RAPINA A MANO ARMATA DA “TRECCIONI”: PELUSO CONDANNATO A 8 ANNI

Rapina a mano armata presso la gelateria di Latina “Treccioni”: si è concluso il processo a carico di uno dei due accusati

Si è concluso il processo a carico del 43enne Carlo Peluso, accusato di aver messo a segno la rapina presso la nota gelateria Treccioni di Latina un anno fa, esattamente lo scorso 4 settembre 2023, insieme al complice Paolo Coppola (49 anni).

Entrambi di Latina e noti alle forze dell’ordine per svariati precedenti (Coppola peraltro è stato recentemente destinatario della misura della sorveglianza speciale) sono stati processati separatamente. Peluso è stato processato col giudizio immediato, mentre Coppola, il cui processo si concluderà prossimamente, è giudicato col rito ordinario da un altro collegio del Tribunale di Latina.

Peluso, assistito dall’avvocato Sandro Marcheselli, al momento ristretto nel carcere di Via Aspromonete, era presente in aula, scortato dagli agenti della polizia penitenziaria. Al termine di una camera di consiglio durata poco più di un’ora, il II collegio del Tribunale di Latina composto dai giudici Nadile-Villani-Romano ha emesso una sentenza di condanna: 8 anni di reclusione e interdizione perpetua dai pubblici uffici, oltreché a 1600 euro di multa. Peluso è stato condannato per il reato principale, vale a dire la rapina aggravata, e per quello di furto del motorino con cui si sarebbe recato in gelateria per realizzare la rapina. Assolto, invece, per il possesso dell’arma con cui sono state minacciate le dipendenti del locale e la ricettazione, derivante dal furto del secondo motorino trovato dai poliziotti durante la perquisizione.

Una condanna appena più bassa, in termini di anni, rispetto a ciò che chiedeva il pubblico ministero Valerio De Luca, che ha svolto la requisitoria: 10 anni di reclusione e 3mila euro di multa. Secondo il pubblico ministero, ci sono indizi che fanno ritenere colpevole Peluso oltre ogni ragionevole dubbio, come i capi di vestiario rinvenuti nella casa di Paolo Coppola, nella quale i poliziotti, all’atto della perquisizione, trovarono anche Carlo Peluso. E, soprattutto, i due caschi e i due motorini – un Honda Sh e uno Scarabeo – entrambi rubati. È con l’Sh che i due avrebbero compiuto la rapina.

Una ricostruzione, quella del Pm, completamente rigettata dall’avvocato difensore Marcheselli che ha spiegato di come il processo concluso oggi è di tipo indiziario, senza alcun quadro probatorio solido. Il legale, nel chiedere l’assoluzione piena del 43enne, ha evidenziato che il casco ritrovato, e individuato dai poliziotti come quello utilizzato per compiere la rapina, non può dirsi essere lo stesso indossato dai due banditi per fare la rapina. Ed è in dubbio, secondo l’avvocato, anche il riconoscimento effettuato da uno dei poliziotti nei confronti di Peluso. Il 43enne, infatti, è stato individuato per il modo di camminare e come impugnava la pistola con la mano sinistra, anche in ragione di un vecchio processo celebrato anni fa che vedeva tra gli imputati il Peluso stesso. Né, secondo il legale, è nitida l’immagine immortalata dalle telecamere di video-sorveglianza: anche in questo caso, niente direbbe che a commettere la rapina sia stato Peluso, per di più non risultando nessun testimone. Peluso e Coppola, secondo l’arringa dell’avvocato, sono tossicodipendenti ed erano incapaci di intendere e volere anche nel momento della perquisizione avvenuta in una zona popolare di Latina, ad alto tasso di criminalità (le case cosiddette “Arlecchino”). Insomma, secondo l’avvocato, Peluso è un tossicodipendente, bisognosa di cure, che non avrebbe mai potuto portare a termine una rapina a mano armata.

A maggio, durante la prima udienza del processo, l’agente di Polizia, che ha partecipato alle indagini e all’arresto di Coppola e Peluso, ha spiegato di come sono state svolte le indagini tramite l’ausilio delle immagini della video-sorveglianza privata di un locale del Palazzo di Vetro, dove si trova l’esercizio commerciale rapinato. Dalle immagini, si vedeva con evidenza che una dipendente della gelateria e l’addetta alle pulizie vennero raggiunte e minacciate da uno dei rapinatori sceso dal motorino guidato dal complice. Dopodiché scattarono le perquisizioni a carico di Coppola il quale, secondo la Polizia di Stato, aveva partecipato alla rapina, così come Peluso riconosciuto dal modo di camminare e impugnare con la mano sinistra l’arma, che, però, non è stata mai trovata.

Ad essere trovati i due motorini, entrambi rubati, che sarebbero stati utilizzati per l’atto criminale e per fuggire. Quando i poliziotti andarono nell’appartamento di Coppola, trovarono invece Peluso che non aprì la porta di casa e che, al contrario, da quanto riferito dal poliziotto, avrebbe fatto finta di dormire. Nel soggiorno di casa, i poliziotti trovarono i caschi, identici a quelli con cui i due uomini hanno travisato i loro volti nel corso della rapina.

Dopo l’arresto, davanti al giudice per le indagini preliminari, Mario La Rosa, Paolo Coppola Carlo Peluso, assistiti dagli avvocati Moreno Gullì, Sandro Marcheselli e Valentina Sartori, avevano deciso di rispondere negando tutti gli addebiti. Peluso aveva ammesso di aver rubato lo scooter con cui è stata consumata la rapina e che poi è stato ritrovato in Viale Nervi, nel complesso dei Palazzoni, negando di aver compiuto la rapina.

I due uomini furono arrestati dalla Polizia di Stato che li teneva d’occhio da quando era stato commessa l’azione criminale. Entrambi hanno precedenti penali e sono volti noti delle rapine e dei furti aggravati.

Al momento della rapina, erano presenti nel locale le due donne, rimaste evidentemente scioccate da ciò che è capitato. Una di loro, chiamata a testimoniare nel corso del processo, non ha potuto riconoscere i rapinatori, dal momento che entrambi indossavano il casco. L’irruzione dei due banditi fu veloce e violenta: arrivati con uno scooter mentre il locale stava per chiudere e minacciate le due donne, i due soggetti fuggirono immediatamente una volta ricevuti i soldi, circa 3mila euro. Il locale, come noto, si trova in Via Pierluigi Nervi, nel complesso del cosiddetto Palazzo di Vetro, più volte finito al centro della cronaca per violenza, prostituzione e anche rapine.

Il mezzo utilizzato dai due banditi per rapinare la gelateria è stato successivamente ritrovato ai Palazzoni, in Q4. Lo scooter, un Honda Sh, rubato, apparteneva a un ragazzo che vive proprio al Palazzo di Vetro, dove si trova la gelateria, che ovviamente nulla a che fare con la rapina. Il mezzo fu sequestrato per gli accertamenti e poi restituito al legittimo proprietario.

Scontato il ricorso di Peluso in Corte d’Appello.

Articolo precedente

“MOTORI E ROSSE EMOZIONI”, LA DUE GIORNI A NORMA

Articolo successivo

CELEBRATI I 101 ANNI DEL CARABINIERE IN PENSIONE NICOLA SBATTELLA

Ultime da Giudiziaria