Mafia apriliana, prosegue il processo presso il Tribunale di Latina riguardante il sodalizio criminale di Forniti e le infiltrazioni mafiose nel Comune
È ripreso il processo, dinanzi al secondo collegio del Tribunale di Latina, composto dalla terna di giudici Nadile-Zani-Trapuzzano Molinaro, derivante dall’imponente operazione di DDA, DIA, Carabinieri e Polizia di Stato denominata “Assedio” che ha portato al commissariamento per infiltrazione mafiosa del Comune di Aprilia. Parti civili, oltreché all’ente comunale, difeso dall’avvocato Massimo Sesselego, l’associazione antimafia “Antonino Caponnetto”, difesa dall’avvocato Benedetta Manasseri, l’associazione “Rete di Giustizia. Il Sociale contro le mafie”, assistita dall’avvocato Fabio Federici e, infine, Libera, difesa dagli avvocati Vincenza Rando e Demetrio Villani.
A rappresentare l’accusa il pubblico ministero della Direzione Distrettuale Antimafia di Roma, Alessandro Picchi. Oggi, 7 novembre, sono stati esaminati l’imprenditore Davide Lemma, un’altra testimone di un imprenditore estorto collegato a Sergio Gangemi e il colonnello dei Carabinieri, Riccardo Barbera, la cui escussione sarà lunga e durerà più di una udienza.
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Sono 19 gli imputati – mancando Patrizio Forniti e la moglie Monica Montenero ancora latitanti dal luglio 2024 quando scattarono gli arresti – che devono affrontare il processo, a cominciare dall’ex sindaco di Aprilia, Lanfranco Principi. Tra di loro anche Luca De Luca, considerato dalla DDA il braccio destro di Patrizio Forniti per il quale, essendo latitante, si procede separatamente così come per la moglie Monica Montenero e Luigi Morra.
Tra gli imputati anche l’imprenditore di Latina, Antonio Fusco, a cui viene contestata l’usura ma anche l’associazione mafiosa, e Sergio Gangemi, l’uomo vicino alla ‘ndrangheta di Reggio Calabria e molto attivo, da anni, in diversi campi di interesse, tra Aprilia, Latina e Roma. Quest’ultimo, però, insieme ai co-imputati Gianluca Vinci e Gianluca Mangiapelo, sarà giudicato col rito abbreviato.
A giudizio anche l’imprenditore apriliano Marco Antolini, Ivan Casentini (nipote del boss Forniti), Antonino Ziino, Nabil Salami, Yesenia Forniti, Riccardo detto Roberto Venditti (del bar la Primula), Sergio Gangemi, Simone Amarilli, Sergio Caddeo, Massimo Picone, Matteo Aitoro, Gianluca Micheli, Gianluca Ambrosini e Giulia De Rosa. Accusati di associazione mafiosa Luca De Luca, Marco Antolini, Invan Casentini, Antonino Ziino, Nabil Salami, Yesenia Forniti, Riccardo Venditti, oltreché a Patrizio Forniti, Monica Montenero e Maurizio Dei Giudici. Deve rispondere del reato del 416bis, anche l’ex primo cittadino Lanfranco Principi. Nel decreto di giudizio immediato, il Gip Patrone ricorda perché, specificando che i fatti a lui contestati vanno dal 2018 fino al luglio 2024 quando è stato arrestato.
Tra i reati contestati, a vario titolo, oltreché al concorso esterno in associazione mafiosa all’ex sindaco Lanfranco Principi, traffico di sostanza stupefacente (cocaina, hashish e marijuana), estorsione aggravata, rapina, lesioni e minaccia, usura ed esercizio abusivo dell’attività finanziaria e detenzione e porto d’armi.
Menzionato nelle scorse udienze, l’ex dirigente del Latina Calcio, Davide Lemma il quale, minacciato dal clan Travali, si sarebbe rivolto a Sergio Gangemi che, a sua volta, lo avrebbe messo in contatto con Patrizio Forniti. Alla fine ci sarebbe stato un accordo: non più minacce a Lemma e, al contempo, Forniti diventò fornitore di droga del clan di origine rom Travali/Di Silvio.
