Condannato il professore pedofilo Alessandro Frateschi, uno dei genitori ha voluto scrivere una lettera aperta dopo la sentenza
“A un anno circa dal primo arresto è arrivata finalmente la sentenza che ha, in modo chiaro e netto condannato, il pedofilo Alessandro Frateschi. Siamo soddisfatti perché é stata fatta giustizia ma allo stesso tempo rimane un senso di amarezza in quanto nessuna condanna, né alcuna somma di denaro, potrà mai restituire gli anni dell’adolescenza a mio figlio e togliere di colpo le paure c le insicurezze che ancora ne minano ii percorso di vita. Ma siamo fiduciosi di essere sulla strada giusta così come eravamo fiduciosi un anno fa quando, appresa la tragica notizia da mio figlio, abbiamo deciso di denunciare lt tutto e iniziare un percorso faticoso e pieno di insidie che ci ha tolto, salute, serenità, sicurezze e sonno. E la sentenza di oggi ci ripaga sicuramente di parte di quelle fatiche e ci conferma che vale Ia pena, mettendosi in gioco, combattere per Ia giustizia e per il futuro dei nostri ragazzi.
Permettetemi di ringraziare in ordine meramente cronologico chi ha consentito di arrivare a questo risultato a cui va in primis il ringraziamento da padre, oltre che da cittadino. Un sentito grazie, per l’eccellente lavoro svolto, sperando di non aver dimenticato nessuno, va in ordine meramente cronologico partendo dalla fine al Giudice Laura Morselli, al Pubblico Ministero Giorgia Orlando, alla Consulente della Procura Alessia Micoli che ha effettuato le perizie sui ragazzi, al GIP Giuseppe Molfese, al Pubblico Ministero Carlo La Speranza, al consulente della Procura che ha ascoltato i ragazzi, Jacopo Bruni,al consulente informatico della Procura Marco Zonaro. E ancora ai Consulenti della Procura Maria Cristina Setacci e Alberto D’Argenio, al Tenente dei Carabinieri Monica Loforese, alla Garante dell’Infanzia e dell’Adolescenza della regione Lazio, Monica Sansoni, vero motore di tutta l’indagine come chiaramente emerge dalla copiosa documentazione agli atti, a tutti gli uomini e le donne di Stato che nell’ombra hanno svolto il proprio lavoro con grande professionalità, dignità e abnegazione.
Prima di fare alcune personali riflessioni sui personaggi che ho citato, un sentito grazie va principalmente a tutti i ragazzi protagonisti di questa vicenda, che a vario titolo e con tempi e modalità diverse, hanno consentito di far emergere uno spaccato inquietante della vita del condannato. Vi parlo per esperienza personale e per quello che ho potuto leggere, vedere, ascoltare e capire durante tutte le udienze, vi posso assicurare che hanno avuto un grande coraggio e una grande determinazione che dove essere d’esempio e di monito per noi adulti. Si sono messi in gioco, senza fare calcoli di convenienza come purtroppo avviene, e hanno lottato affinché venissero interrotte le condotte criminali all’interno dell’ambiente prossimo al reo che, come da più parti, è emerso non ha brillato di certo per le stesse virtù e ragioni.
Innanzitutto, vi hanno messo la faccia, sembra banale, ma solo Ioro, accompagnati dai loro cari, hanno fatto riecheggiare nell’aula con le loro testimonianze il grido forte di verità e giustizia. II condannato che pure gridava la propria innocenza ai quattro venti, mai si presentato preferendo ripararsi dietro Ia sterile difesa dei propri avvocati. Cosi come altri protagonisti hanno preferito come si è più voile detto e si ribadirà in seguito volgersi dall’altra parte.
Non è un caso, a mio modesto parere, che Ie principali artefici di questo processo sono state Ie donne (naturalmente quelle che si sono collocate dalla parte della legge e diversamente da quelle che citerò dopo) che più degli altri posseggono l’istinto materno, istinto naturale volto alla protezione sempre e comunque dei propri figli.
Ritorno, a titolo di esempio, sulla Garante Sansoni che, come emerge ancora quotidianamente non ha arrestato la sua azione volta alla tutela delle vittime, e che qualcuno toccato evidentemente nei propri biechi interessi ha osato definite “rovina famiglie”. Ebbene ricordo che Ia rovina famiglie è stata oggetto, e lo ricorderete tutti di atti intimidatori durante proprio la conduzione di questa inchiesta.
