RESET, LA SENTENZA CHE ASSOLVE IL CLAN: “DISCRASIE E CONTRADDIZIONI NEL NARRATO DEI COLLABORATORI”. REGGONO LE ESTORSIONI MAFIOSE

/
Da sinistra: Alessandro Zof, Gianluca Ciprian, Costantino “Cha Cha” Di Silvio, Angelo “Palletta” Travali e Francesco Viola. Sono tutti accusati dalla DDA di far parte del medesimo Clan Travali

Reset, sono state rese pubbliche le motivazioni della sentenza che lo scorso gennaio ha assolto 24 imputati su 31 nel processo al clan Travali/Di Silvio

Dopo sei mesi dalla sentenza che, a gennaio scorso, ha fatto crollare le accuse della Direzione Distrettuale Antimafia di Roma in merito all’associazione mafiosa del clan Travali, il terzo collegio del Tribunale di Latina, composto dalla terna di giudici, Mario La Rosa, Paolo Romano e Roberta Brenda, ha depositato le motivazioni. Una sentenza, pronunciata dopo circa dieci ore di camera di consiglia, era stata sicuramente inaspettata e aveva fatto discutere la città di Latina.

Una pronuncia che aveva decapitato il castello accusatorio sull’associazione mafiosa dedita al narcotraffico, disponendo invece le accuse per estorsione con metodo mafioso a carico di Angelo Travali (12 anni e 3 mesi di reclusione), Salvatore Travali e Angelo Morelli (10 anni) e Costantino “Cha Cha” Di Silvio (8 anni e 4 mesi).

Leggi anche:
RESET, CROLLANO LE ACCUSE DELL’ANTIMAFIA: PER IL TRIBUNALE DI LATINA NON C’È UN CLAN TRAVALI-DI SILVIO

Condanne anche per Valentina Travali a 2 anni di reclusione, Denis Cristofori a 2 anni e 8 mesi e Corrado Giuliani a 3 anni. Assolti tutti gli altri, accusati di associazione mafiosa, a cominciare da coloro indicati dalla DDA come i fornitori della droga al clan Travali /Din Silvio: Alessandro Zof, Valeriu Cornici e Luigi Ciarelli.

Una sconfitta per la Direzione Distrettuale Antimafia, al netto di possibili ricorsi in Corte d’Appello. In sede di requisitoria, i pubblici ministeri della DDA di Roma, Luigia Spinelli (ora Procuratrice Aggiunta di Latina) e Francesco Gualtieri, avevano chiesto 412 anni di carcere complessivi.

In sostanza, il clan Travali/Di Silvio, pur avendo subito condanne singole per estorsione aggravate dal metodo mafioso, non è un sodalizio mafioso. Questa fu la sentenza del Tribunale di Latina.

Assolti anche il poliziotto (ex Squadra Mobile di Latina) Carlo Ninnolino e l’imprenditorie Riccardo Pasini, che avevano già incassato l’assoluzione “padre” denominato “Don’t Touch”. Ninnolino era accusato di aver passato informazioni d’indagine al clan; l’altro, Pasini, era accusato di aver fatto da tramite tra il poliziotto e Angelo Travali. Entrambi avevano ottenuto l’assoluzione con l’istituto del “ne bis in idem”, ossia perché processati per la seconda volta in merito agli stessi fatti.

Ma cosa dicono le motivazioni? Come spiega l’incipit della sentenza, nella parte delle motivazioni, il processo denominato “Reset” prende le mosse dalle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia Renato Pugliese e Agostino Riccardo, entrambi sodali del gruppo “Di Silvio-Travali”, operante nella città di Latina nel periodo compreso tra il settembre 2014 e l’ottobre 2015 come dimostrato dalla sentenza irrevocabile emessa nel procedimento cosiddetto “Dont’t Touch”. “Core businness” del clan sono le estorsioni ai danni di commercianti, professionisti e imprenditori di Latina (e non solo) e lo spaccio di sostanze stupefacenti, oltreché ai rapporti con la politica (esclusi dalle imputazioni del processo Reset).

