Processo Scheggia: è ripreso in Aula il dibattimento per il procedimento che vede sul banco degli imputati l’ex consigliera regionale Gina Cetrone
Dopo la lunga udienza dello scorso 17 maggio in cui l’ex consigliera regionale del Pdl (fino al 2012) e imprenditrice originaria di Sonnino Gina Cetrone è stata esaminata dai Pm Luigia Spinelli e Corrado Fasanelli (leggi approfondimento al link in evidenza di seguito), oggi è ripreso il processo con il contro-esame della principale imputata. Per quanto riguarda gli altri imputati, Armando Di Silvio è stato già interrogato, mentre l’ex marito di Cetrone, Umberto Pagliaroli, e il figlio di “Lallà”, Gianluca Di Silvio detto “Bruno”, hanno optato per non essere ascoltati in Aula.
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Ad essere ascoltato quest’oggi anche l’ex deputato di Fratelli d’Italia ed ex Presidente del Latina Calcio Pasquale Maietta. Come noto, i reati contestati agli imputati sono estorsione, atti di illecita concorrenza, violenza privata, più gli illeciti connessi alle elezioni amministrative di Terracina 2016, tutti aggravati dal metodo mafioso.
L’udienza odierna è ripartita, come detto, con il controesame di Gina Cetrone da parte del suo avvocato difensore Lorenzo Magnarelli. Cetrone ha ribadito di aver chiesto, dopo le elezioni regionali del 2013, un incontro con i vertici di Fratelli d’Italia per capire cosa stesse succedendo. L’ex esponente politico, a cui Riccardo aveva detto che le stavano facendo le scarpe, ha spiegato di aver chiesto chiarimenti, in particolare, per la nomina come coordinatore comunale a Cisterna dell’imprenditore Tintisona.
“Rampelli (ndr: attuale vice-presidente della Camera dei Deputati) – ha dichiarato Cetrone – mi disse che quelle di Riccardo erano delle bugie. È falso, inoltre, che ho dato a Riccardo 80mila euro per la campagna elettorale e men che meno alla presenza di Francesco Viola e Alessandrini (ndr: all’epoca dei fatti capo-ultrà dei tifosi del Latina Calcio)”.
Cetrone ha ripetuto di volere un confronto in aula con il collaboratore di giustizia, le cui dichiarazioni sono dirimenti per questo processo, Agostino Riccardo e con l’imprenditore di Pescara il quale, secondo l’accusa, sarebbe stato vittima di estorsione (lei e l’ex marito mandanti, Riccardo e i Di Silvio gli esecutori).
Sulle elezioni del 2016 (Comunali di Terracina), per le quali l’imprenditrice è accusata di essersi rivolta a Riccardo e ai Di Silvio in merito all’attacchinagigo dei manifesti di propaganda elettorale, interrogata dal suo avvocato, Cetrone ha detto di conoscere Armando Cusani: “Mi chiamò per le provinciali del 2009. Nel 2016 Cusani arrivò col suo autista ed è falso che fu accompagnato da Riccardo“.
Ha negato ogni addebito, Cetrone, anche sull’estorsione all’imprenditore di Pescara, spiegando di come lo stesso imprenditore ha avuto con lei rapporti di lavoro anche dopo la presunta estorsione. “Mi chiese di non incassare un assegno così come ha dichiarato anche il suo socio”. La tesi della difesa è che se Cetrone fosse stata nella posizione di estorsore non avrebbe mai potuto continuare i suoi rapporti con l’imprenditore, per di più facendogli il favore di non incassare un assegno che le doveva.
Per quanto riguarda le telefonate intercorse con Riccardo e Di Silvio, Cetrone ha negato di averli mai chiamati per la campagna elettorale. Al massimo ha richiamato Agostino Riccardo perché avrebbe visto un numero sconosciuto sul cellulare e per sincerarsi aveva composto il numero per capire chi fosse. Non sono mancati da parte dell’imprenditrice alcuni attacchi al Dirigente della Squadra Mobile di Latina Giuseppe Pontecorvo, individuato come la persona che, secondo lei, non avrebbe svolto le indagini correttamente. Secondo Cetrone, anche l’incontro a casa della madre nel quale l’imprenditore di Pescara sarebbe stato accerchiato da Riccardo e da un Di Silvio, e da cui poi ebbe inizio la vicenda dell’estorsione, sarebbe un grosso equivoco e una foto della madre, poi pubblicata su Facebook, lo dimostrerebbe. Nell’immagine, mostrata in Aula, l’auto dell’imprenditore abruzzese non è ostruita da nessuna auto, segno che nessuno lo costrinse a casa della madre a Capocroce (Sonnino). Al che il Pm Spinelli, presente in aula, ha spiegato che dalla foto non si evince né data né orario.
“Fu l’imprenditore a dirmi che c’era Riccardo a casa di mia madre e andai in escandescenza. L’imprenditore mi pagò, senza bisogno di nessuna estorsione. Ho tutta la documentazione. Il 20 maggio 2016 mi versò 58mila euro. Mia madre, l’11 aprile 2016 (nda: giorno in cui l’imprenditore, secondo l’accusa, fu minacciato da Riccardo), scattò foto all’auto dell’imprenditore: era libera, nessuno mai lo ha accerchiato”. La campagna elettorale del 2016 per le Comunali di Terracina fu condotta, secondo Cetrone, dai ragazzi candidati nella sua lista: “A me non serviva Riccardo, avevo 14 candidati che si occupavano nella campagna elettorale 2016″.
