La scarsa connettività tra le varie aree protette provinciali è un problema per una gestione corretta di parchi come quello del Circeo e, per di più, influisce su altri ambiti che solo in apparenza non sembrano essere interessati da un disequilibrio di un ecosistema locale. Inoltre, non è solo la specie dei daini ad essere sensibile alla estrema frammentazione del Parco del Circeo, perché anche la lepre comune (Lepus europeus) in provincia, come d’altronde nel resto d’Italia, è stata caratterizzata da una graduale diminuzione dovuta soprattutto all’attività venatoria e, successivamente, al notevole incremento del traffico e della rete stradale con effetti diretti (investimenti) ed indiretti (frazionamento dell’habitat).
Latina Tu si è già occupata della Rete Ecologica Territoriale, lo strumento programmatico in grado di favorire una maggiore mobilità della fauna selvatica, perciò in questo articolo si cercherà di dare evidenza alle ultime iniziative svolte per lo sviluppo del piano strategico territoriale multilivello, dal momento che nella pianificazione della rete ecologica sono coinvolti enti locali come Provincia e Regione, oltre all’Ente Parco, che devono relazionarsi con le disposizioni di Rete Natura 2000, delle Zone Speciali di Conservazione (ZSC), della Direttiva “Habitat” e del D.P.R. 357/97 per la gestione di un parco nazionale, ben tre parchi regionali e numerose aree protette provinciali.
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La Rete Ecologica Regionale del Lazio (REcoRd_Lazio) è parte integrante del Piano Regionale per le Aree Naturali Protette (PRANP). L’elaborazione di questa rete regionale è una competenza assegnata in prima battuta all’Agenzia Regionale per i Parchi della Regione Lazio, soppressa qualche anno fa per essere assorbita dalla Direzione regionale del Capitale Naturale, Parchi e Aree Protette a capo della quale risulta il medesimo dirigente. Il primo step della REcoRd_Lazio si è concluso nel 2010 con l’approvazione di un documento tecnico e di cartografie: l’elaborazione di una metodica per rispondere da una parte agli obblighi normativi a cui essa è legata, e dall’altra alle esigenze di perfettibilità e plasticità legate all’obiettivo stesso della rete, vale a dire la conservazione della biodiversità.
Il PRANP, a sua volta, è lo strumento di definizione dell’assetto delle risorse ambientali regionali e dell’individuazione delle azioni da porre in essere per la loro tutela nell’ambito di un più generale processo di sviluppo sostenibile del territorio regionale. Tutti studi utilissimi perché propedeutici alle iniziative vere e proprie, ma che non hanno trovato altro sbocco se non quello della pubblicazione fine a sé stessa.
In “Verso un Piano per il Sistema delle Aree Naturali Protette del Lazio”, l’Agenzia Regionale Parchi in collaborazione con l’Assessorato all’ambiente della Regione Lazio nel 2011 scrivevano parole indubbiamente condivisibili: “L’obiettivo prioritario che si propone questo volume concerne l’importanza della programmazione e della pianificazione per la gestione di siti naturali di considerevole valore ambientale. In questo senso è necessario, per un’omogenea riorganizzazione delle aree naturali protette, affrontare tematiche e metodologie che toccano i peculiari elementi che le caratterizzano”. Il vuoto che è seguito a queste giuste ma ennesime parole non fa altro che confermare l’abbandono della volontà politica e amministrativa di perseguire lo sviluppo della Rete Ecologica Territoriale nel Lazio e, dunque, anche nella provincia di Latina.