Riguardo all’associazione dedita al narcotraffico, in cui mancano due personaggi significativi come “Cha Cha” Di Silvio e Francesco Viola, la sentenza del terzo collegio – relatore Paolo Romano – spiega che “emergono alcune aporie che, come si dirà, indeboliscono la prospettazione accusatoria che di fatto sostiene l’esistenza di un’associazione, per così dire parallela, operante non solo nella città di Latina, ma anche nei Comuni della provincia”.

Ad essere messe in discussione da parte del Tribunale sono i riscontri del “narrato dei collaboratori di giustizia circa l’esistenza di una collaudata associazione”, la quale “avrebbe dovuto trarsi dalle operazioni di intercettazioni, che, invece, si sono rivelate pressocché irrilevanti”.

“Il primo indizio dei rapporti in essere tra Angelo e Salvatore Travali e i fornitori, Zof, Cornici, Ciarelli e Ciprian, e tra i loro referenti nei territori della provincia di Latina, avrebbe dovuto trarsi infatti dai contatti telefonici, pressocché assenti”.

I giudici del terzo collegio non potevano che soffermarsi sulle dichiarazioni dei collaboratori, in particolare di Pugliese e Riccardo, sebbene nel processo Reset sia stato ascoltato anche un terzo collaboratore, Andrea Pradissitto, mentre il quarto, Maurizio Zuppardo, è uscito dal programma di protezione proprio nelle more del processo quando fu lui stesso a rendere pubblico di essere stato estromesso dal Ministero dell’Interno.

Riccardo e Pugliese hanno svolto un ruolo dirimente nell’accertare che il clan per cui tradirono quello dei Travali, ossia i Di Silvio capeggiati da Armando Di Silvio detto “Lallà”, è mafioso, così come stabilito dalla sentenza irrevocabile del processo “Alba Pontina”.

Un lettera di presentazione di tutto rispetto, ma che non rende solido il fatto che Pugliese e Riccardo sono stati condannati per associazione mafiosa anche nel rito abbreviato del processo Reset. Infatti, quella sentenza non è stata impugnata. “Il narrato – spiega la sentenza Reset è stato valutato dal Collegio parzialmente attendibile emergendo dall’istruttoria in modo piuttosto evidente, specialmente per la posizione di Agostino Riccardo, un racconto preciso, circostanziato e corroborato da elementi di riscontro con riferimento alle estorsioni commesse personalmente dal collaboratore in concorso con alcuni degli imputati di questo procedimento”.

Ad ogni modo il narrato di Riccardo “è apparso generico, poco lineare e privo di riscontri individualizzanti per quanto concerne il reato associativo e gli addebiti di cui ai capi 2), 3), 8) e 9) della rubrica, potendosi individuare nella differente fonte di conoscenza dei fatti appena menzionati, solo de relato, il motivo dell’attendibilità frazionata delle sue dichiarazioni”.

Per Renato Pugliese, “il cui racconto si concentra solo su una parte degli addebiti elevati in questo procedimento, in special modo i primi capi e quelli relativi alla vicenda Avossa-Parlapiano, valgono le medesime considerazione in punto di attendibilità”.

I due pentiti non sono considerati solidi quando parlando degli scarichi di droga che sarebbero stati organizzati dal clan e forniti da personaggi quai Alessandro Zof, Valeriu Cornici e Luigi Ciarelli. Le loro dichiarazioni non avrebbero riscontri e alcuni di loro non vengono supportati da quanto dichiarato dall’altro: “presentano talune discrasie non di poco conto, vieppiù che una fonte di conoscenza di Riccardo sarebbe proprio l’altro collaboratore di giustizia, oltre, come detto, a ZOF e Angelo Travali”. Racconti poco convincenti, anche se si considera il tempo passato rispetto ai fatti contestati.