Forse chi giudica dall’alto della sua saccenza con il titolo di maestrina dalla penna rossa farebbe bene a farsi un profondo esame di coscienza (se ancora ne possiede una).
Dopo i ringraziamenti occorre però sottolineare una serie di atteggiamenti omissivi e a tratti sgradevoli che si sono registrati durante questo ultimo anno. Innanzitutto, vi invito a guardare con occhio critico l’atteggiamento assunto dalle istituzioni preposte e principalmente toccate dalla vicenda. Non si è visto, almeno io non ne sono a conoscenza e mi piacerebbe essere smentito, un segno di reale vicinanza da parte della Chiesa Pontina, non dei singoli sacerdoti che naturalmente hanno manifestato personalmente la propria vicinanza, ma dell’Istituzione nei confronti del ragazzi (a parte uno scarno comunicato tipo bollettino medico) neanche nei confronti di tutti i ragazzi ma di quelli più deboli e indifesi che purtroppo non hanno alle loro spalle dei genitori su cui contare. È una vergogna. Eppure il condannato: lavorava in Curia; era stato segnalato dalla stessa Curia per insegnare al liceo Majorana nel qua le avrebbe poi perpetrato le proprie azioni a danno del ragazzi; era stato ordinato Diacono permanente.
Questi sono fatti, non chiacchiere. Ricordo, inoltre, che il condannato dopo essere stato cacciato dalla scuola, ha continuato a lavorare all’Istituto per il Sostentamento del Clero, in Curia, diviso dalle vittime che lo avevano denunciato solamente da una strada. E vi rimane a lavorare fino all’arresto per poi successivamente scoprire, dando pubblicità della notizia urbi et orbi sulla stampa, il giorno dell’incidente probatorio dei ragazzi il 4 aprile 2024, che probabilmente (vi è una denuncia con le indagini tutt’ora in corso) ha sottratto ingenti somme di denaro che gli onesti cittadini versano in sede di dichiarazione dei redditi alla Chiesa Cattolica: le somme dell’8 per mille.
Non dico altro se non che agli atti del processo sono emerse situazioni moralmente discutibili su alcuni rappresentanti del Clero pontino, che sono oggetto di chiacchiericcio nei crocicchi fuori dalle messe perché tutti sanno ma nessuno interviene e non si sa perché.
Ricordo a tal proposito che come anche riportato con ampio risalto sulla stampa che durante il processo sono circolate delle foto e una lettera che ritrarrebbero un sacerdote della nostra Diocesi in comportamenti diciamo poco consoni al proprio Ministero. Dobbiamo indignarci per questo e segnalare il tutto a chi di dovere.
Anticipo che personalmente, anche per dare un senso a questa storia ed evitare che ciò possa ripetersi, eleverò il mio grido nelle sedi competenti a vigilare su tali istituzioni affinché si possa cambiare. E mi pare che lo stesso Papa Francesco abbia evidenziato, ultimamente diciamo delle anomalie sul clero.
Sono contento, seppure la vicenda sia anch’essa drammaticamente tragica, che nell’ultimo caso di Terracina assurto alle cronache si sia immediatamente intervenuto ripristinando i dovuti cordoni di sicurezza e denunciando senza indugio i fatti alle autorità competenti. Da ultimo voglio rivolgere un appello a coloro che a mio avviso già erano e ormai alla lace della sentenza sono ancora collocati dalla parte sbagliata della storia.
A parte l’amarezza di non aver ricevuto neanche per interposta persona un messaggio di vicinanza nei confronti di mio figlio da parte di persone che reputavo in primis “di famiglia” e con le quali sono stati percorsi grandi e importanti momenti della vita insieme, perché ci si è arroccati sulle proprie posizioni e questo forse ci può anche stare, rivolgo un appello affinché si smetta, come fatto invece in passato, di punzecchiare, insultare, inviare o far pervenire messaggi a allusivi, e mi rivolgo a tutti familiari e amici degli stessi, perché se vogliono conoscere la verità ce l’hanno a portata di mano e basta leggere le carte, vedere immagini e video e non inventarsi trame o congiure nei propri confronti”.