Revenge porn, condannato un trentenne di Pontinia. Vittima una giovane ventenne della provincia di Cosenza
È stato condannato a 3 anni di reclusione il trentenne di Pontinia accusato di stalking messo in pratica tramite il cosiddetto “revenge porn”. A emettere la sentenza è stato il giudice monocratico del Tribunale di Latina, Enrica Villani, dopo che il pubblico ministero aveva chiesto una condanna a un solo anno di reclusione.
La storia si dipana tra il 2019 e il 2021 quando il trentenne di Pontinia conosce virtualmente sui social una ventenne della provincia di Cosenza. Tra i due nasce un rapporto virtuale ma molto stretto, tanto che la ragazza invia al giovane pontino una serie di immagini intime. Il rapporto “hot” va avanti in questo modo per diverso tempo, fino a quando la ragazza, che nel processo si è costituita parte civile, assistita dall’avvocato Maurizio Mocellin, decide di finire quella relazione meramente virtuale.
A rimanere in sospeso tra i due giovani sono quelle foto intime che dovrebbero rimanere tali, se non fosse che il trentenne, secondo l’accusa, per vendicarsi della ragazza che aveva deciso di smettere con la relazione, decide di pubblicare quelle immagini. Pubblicazioni riversate soprattutto su Instagram, mentre sui social il ragazzo mette a disposizione per chiunque persino il numero telefonico della “ex fiamma”. Sotto il numero telefonico, l’ammiccante invito architettato da lui che induce gli utenti a chiamare la giovane per imprese di natura sessuale.
Una vicenda che ha parecchi risvolti, considerato che la ragazza, residente in un paesino dell’entroterra cosentino, deve scontare la vergogna e le chiacchiere sul suo conto dopo la pubblicazione di quelle foto. Lo scorso 13 marzo, in udienza, la giovane era stata ascoltata come testimone e aveva confermato quanto da lei subito e anche le conseguenze delle azioni del giovane da lei frequentato. Ad essere ascoltato anche lo zio della ragazza che aveva spiegato di aver ricevuto richieste di amicizie da persone che non conosceva, oltreché ad aver ricevuto immagini “hot” della nipote.
Il processo che nasce da una inchiesta della Polizia Postale. A dare forza all’accusa c’erano anche gli accertamenti degli inquirenti cosentini che avevano dimostrato di come l’IP del dispositivo che pubblicava le foto della giovane proveniva proprio dalla residenza del ragazzo a Pontinia.