Se a reggere sono le estorsioni di tipo mafioso, anche quella molto dibattuta ai danni di Avossa-Parlapiano, ad essere annullata dalla sentenza è la contestazione del cosiddetto “74”, ossia l’associazione dedita allo spaccio, completamente crollata. Genericità e contradditorietà sono i termini utilizzati per descrivere le dichiarazioni di Pugliese e Riccardo rispetto allo smercio di droga che sarebbe stato gestito dal clan.

Le risultanze prese in esame non consentono, ad esempio, di pervenire ad un’affermazione di responsabilità a carico di Luigi Ciarelli, considerato il fornitore di hashish del clan, così come quelle a carico di Alessandro Zof e Valeriu Cornici. Il Tribunale, peraltro, rigetta anche la richiesta di inviare gli atti in Procura per falsa testimonianza riguardo a diversi testimoni chiamati a parlare di questi soggetti e ai loro rapporti con il clan Travali.

“Il solo elemento organizzativo emerso dalle dichiarazioni dei collaboratori, in particolare Agostino Rirccardo, sono riunioni mattutine, a cui prendevano parte solo alcuni dei sodali, senza avere alcuna informazione sul contenuto di tali riunioni, e degli incontri con cadenza bisettimanale in occasione dei quali venivano corrisposti i proventi al capo, Angelo Travali, senza conoscere quale fosse la retribuzione spettante a ciascun sodale per il contributo prestato e senza nemmeno conoscere, con riferimento alle posizioni di coloro a cui sarebbe stata affidata una piazza di spaccio al di fuori della città di Latina in che modo, a loro volta, smerciassero la droga, a dire dei collaboratori ricevuta in grossi quantità. A grosse quantità non può corrispondere certamente un solo pusher per di più referente territoriale del gruppo”.

Una sentenza tendenzialmente chiara, al di là della condivisione dell’esito: non si può provare l’associazione tesa alla droga, mentre reggono quasi tutte le estorsioni più gravi, così come il metodo mafioso alla base di queste.

Nell’estorsione per cui è stato condannato “Cha Cha” Di Silvio, personaggio carismatico del sodalizio, ai danni di un avvocato di Latina, i giudici scrivono: “L’elemento costituivo della minaccia si rinviene nell’atteggiamento intimidatorio tenuto dal Di Silvio, il quale, come già rilevato rispetto ad altri episodi che avevano coinvolto membri dell’associazione per delinquere da lui capeggiata e che, in quel periodo – come emerso a seguito delle sentenze rese nell’ambito del processo cosiddetto “Don’t Touch” – spadroneggiava a Latina, non ha dovuto neanche scomodarsi nel prospettare un male ingiusto o altre conseguenze negative alla persona offesa per il caso in cui si fosse opposta alla sua richiesta, sufficienti essendo state la sua inquietante e insistente presenza e l’angosciante riferimento al fatto che, se l’avvocato non gli avesse consegnato i soldi richiesti, lui avrebbe “sbroccato”, lasciando all’immaginazione della persona offesa stabilire quali ritorsioni avrebbe potuto attuare”.

IL PROCESSO – Il processo, come noto, è quello che contestava l’associazione mafiosa alla cosca di Latina che, negli anni di “Maiettopoli” (i primi anni Dieci, fino agli arresti avvenuti con l’operazione “Don’t Touch” nel 2015), dominava incontrastato le piazze di spaccio del capoluogo pontino, tra estorsioni, intimidazioni e rapporti opachi con imprenditoria, professionisti e politica. L’indagine denominata “Reset” è stata conclusa dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Roma e dalla Squadra Mobile di Latina, sulla scorta delle dichiarazioni dei due collaboratori di giustizia, ex affiliati al clan Travali, Agostino Riccardo e Renato Pugliese, a cui si sono aggiunte quelle dell’altro collaboratore di giustizia, Andrea Pradissitto, ex intraneo al clan Ciarelli, e quelle, poi abortite, dell’ex pentito Maurizio Zuppardo. L’ordinanza di custodia cautelare in carcere a carico di 19 dei trentuno imputati fu eseguita il 17 febbraio 2021.

