PROCREAZIONE ASSISTITA: DALLA REGIONE 277MILA EURO AL GORETTI

/
Ospedale Santa Maria Goretti
Ospedale Santa Maria Goretti

Il Decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri del 12 gennaio 2017 ha definito e aggiornato i Livelli essenziali di assistenza e all’art. 24 (punto 1 lett. i) prevede la “consulenza, supporto psicologico e assistenza per problemi di sterilità e infertilità per procreazione medicalmente assistita (PMA)”. “La donazione di cellule riproduttive”, per quanto sia specificato che le coppie debbano contribuire ai costi delle attività, è contemplata dall’art. 49. In questo quadro anche il servizio sanitario della Regione Lazio ha dovuto rimboccarsi le maniche per competere in una materia precedentemente ad appannaggio dei privati. Lo scorso primo gennaio l’Assessore Sanità e integrazione Socio-sanitaria della Regione Lazio Alessio D’Amato ha dichiarato che un Decreto del Commissario ad Acta Nicola Zingaretti, ancora non pubblicato, ha approvato le linee di indirizzo per il Fondo per le tecniche di Procreazione Medicalmente Assistita (PMA) da ripartire tra i centri pubblici. Il Fondo regionale ammonta a 4,3 milioni di Euro di cui più di 1,5 milioni al Pertini, 840mila al San Filippo Neri, 700 all’Umberto I, 635 al Sant’Anna, 300 al San Camillo e 277 all’Ospedale Santa Maria Goretti di Latina. Questa volta, a guardare bene, ci siamo anche noi, non solo la sanità romana!

Assessore alla Sanità e Integrazione socio-sanitaria Regione Lazio, Alessio D’Amato

LE ECCELLENZE PUBBLICHE  DELLA NOSTRA REGIONE

A parte l’ironia amara sul fatto che la fetta più grande delle risorse è riservata, come spesso è accaduto, agli ospedali romani, che il Pertini, grazie all’Unità Operativa dipartimentale di Fisiopatologia della Riproduzione e Andrologia, diretta da Rocco Rago, fosse divenuto un centro di eccellenza per la PMA negli ultimi anni lo si sapeva. Rago, a dire il vero, tra il 2001 e il 2014 era Direttore dell’unità di Andrologia del Goretti, poi siccome era troppo bravo, hanno ben pensato di lasciarlo andare via! Non parliamo del Policlinico Umberto I che, grazie alle strutture universitarie, sta svolgendo, tra gli altri, un progetto di ricerca sulla conservazione dei gameti maschili nei pazienti oncologici! Con questi due ospedali, l’Unità Operativa Complessa di ginecologia e ostetricia del Goretti collabora da sempre.

LE CENERENTOLE IN CERCA DI UN RILANCIO

Sul San Filippo Neri e sul Centro per la Salute della Donna e del Bambino Sant’Anna invece Zingaretti ha deciso di puntare a partire dalla scorsa estate, quando entrambi i centri sono stati autorizzati al trattamento di spermatozoi e ovociti da donatori esterni alla coppia (la c.d. eterologa). Il San Filippo Neri, declassato da Azienda Ospedaliera a Ospedale ASL unificato col Santo Spirito, aveva perso sia la cardiochirurgia che la terapia intensiva neonatale. Schiacciato nel quadrante dell’ASL Roma 1 (Roma Nord) dall’agguerrita concorrenza della sanità cattolica del Policlinico Gemelli e di Villa San Pietro Fatebenefratelli, sembrava destinato a un triste declino: qualcosa a titolo compensativo bisognava pur dargliela! Del resto al Gemelli l’eterologa non interessa. Nel 2014 il direttore dell’Istituto di Bioetica dell’Università Cattolica Antonio Spagnolo dichiarò: “La fecondazione eterologa a causa dell’anonimato va contro il diritto del nascituro a conoscere i propri genitori biologici. E dalla prospettiva della coppia la genitorialità risulta frammentata…il bambino non nasce come frutto dell’amore tra due persone ma perché un gruppo di medici riceve dei gameti e li mette insieme”. Il Poliambulatorio Sant’Anna del quartiere Salario era invece divenuto il target preferito di reclami e lamentele da parte dei pazienti, Zingaretti sei mesi fa “ci ha messo la faccia” pur di dimostrare che sotto di lui il trend si sarebbe invertito.