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Nella Deliberazione della Giunta Regionale del 2 agosto 2002, n. 1100 – “Direttive della Giunta regionale per l’adeguamento dello schema di Piano Regionale dei Parchi e delle Riserve Naturali” – si parla di aree individuate nel precedente Schema di piano del 1993, denominate aree protette provinciali non perimetrate delle quali, al pari delle aree di interesse nazionale, regionale e provinciale, “non si può che confermare in senso generale la rilevanza”. Tra queste aree protette provinciali non perimetrate, di cui in 30 anni non è stata ampliata la portata della tutela, sono compresi: Oasi di Buonriposo, Fiume Astura con la zona lago S. Antonio, Torrevecchia-Tenuta del Cavaliere, zona tra Roccamassima ed Artena, Canale delle Acque Alte, zona della Valle del Garigliano – Monte Fuga e i fiumi Sisto, Rio Martino, Ufente, Amaseno. Aree nelle quali può scorgersi indubbiamente il rispetto di prescrizioni ambientali, ma che appaiono tutt’altro che sottoposte a tutela e valorizzazione.
La Provincia di Latina nel 2009 pubblicò copiose documentazioni tra relazioni e tavole cartografiche, in riferimento alla Rete Ecologica Territoriale della provincia pontina. Purtroppo, anche in questo ambito non si è rilevato alcun aggiornamento da 10 anni a questa parte. Inoltre, osservando una delle tavole pubblicate, precisamente la Carta delle strategie in ambito forestale, risalta subito che, da tempo, le istituzioni sono a conoscenza del problema dell’isolamento del Parco del Circeo, considerato che l’area della riserva nazionale pontina è totalmente esclusa dall’interazione con le altre aree protette limitrofe, ed è circondata da ulteriori aree urbanizzate e agricolo-intensive. Questa frammentazione di cui, quindi, si è al corrente da molti anni, è un problema che, irrisolto, causerà sempre più criticità al Parco di Circeo e la questione dei daini è da ritenersi solo l’antipasto.
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La conferma che lo sviluppo territoriale per la tutela ambientale è stato sottoposto ad appetiti e resistenze la si trova nelle righe dell’Adeguamento dello schema di piano regionale dei parchi e delle aree protette del 30 giugno 2002, nel quale vennero scritte parole a dir poco profetiche circa la formazione delle competenze per lo sviluppo sostenibile, un aspetto che avrebbe dovuto assumere un ruolo fondamentale. “Il sistema delle aree naturali protette necessita dell’individuazione di nuovi percorsi di creazione di competenze, professioni e politiche, capaci di rispondere alla sfida che attende le aree protette nei prossimi anni. Creare nuove competenze nei parchi significa innalzare il livello di capacità progettuale, l’efficienza degli investimenti, rafforzare le scelte e le strategie di sviluppo locale“.
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In questa relazione viene spesa qualche parola anche sulla carenza di una reale politica di coordinamento tra le aree protette regionali con quelle locali e statali: “Lo scollamento tra queste componenti del sistema, frutto dell’azione frammentata degli anni passati, determina, di fatto, l’impossibilità di garantire quelle caratteristiche di omogeneità e di diffusione proprie di una rete ecologica di livello nazionale, tesa a partecipare in modo qualificato alla creazione di una rete europea. Questo problema si traduce in ritardi e differenze tra i vari sistemi di aree presenti attualmente nel nostro Paese, in carenze strutturali che determinano una diversa velocità con la quale le aree naturali protette acquisiscono il ruolo di strumenti per la realizzazione della strategia dello sviluppo sostenibile“.
Il nuovo Piano del Parco Nazionale del Circeo di cui molti ne attendono l’approvazione, infatti, è bloccato nella stessa Direzione regionale Capitale Naturale Parchi e Aree Protette responsabile della Rete Ecologica Territoriale della Regione Lazio. Per velocizzarne l’attuazione, nel contesto del collegato al bilancio, è in discussione l’eliminazione del passaggio in Consiglio regionale per cedere la validazione del Piano ad una semplice Delibera di Giunta. Una soluzione che implicherebbe un venire meno del bilanciamento democratico in favore di una maggiore speditezza burocratica nei mesi a venire.
Come possono le istituzioni locali, però, parlare di sviluppo sostenibile dei territori senza risultare autoreferenziali, se la macchina amministrativa provinciale e regionale si inceppa per resistenze interne e non dà più segnali sul piano operativo?
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