Trenta imputati tra cui pesi massimi della criminalità latinense come Costantino “Cha Cha” Di Silvio, Alessandro Zof e Luigi Ciarelli, vale a dire il numero tre del sodalizio rom “Ciarelli” e considerato, in questo processo, come il fornitore di hashish della banda dei Travali, capeggiata da Angelo Travali detto “Palletta”. Il collegio difensivo è stato composto dagli avvocati Angelo e Oreste Palmieri, Frisetti, Nardecchia, Marino, Montini, Righi, Gullì, Marcheselli, Cardillo Cupo, Cencioni, Zeppieri, Siciliano, Sarnataro, Vita, Pisani, Irace, Vitelli, Farau, Censi, Iucci e Coronella.

I reati contestati, a vario titolo, erano diversi: associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, aggravata dal metodo mafioso, numerose estorsioni aggravate anch’esse dal metodo mafioso, oltreché a ipotesi di corruzione in atti contrati ai doveri d’ufficio in capo al poliziotto (ex Squadra Mobile di Latina) Carlo Ninnolino, Riccardo Pasini e Angelo Travali.

“Un pezzo della storia di questa città“, è con queste parole che il pubblico ministero della Direzione Distrettuale Antimafia, Luigia Spinelli, aveva definito questo processo ad apertura della sua requisitoria svoltasi a inizio dicembre: al centro, i membri del clan Travali/Di Silvio che, secondo gli inquirenti, hanno imperversato per circa tre lustri sul capoluogo di provincia fino all’ottobre del 2015 quando furono arrestati con l’operazione “Don’t Touch” (per cui sono state emesse condanne passate in giudicato).

Un processo difficile, iniziato il primo marzo del 2022 davanti alla Corte d’Assise del Tribunale di Latina, presieduta dal giudice Gian Luca Soana, poiché tra i capi d’imputazione era compreso l’omicidio del rumeno Nicolas Giuroiu. La Corte d’Assise, ad aprile dello stesso anno, si era giudicata incompetente sul processo per associazione mafiosa, ritenendo di dover separare i due procedimenti: da una parte il processo per associazione mafiosa finalizzata ai reati di spaccio, estorsioni ecc.; dall’altra, quello per concorso in omicidio con l’aggravante per mafiosa in capo solo ai due fratelli Travali, Angelo e Salvatore. Per entrambi, come noto, sono arrivate due assoluzioni. In particolare, nella sentenza d’Appello, che ha assolto Angelo Travali (condannato a 21 anni in primo grado), i giudici romani hanno evidenziato la inattendibilità dei collaboratori di giustizia Renato Pugliese e Agostino Riccardo, ex affiliati al clan Travali, le cui dichiarazioni costituiscono il perno delle accuse rivolto al sodalizio di origine rom. Ovviamente, l’inattendibilità è riferita al caso dell’omicidio Giuroiu e non già a tutte le dichiarazioni rese negli anni.

Ad ogni modo, il processo “Reset”, dopo lo scorporo avvenuto ad aprile 2022, è iniziato davanti al terzo collegio, presieduto dapprincipio dal giudice Laura Morselli e, in seguito, dal collega Mario La Rosa che, dallo scorso settembre, ha impresso un vero e proprio “tour de force”, sino a celebrare anche tre udienze a settimana fino a dicembre. La svolta si è resa necessaria perché uno dei processi antimafia più importanti della storia di Latina, se non il più importante, rischiava di concludersi dopo che le misure cautelari di diversi imputati fossero scadute, esattamente in data 16 gennaio.

Leggi anche:
RESET, CLAN TRAVALI: ASSOLTO CIARAVINO

Articolo precedente

ATTI VANDALICI AI CENTRI ANZIANI E MINORI DI CISTERNA: IDENTIFICATI DUE MINORENNI

Articolo successivo

TROVATO ALLA STAZIONE DI FONDI E ARRESTATO: DEVE SCONTARE UNA PENA PER SPACCIO

Ultime da Giudiziaria