Centro per la tutela della Salute della Donna e del Bambino-Sant’Anna (Via Garigliano, Roma)

SPERANDO CHE IL GORETTI RIPARTA PER IL 2019

In questi anni il Goretti aveva a disposizione tutte le apparecchiature necessarie e il “know how” del personale per svolgere qualsiasi tipo di tecnica. La normativa antincendio e la mancanza di un’unità semplice di anestesia, all’interno di quella complessa di Ginecologia e Ostetricia, ha impedito che si potesse attuare la procreazione assistita di II e III livello. In sostanza tutto ciò che concerneva il monitoraggio e la stimolazione dell’ovulazione nonché l’inseminazione “in vivo”, che fosse intrauterina, intravaginale, intracervicale, intratubarica o intraperitoneale, veniva praticato, ma di fecondazione “in vitro” manco a parlarne!  In questo contesto abbiamo perso anche Francesco Maneschi, medico palermitano con doppia specializzazione in ostetricia e ginecologia e in chirurgia oncologica, sempre il massimo dei voti, esperienze anche in Germania e negli Stati Uniti! Oggi Maneschi è direttore della UOC di ginecologia del San Giovanni Addolorata, al suo posto il reggino Francesco Antonino Battaglia. Battaglia ha fatto negli anni della tenacia e della perseveranza le proprie virtù: direttore di ostetricia del San Filippo Neri proprio quando le politiche regionali smontavano “pezzetto per pezzetto” quella che era una struttura di eccellenza. Per il ginecologo calabrese la carenza di anestesisti non sarebbe neppure un problema, si può sempre ricorrere al soccorso della UOC di Rianimazione, ma la normativa antincendio vigente fino ad oggi ha impedito tassativamente di praticare tecniche di fecondazione extracorporea. Per intenderci se l’inseminazione semplice può essere svolta in strutture aventi le stesse prerogative di un normale ambulatorio, la fecondazione “in vitro” è sottoposta a requisiti analoghi a quelli di una sala operatoria di chirurgia generale. Una volta superato l’ostacolo del Certificato Prevenzione Incendi l’unità potrà praticare ogni genere di trattamento.

L’INSEMINAZIONE SEMPLICE (I LIVELLO)

Si parla di tecniche di I livello (“in vivo”), quelle da sempre praticate al Goretti, in tutti quei casi in cui la fecondazione ha inizio e si esaurisce all’interno del corpo della madre del nascituro. Il liquido seminale, proveniente dall’uomo appartenente alla coppia (inseminazione omologa) o da un donatore (eterologa), viene prelevato tramite una micropipetta e depositato nella vagina (inseminazione intravaginale, Ivi), nella cervice uterina (inseminazione intracervice, Ici), nelle tube (inseminazione intratubarica, Iti), nell’addome (inseminazione intraperitoneale) o nella cavità uterina (inseminazione intrauterina, IUI). Lo spermatozoo può essere utilizzato senza essere preventivamente congelato, c.d. tecnica “a fresco”, oppure può essere crioconservato a -196°, c.d. tecnica “a scongelamento”. Le coppie utilizzano l’inseminazione quando c’è un problema di passaggio degli spermatozoi nel muco cervicale. La tecnica in vivo permette di depositarli direttamente nell’utero. In alternativa può esser utilizzata per i casi di scarsa quantità, motilità o anomalie nella forma dei gameti maschili. Lo sperma viene infatti precedentemente trattato per migliorarne numero e qualità.

Inseminazione intrauterina

TECNICHE DI II E III LIVELLO (FIVET, ICSI, GIFT)

Tecniche di II livello sono tutte quelle in cui la fecondazione avviene al di fuori del corpo della donna, al cui interno verrà trasferito l’embrione, e non il gamete maschile. Tra queste tecniche le più praticate in Italia sono la Fecondazione in vitro con trasferimento dell’embrione (FIVET) e l’Iniezione intracitoplasmatica dello spermatozoo (ICSI). La FIVET consiste nel far incontrare l’ovulo e lo spermatozoo in un mezzo esterno al corpo della donna, e una volta fecondato l’ovocita, se si sviluppa l’embrione, viene trasferito nell’utero. L’ICSI è basata su uno spermatozoo che “in vitro” viene iniettato nell’ovocita attraverso lo spazio tra membrana plasmatica della cellula uovo e le cellule follicolari (zona pellucida). Una volta che l’ovocita è fecondato, l’embrione viene trasferito nell’utero. Sia la Fivet che la Icsi possono essere praticate con ovociti ed embrioni non congelati, oppure con ovociti od embrioni crioconservati. In entrambe le tecniche sia lo spermatozoo che il gamete femminile possono provenire dalla coppia (fecondazione omologa), oppure possiamo avere uno dei due gameti proveniente da un soggetto esterno alla coppia (fecondazione eterologa). Se le tecniche di II livello possono esser svolte in anestesia locale, le tecniche di III livello richiedono sempre la sedazione “profonda” con intubazione. Tra queste la più nota è quella basata sul trasferimento dentro le tube dei gameti (GIFT) tramite laparoscopio. Mentre nella FIVET si trasferisce nell’utero un embrione nato in vitro dall’incontro dei gameti maschili e femminili, nella GIFT si prelevano gli ovociti e gli spermatozoi e si trasferiscono contemporaneamente nelle tube. Il laparoscopio è un sottile tubicino che permette di vedere l’aspetto degli organi interni grazie ad un sistema di illuminazione e ad una telecamera a fibre ottiche. Senza laparoscopio che guida i due gameti, l’anestesia generale non è necessaria e la GIFT viene qualificata di II livello. Si ricorre a tecniche di II e III livello in caso di endometriosi, occlusione delle tube, alterazione degli spermatozoi nel numero, nella motilità o a causa di danni morfologici, alterazioni genitali maschili che impediscono ai gameti di essere immessi nell’eiaculato e in caso di fallimento delle tecniche di I livello. Sia nel caso delle tecniche di I che di II e III livello il trattamento può essere preceduto da una stimolazione ovarica tramite assunzione di farmaci (agonisti o antagonisti dell’ormone di rilascio delle gonadotropine).

