RESET, ALTRI TRE MESI PER LA SENTENZA CHE HA ASSOLTO IL CLAN TRAVALI/DI SILVIO DAL 416 BIS

Da sinistra: Alessandro Zof, Gianluca Ciprian, Costantino “Cha Cha” Di Silvio, Angelo “Palletta” Travali e Francesco Viola. Sono tutti accusati dalla DDA di far parte del medesimo Clan Travali

Reset, il Tribunale di Latina ha chiesto una proroga di 90 giorni per concludere le motivazione della sentenza di gennaio

Una sentenza che ha fatto discutere buona parte della città di Latina, sicuramente inaspettata, e che, a gennaio, è stata certamente un colpo forte contro una inchiesta, quella denominata “Reset”, sulla quale la Direzione Distrettuale Antimafia di Roma e la Squadra Mobile di Latina aveva puntato molto. A tre mesi dal pronunciamento del terzo collegio del Tribunale di Latina, composto dai giudici Mario La Rosa, Paolo Romano e Roberta Brenda, c’era attesa per le motivazioni di una sentenza che aveva assolto 24 imputati su 31 finiti alla sbarra.

La data di scadenza per la pubblicazione della sentenza era fissata per l’8 aprile ma il Tribunale di Latina ha chiesto una proroga di 90 giorni. Tra tre mesi, quindi a giugno, il relatore Paolo Romano metterà a disposizione delle parti la sentenza con le motivazioni alla base delle quali è caduta l’associazione mafiosa dedita al narcotraffico contestata al clan Travali e a personaggi del calibro di Gianluca Ciprian, Alessandro Zof e Luigi Ciarelli. Una richiesta di proroga di altri tre mesi che testimonia la complessità della sentenza, anche in ragione del fatto che il relatore – il giudice Paolo Romano – è esentato da svolgere il ruolo di giudice monocratico in Tribunale proprio per avere il tempo di scriverla.

Una pronuncia, quella di gennaio, che ha fatto crollare totalmente il castello accusatorio sull’associazione mafiosa dedita al narcotraffico: tutti assolti per questo reato, tanto che, alla fine della lettura del dispositivo, gli imputati presenti in aula e i loro parenti hanno applaudito fragorosamente e fatto festa dentro e fuori dal Tribunale.

Alla fine, ad essere condannati, sono stati solo in sette: Angelo Travali a 12 anni e 3 mesi di reclusione, Salvatore Travali e Angelo Morelli a 10 anni e Costantino “Cha Cha” Di Silvio a 8 anni e 4 mesi. Condannati per estorsione con l’aggravante mafiosa e l’interdizione perpetua dai pubblici uffici, sebbene per alcuni capi il reato è stato riqualificato in truffa, incassando anche prescrizioni e assoluzioni.

Condanne anche per Valentina Travali a 2 anni di reclusione, Denis Cristofori a 2 anni e 8 mesi e Corrado Giuliani a 3 anni. Assolti tutti gli altri, accusati di associazione mafiosa, a cominciare da coloro indicati dalla DDA come i fornitori della droga al clan Travali /Din Silvio: Alessandro Zof, Valeriu Cornici e Luigi Ciarelli.

Assolti anche Davide Alicastro, Ermes Pellerani, Christian Battello, Fabio Benedetti, Antonio Neroni, Antonio Giovannelli, Dario Gabrielli, Manuel Ranieri, Mirko Albertini, Silvio Mascetti, Alessandro Anzovino, Matteo Gervasi, Francesca De Santis, Tonino Bidone, Shara Travali, Vera Travali, Giorgia Cervoni e Ciccio Della Magna. Per coloro che non hanno altre condanne da scontare in carcere, il Tribunale ha disposto l’immediata liberazione.

Una sconfitta per la Direzione Distrettuale Antimafia, al netto di possibili ricorsi in Corte d’Appello, per il quale, ad ogni modo, ci sarà ancora da attendere. In sede di requisitoria, i pubblici ministeri della DDA di Roma, Luigia Spinelli e Francesco Gualtieri, avevano chiesto 412 anni di carcere complessivi.

Il processo, come noto, è quello che contestava l’associazione mafiosa alla cosca di Latina che, negli anni di “Maiettopoli” (i primi anni Dieci, fino agli arresti avvenuti con l’operazione “Don’t Touch” nel 2015), dominava incontrastato le piazze di spaccio del capoluogo pontino, tra estorsioni, intimidazioni e rapporti opachi con imprenditoria, professionisti e politica. L’indagine denominata “Reset” è stata conclusa dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Roma e dalla Squadra Mobile di Latina, sulla scorta delle dichiarazioni dei due collaboratori di giustizia, ex affiliati al clan Travali, Agostino Riccardo e Renato Pugliese, a cui si sono aggiunte quelle dell’altro collaboratore di giustizia, Andrea Pradissitto, ex intraneo al clan Ciarelli, e quelle, poi abortite, dell’ex pentito Maurizio Zuppardo. L’ordinanza di custodia cautelare in carcere a carico di 19 dei trentuno imputati fu eseguita il 17 febbraio 2021.

Trenta imputati tra cui pesi massimi della criminalità latinense come Costantino “Cha Cha” Di Silvio, Alessandro Zof e Luigi Ciarelli, vale a dire il numero tre del sodalizio rom “Ciarelli” e considerato, in questo processo, come il fornitore di hashish della banda dei Travali, capeggiata da Angelo Travali detto “Palletta”. Il collegio difensivo è stato composto dagli avvocati Angelo e Oreste Palmieri, Frisetti, Nardecchia, Marino, Montini, Righi, Gullì, Marcheselli, Cardillo Cupo, Cencioni, Zeppieri, Siciliano, Sarnataro, Vita, Pisani, Irace, Vitelli, Farau, Censi, Iucci e Coronella.