L’avvocato Magnarelli ha chiesto, quindi, che sia sentita in aula la madre di Gina Cetrone, sostenendo che nella foto del 2016 (pubblicata su Facebook), nella quale l’auto dell’imprenditore non risulta bloccata da un’altra auto, risulta sia data che orario. Il Tribunale, ascoltato anche l’avvocato Palmieri che difende Armando “Lallà” Di Silvio e il figlio Gianluca Di Silvio, si è riservato e deciderà se accogliere in aula la testimonianza della madre di Cetrone.
Finito l’interrogatorio da parte dell’avvocato Magnarelli, il Pm Luigia Spinelli ha brevemente contro-interrogato Cetrone, così come il giudice a latere Francesco Valentini che ha chiesto chiarimenti sui 50mila euro versati dall’imprenditore. “Aveva un debito con me – ha detto Cetrone – e pagò le forniture in maniera anticipata oltre agli altri arretrati, con scadenza il 25 aprile. L’11 aprile aprile si accorse di aver staccato un assegno dal suo conto personale e per questo mi chiese di non incassato. Io mi fidavo e gli dissi di darmi almeno 15mila euro perché dovevo coprire altre forniture”.
In sostanza, Cetrone si difende sostenendo che avrebbe potuto incassare l’assegno e per correttezza non lo fece. Un comportamento che per la difesa allontana l’accusa di essere estorsore nei confronti dell’imprenditore senza contare che “è ancora mio debitore“.
Prima di ascoltare Maietta, il capo famiglia dei Di Silvio, Armando detto “Lallà”, ha reso ancora una volta dichiarazioni spontanee dichiarando che Riccardo fu picchiato dal figlio defunto Samuele Di Silvio in quanto si era fatto sequestrate la sua auto e anche dall’altro figlio, Ferdinando detto “Pupetto”, perché avrebbe avuto una relazione con la moglie. “Anche io gli ho tirato uno schiaffo perché usava il nome dei Di Silvio“.
In coda a un processo che sta proseguendo a passi spediti (la prossima udienza è fissata il 21 giugno), dopo gli intoppi che si sono verificati nell’autunno passato e fino almeno ad aprile, è stata la volta di Maietta ascoltato come testimone comune e non come indagato per procedimento connesso – sia il Pm Spinelli che il Pm Fasanelli avevano spiegato nelle precedenti udienze che l’ex deputato è indagato in ben due inchieste: minacce al consigliere comunale di Terracina nel 2015 e voto di scambio (iscrizione nel registro degli indagati avvenuta nel 2022).
Maietta ha risposto alle domande del collegio difensivo e a quelle del Pm Spinelli e del Presidente del Collegio Caterina Chiaravalloti, negando di aver mai detto a Riccardo e al gruppo dei tifosi del Latina Calcio, all’epoca infiltrato da Francesco Viola e da altri componenti del Clan Travali, di girare i voti di Cetrone per le Regionali 2013 all’attuale senatore di Fratelli d’Italia Nicola Calandrini, candidato anche lui per la Pisana nove anni fa.
“Riccardo ha detto il falso – ha chiosato Maietta – Nel gennaio 2013, Fratelli d’Italia era appena nata, io ero Assessore al Bilancio. Giorgia Meloni, per il tramite di Di Giorgi, mi propose di far parte della lista così da candidarmi in Parlamento. Dovevamo fare una squadra della provincia in Fdi, tra cui Cetrone che rappresentava l’area dei Lepini. Non c’è stato mai un caso in cui avrei potuto dare voti a Cetrone o Calandrini…e non ricordo nessun incontro tra Riccardo e Di Giorgi, o che Di Giorgi possa essersi mai rivolto per l’attacchinaggio a Riccardo”. Un’affermazione che oltreché smentire il collaboratore di giustizia, va in contrasto anche con quanto detto da Cetrone nella scorsa udienza.
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“Sì conoscevo Riccardo – ha proseguito l’ex deputato – era un ragazzo conosciuto per le sue “attività” e frequentava il gruppo dei tifosi: solo per queste circostanze lo conoscevo. Faccio un esempio: avevo un magazziniere che si arrabbiò perché Riccardo gli aveva venduto un telefono mai arrivato…oppure mia moglie rimase scioccata perché ricordava Riccardo che le chiese soldi per avere indietro il parabrezza rubato all’epoca della scuola”. In tali circostanze, ha spiegato Maietta, ha conosciuto Riccardo, praticamente per la fama di estorsore e malfattore di cui tutti a Latina erano a conoscenza. “Ma mai ho avuto rapporti con lui in contesti elettorali“.
Sugli altri componenti del Clan Di Silvio, Maietta conferma quanto ribadito più volte: “Io ho avuto un rapporto goliardico con Costantino Di Silvio detto Cha Cha. Ha fatto a busta paga per 20 giorni il magazziniere del Latina Calcio nella stagione 14-15, presso il ritiro a Cascia. Ho conosciuto anche Francesco Viola: la sua figura è speculare a quella di Riccardo. Forse Viola aveva un rapporto più stretto con i tifosi e Alessandrini”. E per questo l’avrebbe visto più volte. Niente più.