Dei fatti inerenti a Lemma, il primo testimone di giornata, sono stati i due collaboratori di giustizia Agostino Riccardo e Renato Pugliese a riferire agli investigatori e nella scorsa udienza in aula. Lemma è stato esaminato dal pubblico ministero della DDA di Roma, Alessandro Picchi, e contro-esaminato dal nutrito collegio difensivo nutrito collegio difensivo composto dagli avvocati Giuseppe Cincioni, Massimo Biffa, Francesco Mercadante, Oreste Palmieri, Donato Felline, Pietro Pomanti, Gianluca La Penna, Fabrizio D’Amico, Gianluca Tognozzi, Andrea Barbesin, Emilio Siviero, Gianluca Agostini, Pierpaolo Dell’Anno e Francesco Vasaturo.
Lemma ammette nel corso del suo esame rispetto a possibili intimidazioni: “Ho avuto un’auto incendiata e un’auto sparata. Iniziarono le intimidazioni quando fui candidato sindaco nel 2016 a Latina. In quel periodo, Renato Pugluese e Agostino Riccardo mi chiesero di fare i manifesti elettorali e non li feci. In quel periodo avevo il point elettorale al centro Morbella. Gi attentati dolosi, nella mia testa, li ho associati perché rifiutati di fare i manifesti”.
Il pubblico ministero ricorda a Lemma cosa disse agli investigatori: “Francesco Viola, i due fratelli Travali e Agostino Riccardo, prima del 2015, si presentarono nel mio ufficio alla Torre Pontina. Mi chiesero circa 25mila euro come prestito e io dissi di no, sapendo che non era un prestito. Mi dissero, ci risentiamo. Durante la notte cominciai ad avere citofonate a casa, ma non avevo la certezza di chi fosse. Li conoscevo – Pugliese, Riccardo, i Travali e Viola – perché ero stato direttore generale del Latina Calcio e sapevo chi fossero, anche dai giornali quei nomi uscivano”. Gli episodi dolosi, però, avvennero dopo le richieste estorsive dei Travali, sebbene lo stesso Lemma non sappia localizzare nel tempo le circostanze: sono avvenute prima le richieste estorsive alla Torre Pontina o i danneggiamenti di fuoco alle auto?Nell’anno 2015, secondo Lemma, ci furono le richieste estorsive; successivamente – è la cronaca ad arrivare in aiuto – nel mese di settembre 2016, Davide Lemma subì un’intimidazione e si ritrovò l’auto bruciata sotto casa; pochi mesi dopo, a gennaio del 2017, un’altra auto dell’imprenditore parcheggiata sotto l’abitazione fu colpita da due colpi di arma da fuoco. I fatti sono rimasti anonimi e impuniti, e Lemma sporse denuncia.
“All’epoca, prima degli arresti dell’operazione “Don’t Touch” (nda: gli arresti dei Travali, Costantino Cha Cha Di Silvio e altri sodali avvenuti a ottobre 2015), Latina non era una città sicura e non mi sentivo sicuro, ecco perché non ho denunciato: quando si andava in Piazza del Popolo non si era sicuri, ti guardavano storto. Costantino “Cha Cha” Di Silvio e gli altri giravano liberamente per la città. Essendo molto ansioso e pauroso, ho parlato con più di qualche persona, tra cui Antonio Fusco detto Marcello, ma non con la Polizia. Mi procurai una persona per la mia protezione (nda: di cui Lemma non ricorda bene il nome e spiega che tale persona non conosceva la situazione di pericolo) e quella dei miei figli all’epoca piccoli. Fusco non mi disse niente, condivisi le mie preoccupazioni. Io gli dissi che se conosceva qualcuno, di dire a questo qualcuno di non rompermi le scatole perché non avevo mai fatto male a nessuno”.
Per quanto riguarda Aprilia, Lemma nega: “Non è vero nulla di quello che ho letto sui giornali. Mai conosciuto Patrizio Forniti, non so che faccia ho. Qualche volta ho preso un caffè con Sergio Gangemi”. Ma è il pubblico ministero a ricordargli cosa Lemma disse quattro anni fa (2021) alla Direzione Investigativa Antimafia, ossia che Fusco gli disse che avrebbe interpellato Sergio Gangemi e Patrizio Forniti rispetto alle sue preoccupazioni dopo l’ambasciata del clan Travali. L’imprenditore riferì che dopo quel colloquio con Fusco non ebbe più richieste di denaro, al massimo qualche citofonata notturna: “Io – dice Lemma in aula – potevo presumere chi potesse essere Forniti, ma in quel momento non ho pensato nulla”. E su Sergio Gangemi? “Lo vedevo al bar Cifra, ma su di lui conoscevo solo voci che circolavano. Sapevo chi era”.