I reati contestati, a vario titolo, erano diversi: associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, aggravata dal metodo mafioso, numerose estorsioni aggravate anch’esse dal metodo mafioso, oltreché a ipotesi di corruzione in atti contrati ai doveri d’ufficio in capo al poliziotto (ex Squadra Mobile di Latina) Carlo Ninnolino, Riccardo Pasini e Angelo Travali. I primi due, Ninnolino e Pasini, coinvolti anche nel processo “padre” di “Reset”, ossia “Don’t Touch”, erano stato assolti per i reati di associazione per delinquere e rivelazione di segreto d’ufficio: l’uno, Ninnolino, era accusato anche nel processo che si è concluso oggi di aver passato informazioni d’indagine al clan; l’altro, Pasini, era accusato di aver fatto da tramite tra il poliziotto e Angelo Travali.

“Un pezzo della storia di questa città“, è con queste parole che il pubblico ministero della Direzione Distrettuale Antimafia, Luigia Spinelli, aveva definito questo processo ad apertura della sua requisitoria svoltasi a inizio dicembre: al centro, i membri del clan Travali/Di Silvio che, secondo gli inquirenti, hanno imperversato per circa tre lustri sul capoluogo di provincia fino all’ottobre del 2015 quando furono arrestati con l’operazione “Don’t Touch” (per cui sono state emesse condanne passate in giudicato).

Un processo difficile, iniziato il primo marzo del 2022 davanti alla Corte d’Assise del Tribunale di Latina, presieduta dal giudice Gian Luca Soana, poiché tra i capi d’imputazione era compreso l’omicidio del rumeno Nicolas Giuroiu. La Corte d’Assise, ad aprile dello stesso anno, si era giudicata incompetente sul processo per associazione mafiosa, ritenendo di dover separare i due procedimenti: da una parte il processo per associazione mafiosa finalizzata ai reati di spaccio, estorsioni ecc.; dall’altra, quello per concorso in omicidio con l’aggravante per mafiosa in capo solo ai due fratelli Travali, Angelo e Salvatore. Per entrambi, come noto, sono arrivate due assoluzioni. In particolare, nella sentenza d’Appello, che ha assolto Angelo Travali (condannato a 21 anni in primo grado), i giudici romani hanno evidenziato la inattendibilità dei collaboratori di giustizia Renato Pugliese e Agostino Riccardo, ex affiliati al clan Travali, le cui dichiarazioni costituiscono il perno delle accuse rivolto al sodalizio di origine rom. Ovviamente, l’inattendibilità è riferita al caso dell’omicidio Giuroiu e non già a tutte le dichiarazioni rese negli anni.

Ad ogni modo, il processo “Reset”, dopo lo scorporo avvenuto ad aprile 2022, è iniziato davanti al terzo collegio, presieduto dapprincipio dal giudice Laura Morselli e, in seguito, dal collega Mario La Rosa che, dallo scorso settembre, ha impresso un vero e proprio “tour de force”, sino a celebrare anche tre udienze a settimana fino a dicembre. La svolta si è resa necessaria perché uno dei processi antimafia più importanti della storia di Latina, se non il più importante, rischiava di concludersi dopo che le misure cautelari di diversi imputati fossero scadute, esattamente in data 16 gennaio.

Giudicati separatamente, il broker del narcotraffico Gianluca Ciprian (citato non solo dai collaboratori di giustizia Renato Pugliese e Agostino Riccardo, ma anche dal “pentito” più recente, Andrea Pradissitto, come fornitore di cocaina del clan rom), oltreché a Giovanni Ciaravino e Francesco Viola che hanno optato per il rito abbreviato. Ciprian è stato estradato ieri, 9 gennaio, dalla Spagna dove scontava una condanna per aver acquistato una partita di quintali di cocaina. Avrebbe dovuto essere processato con l’accusa di associazione mafiosa dedita allo spaccio ma, dopo la sentenza odierna che l’ha fatto cadere, è incerto come procederà la DDA nei suoi confronti.

Le posizioni di Ciaravino e Viola, invece, sono finite in Cassazione: il secondo ha rimediato una condanna a oltre 14 anni per aver commesso estorsioni anche con il metodo mafioso (non tutte), mentre per Ciaravino la Suprema Corte ha annullato con rinvio la sua condanna di appartenere al sodalizio mafioso con finalità di narcotraffico.

Nel processo Reset, in tutto, erano ventinove le parti offese tra imprenditori, professionisti, commercianti e anche avvocati: nessuna di loro si è costituita parte civile e molti di questi, interrogati come testimoni in aula, hanno infarcito la loro deposizione di “non ricordo” e ricostruzioni piuttosto omissive. Di molti dei testimoni della difesa (ma non solo), i pubblici ministeri hanno chiesto che fossero acquisiti gli atti al fine di indagarli per falsa testimonianza. Un clima di omertà e talvolta di paura è emerso nelle parole e negli occhi dei testimoni.

Costituiti come parti civili il Comune di Latina, assistito dall’avvocato Cavalcanti, e l’associazione antimafia “Antonino Caponnetto”, difeso dagli avvocati Benedetta Manasseri e Felicia D’Amico. A loro, il Tribunale di Latina ha riconosciuto il risarcimento di 20 mila euro per ciascuno.

Alla fine, si possono fare due conti: il processo di primo grado si è svolto in circa tre anni: da marzo 2022 a gennaio 2025. Circa cinquanta le udienze che hanno visto sfilare un centinaio di testimoni. Per i giudici pontini a Latina non è mai esistito il clan Travali/Di Silvio. Questa è stata la verità giudiziaria, di cui solo a giugno si conosceranno le motivazioni.

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