FIVET: l’incontro tra gli spermatozoi e gli ovuli

L’ADEGUAMENTO ALLA NORMATIVA ANTINCENDIO

Il “Documento programmatico sugli investimenti straordinari per l’ammodernamento” dello scorso 3 dicembre della Regione Lazio, stralcio I.B.1, oltre a prevedere uno stanziamento di 9 mln e 400mila euro a favore del Goretti per la costruzione di una nuova palazzina di 3mila mq che permetterebbe l’attivazione del DEA di II livello, ha previsto ulteriori 2.709.102 euro. Questa cifra servirebbe sia a potenziare la diagnostica per immagini a vantaggio della rete di emergenza cardiologica, si tratterebbe di dotarsi di un angiografo fisso, sia all’esecuzione dei lavori per adeguare l’intero Ospedale alla normativa antincendio. Il 95% della somma sarebbe a carico dello Stato, il restante 5% a carico della Regione. I lavori verrebbero 878.265 euro, gli oneri di sicurezza 26.347, 1mln 3oomila gli arredi e attrezzature. A questi 2mln 200mila si aggiungano agli 580mila euro tra spese tecniche, incentivi ex art. 113  D.Lgs 50/2016 (normativa sui contratti pubblici), IVA ed imprevisti. I soldi sono stati appena allocati, ma poi si tratterebbe di indire una gara, attendere i tempi di Legge per la presentazione delle offerte e da qui l’aggiudicazione. Prima dell’estate la U.O.C. di ginecologia e ostetricia potrebbe attivare prestazioni quali la fecondazione “in vitro” o la intracitoplasmatica? Vuoi che in Italia su un bando di quasi 3mln di euro non ci siano ricorsi? Beh, in quest’ultimo caso saremmo fortunati se l’Unità del dott. Battaglia potesse operare a pieno regime per la fine del 2019.

Iniezione intracitoplasmatica dello spermatozoo (ICSI).

LE VICISSITUDINI DELLA LEGGE 40 DEL 2004

Tuttora la Procreazione medicalmente assistita ha come atto normativo di riferimento la Legge 40 del 2004. Le norme nazionali non hanno mai previsto un limite d’età di accesso alla PMA per le donne. Cosicché le singole Regioni sotto questo aspetto si sono diversamente disciplinate: nel Lazio il limite è 43 anni, mentre Emilia Romagna, Abruzzo e le due Province autonome di Trento e Bolzano hanno recentemente innalzato il limite da 43 a 46 anni. Il Veneto aveva precedentemente un limite di 50 anni per l’omologa e 43 anni per l’eterologa, poi una sentenza del TAR del 2015 ha accolto un ricorso contro la deliberazione di Giunta che prevedeva diverse condizioni per l’accesso alle due tecniche: oggi anche per l’eterologa è 50 anni. L’art. 14 comma 2 della 160 prevedeva inizialmente un limite di 3 embrioni in unico impianto, successivamente la Corte Costituzionale con la sentenza 151 del 2009 ha dichiarato illegittima questa norma. L’inserimento di più di tre embrioni per ogni ciclo, sebbene consentito, è tuttavia raramente attuato. Sono tre i cicli massimi (i tentativi) ammessi nella nostra Regione, ma su questo la normativa nazionale non pone alcuna imposizione. L’ art.4 comma 3 vietava l’ eterologa, ma la sentenza della Consulta n.164 del 2014 ha dichiarato il divieto incostituzionale perché lesivo dell’autodeterminazione delle coppie sterili e infertili in relazione alle proprie scelte procreative. Sono fortunatamente passati i tempi del turismo procreativo verso la Spagna. Ora però la nostra Regione ha il dovere di contrastare la mobilità sanitaria interregionale, verso Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna in particolare, e la preferenza delle coppie verso il privato convenzionato.

 

 

Articolo precedente

LATINA BENE COMUNE. IL BILANCIO DI UN MILITANTE: “CONTINUEREMO CON L’IDEA DI UNA LATINA LIBERA”

Articolo successivo

NOMINATO CAVALIERE DELLA REPUBBLICA IL SOCIOLOGO SABAUDIANO MARCO OMIZZOLO

Ultime da Attualità