Sequestro milionario al broker finanziario Massimo Bochicchio: tra i sei clienti che si rivolsero a lui anche l’ex amministratore delegato della Midal
Tra i beni sequestrati all’ex consulente finanziario radiato dalla Consob, ci sono quasi 11 milioni di euro di patrimonio tra cui quadri di Giacomo Balla e Mario Schifano, un magazzino a Roma dove erano custoditi i mobili della sua ex casa londinese, una casa a Cortina d’Ampezzo, un vaso di Picasso e vari conti correnti.
È il bilancio dell’operazione eseguita dal Nucleo di polizia economico-finanziaria della Guardia di Finanza di Milano che ha colpito il broker di origine campana, noto per essere finito in un’indagine della Procura di Modena per appropriazione indebita, con l’accusa di aver truffato imprenditori e vip tra cui l’allenatore dell’Inter, Antonio Conte, il calciatore Stephen EI Shaarawy, l’ex Ct della Nazionale Marcello Lippi e il figlio Davide.
La Procura milanese, invece, contesta a Bochicchio un imponente operazione di riciclaggio di denaro dei suoi clienti per circa 30,6 milioni. Infatti, nel provvedimento di sequestro a suo carico, disposto dal gip Chiara Valori su richiesta dei pm Paolo Filippini e Giovanni Polizzi e dall’aggiunto Maurizio Romanelli, viene ricostruito il meccanismo per consentire ad almeno 6 clienti di investire e “rientrare in possesso” di “consistenti fondi” sottratti al Fisco o provento di altri reati come la bancarotta. Tra di loro c’è l’ad di Midal Paolo Barberini, imputato per bancarotta dinanzi al Tribunale di Latina (il processo è in corso presieduto dal giudice Gian Luca Soana) in seguito al crac dell’ex società di distribuzione alimentare Midal.
Bochicchio – come spiega il provvedimento di sequestro – dal 2011 avrebbe “raccolto attraverso le società Kidman Asset Management e Tiber Capital” da lui create, controllate e guidate a Londra “cospicui capitali dei propri clienti“. Il denaro sarebbe stato indirizzato verso investimenti “anche in Paesi a ridotta tassazione, massima tutela della riservatezza e bassa collaborazione giudiziaria, come Singapore, Hong Kong ed Emirati Arabi Uniti, promettendo alti rendimenti e, in caso di necessità, anche l’assoluta riservatezza“.
Lidi off shore che sarebbero stati utili a omettere “i controlli antiriciclaggio prescritti” così da “occultare” o “ostacolare l’identificazione degli effettivi beneficiari delle somme di denaro” investite con strumenti ad “alto rischio”.