dalle scuole ai territori. Diversamente, se ripartiranno le grandi opere inutili, sarà il segno di una totale cecità e incapacità di leggere la fase e che questa classe politica continuerà ad essere spudoratamente al servizio della lobby del cemento e dell’asfalto che ha impoverito e devastato l’Italia.

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