Scritto da Nicola Reale, ex consigliere comunale di Sperlonga
26 agosto 2023. Sono a Sperlonga per alcune incombenze familiari. Momentaneamente non dispongo della mia autovettura e sono costretto a fare ritorno a Gaeta utilizzando il servizio di trasporto pubblico della Cotral. Decido di prendere l’ultima corsa della giornata e l’orario ufficiale dell’Azienda dice che il bus proveniente da Terracina farà la sua unica fermata a Sperlonga, in Viale Lepanto, alle ore 21:10. Alle 21:05 sono alla fermata, già pronto con il mio biglietto in mano. Smanetto sul cellulare per ingannare i minuti di attesa e nel frattempo leggo un articolo di giornale inviatomi da un amico. Il bus tarda ad arrivare. Leggo un secondo articolo, poi un terzo e poi un quarto. Intanto si sono fatte le 21:30.
Mi avvicina una turista straniera e, in un italiano stentato ma comprensibile, mi chiede se il pullman passerà. La tranquillizzo dicendole che 20 minuti di ritardo in questa landa di territorio italiano sono del tutto normali. Alle 21:40 mi avvicinano altre due ragazze, anch’esse straniere: appaiono alquanto agitate e, tra il loro italiano e il mio inglese, capisco che devono raggiungere la Stazione ferroviaria di Formia per poi proseguire per Roma e che ormai rischiano di perdere la coincidenza con il treno sul quale devono ricongiungersi con altre amiche. Ormai non sussistono più le condizioni per tranquillizzare le nostre giovani turiste. Posso solo cavarmela con una battuta: dico loro che, in queste situazioni, noi italiani rivolgiamo una preghiera a San Cristoforo, il santo protettore dei viaggiatori. Mi guardano perplesse… poi scoppiamo a ridere. Intanto il tempo passa. Siamo tutti con lo sguardo fisso nel buio in direzione della provenienza del bus, ma non se ne vede alcuna traccia.
Altri due turisti italiani, con accento lombardo, mi chiedono notizie della “navetta” che stanno aspettando da 45 minuti per raggiungere il centro storico di Sperlonga. Sparita anche la navetta. Si sono fatte le 22: devo farmi coraggio e dire alle turiste straniere che c’è qualche buon motivo per ritenere che nessun pullman per Gaeta-Formia passerà prima della mattina del giorno seguente. Da questo momento le tre turiste straniere cominciano a snocciolare una serie di proposte su come risolvere o almeno tamponare il problema del bus sparito nel nulla. «Lei ha il numero telefonico della Cotral?».
«Sì», rispondo.
«Allora provi a sentire se mandano un autobus sostitutivo».
«Gli uffici della Cotral a quest’ora sono chiusi e comunque non rispondono mai, neanche di giorno».
«Allora andiamo al posto di Polizia e chiediamo qualche forma di assistenza», incalza la ragazza.
«A Sperlonga non c’è Polizia, ci sono i Carabinieri e la loro Stazione è attiva fino alle ore 16, dopo di che risponde la Stazione di Terracina».
«Ma questo è inammissibile!», si lascia sfuggire la ragazza.
«Si, ha ragione», devo ammettere a malincuore, «ma qui da noi l’inammissibile è la norma». «Non possiamo neanche dormire in un albergo perché sono tutti pieni», aggiunge l’altra ragazza inglese.
A questo punto interviene la irlandese: «Io passo la notte sulla spiaggia e domattina prendo il primo bus per Formia».
Strabuzzo gli occhi e le chiedo: «Ma lei in Irlanda passerebbe la notte da sola sulla spiaggia?». Risposta: «Sì, certo, l’ho fatto tante volte!»
E io: «Allora, mi dia ascolto, lo faccia in Irlanda e lo eviti in Italia, se non vuole mettere a rischio la sua incolumità personale». E aggiungo: «Comunque domani è domenica e di domenica non ci sono autobus che possano portarla a Formia».
Non ci crede. L’ho convinta solo facendole vedere le tabelle orarie sul sito internet della Cotral.
Ormai la mia è diventata una missione per salvare vite umane in pericolo. Comincio a telefonare a destra e a manca per riuscire ad avere il numero telefonico dell’unico taxi privato di Sperlonga, ma nessuno sa darmelo… e vedo spegnersi la speranza che si era accesa sui volti delle ragazze.
Provo allora a contattare amici e parenti alla ricerca di qualcuno che sia nelle condizioni di ospitare (anche a pagamento) le tre sventurate. Risultato negativo.
Le due inglesi vanno via, non so verso quale destino.
Resto a parlare con la irlandese per convincerla che la sua nuova idea di andare a piedi alla Stazione di Fondi per poi raggiungere Roma col primo treno del mattino è folle e piena di rischi di ogni tipo. Lei mi guarda stralunata e mi chiede perché. Allora mi viene in mente quel titolo a sei colonne sulla prima pagina di un giornale di Dublino che, diversi anni fa, annunciava che una ragazza era stata disturbata alla fermata di un bus e le rispondo: «Perché lei vive in un mondo civile, mentre qui siamo ancora all’homo homini lupus (l’uomo è lupo per gli uomini). Per fortuna capiva anche il latino.
Mi rendo conto che è mio preciso dovere umanitario salvare quest’anima candida: telefono ad un caro amico, gli spiego la situazione e gli chiedo di accompagnare in auto la ragazza alla stazione ferroviaria di Formia e poi, tornando, lasciare me a Gaeta.
Durante il tragitto per Formia le chiedo perché vada in giro portando sulle spalle una chitarra rinchiusa in una grande fodero rigido. Apprendo così che è una cantautrice, che è in Italia per preparare un concerto che dovrà fare a Roma e che ha già pubblicato una decina di CD con canzoni scritte, suonate e cantate da lei. Mi dà il suo biglietto da visita, ci scambiamo i recapiti telefonici e mi dice che quando sarà decisa la data del prossimo concerto mi chiamerà per invitarmi.
È passata da poco la mezzanotte quando la lasciamo alla stazione di Formia. Alle 4:08 prenderà il primo treno per Roma. Nel salutarla le chiedo scusa a nome dell’Italia per i disagi che ha dovuto subire.
Rimettendo in moto la vettura, il mio amico sbotta: «E’ da criminali far saltare alle 21 l’ultima corsa del trasporto pubblico lasciando la gente per strada. Agli occhi degli stranieri facciamo proprio una figura di merda…».
Mentre agito il braccio fuori dal finestrino per rispondere al saluto della cantante irlandese, replico al mio amico: «Perlomeno abbiamo dimostrato che ci sono anche italiani con un minimo livello di civiltà».
Ma questo non attenua l’amarezza di pensare che in mille cose siamo un paese da Terzo Mondo.