Dopodiché emerge che fu “Cha Cha” Di Silvio a chiamarlo per dirgli che avrebbe potuto chiamare lui per fermare le richieste estorsive di Viola e i Travali.
Conclusa l’escussione di Lemma, è il colonnello Barbera, all’epoca dei fatti comandante del Reparto Territoriale di Aprilia, a riferire sulla genesi dell’inchiesta divisa in due: la Dia si occupava di Gangemi, mentre i militari dell’Arma di Patrizio Forniti, narcotrafficante di spessore ad Aprilia e indagato da altre Procure d’Italia.
Il colonnello, oggi al Ros di Roma, spiega che nel corso delle indagini, iniziate nel 2018, si accorsero subito che vi era una cosca di Aprilia autonoma e che si relazionava alla pari con le organizzazioni criminali storiche come i Gallace. “Emersero Luca Del Luca che non aveva un rilevante curriculum criminale e l’imprenditore apriliano Marco Antolini. Abbiamo individuato la moglie e la figlia di Patrizio Forniti, oltreché a suo genero Nabil Salami, il nipote Ivan Casentini, Luigi Morra e Antonino Ziino”. L’associazione avrebbe commesso estorsioni, rapine e controllava le piazze di spaccio nella città di Aprilia: “Da tutto il Lazio venivano a rifornirsi di droga dal clan Forniti”.
Il colonnello Barbera, la cui deposizione è durata fino al pomeriggio inoltrato e sarà uno dei punti nodali dell’intero processo (il militare ha coordinato le indagini dei Carabinieri di Aprilia dal 2018 al 2021), ha spiegato che il sodalizio Forniti aveva disponibilità notevole di armi e facevano riunioni, in particolare tra Forniti, De Luca e Antolini: “Si vedevano a casa di Forniti o in bar-ristorante nel centro di Aprilia appartenente a Roberto Venditti, sodale e custode delle armi. Il bar aveva dei tavolini fuori e all’interno, oltreché a un retro-bottega”.
Non mancavano i rapporti con la pubblica amministrazione: “Il sodalizio penetrava il tessuto economico legale della città di Aprilia e l’attività amministrativa. Marco Antolini aveva una ditta, così come Ivan Casentini: erano affiliati e si accaparravano appalti”. A ridosso delle elezioni amministrative del 2018, i militari dell’Arma captano intercettazioni tra Antolini, Casentini e il prossimo vice-sindaco Lanfranco Principi: “Nel 2018, Principi si candidò in una delle liste civiche collegate all’uscente sindaco Antonio Terra. Ad aprile 2018, Antolini organizza un incontro tra Casentini e Principi. Antolini disse a Casentini: “Ti devo presentare un amichetto”.
Quando iniziò l’indagine Forniti era libero, poi nel 2018 fu arrestato dai Carabinieri di Frascati, insieme ai Gangemi, per le estorsioni contro gli imprenditori di Pomezia: “Quando va in carcere, lo monitoriamo – ha detto il colonnello Barbera – e ci troviamo di fronte a comportamenti tipici di organizzazioni criminali. Ad esempio Luca Del Luca riceveva le persone che invece di rivolgersi alla magistratura, andavano da lui”.
Per quanto riguarda l’estorsione agli imprenditori pometini realizzata da Forniti e i Gangemi, il colonnello conferma che Principi e la cosca si sarebbero adoperati affinché l’amministrazione comunale non si costituisse come parte civile.
La forza del clan Forniti si manifesta quando contattarono la cosca di ‘ndrangheta dei Gallace, sodalizio impiantato tra Anzio e Nettuno. Il 10 ottobre 2018, Salami Nabil, a seguito di un alterco con un personaggio detto “Il Turco”, viene malmenato per un diverbio su alcune auto: “Gli spaccò la testa”, spiega il colonnello. Forniti si trovava in carcere e, allora, fu la moglie Monica Montenero e la figlia di Forniti, Yesenia, compagna di Nabil, che organizzarono una spedizione da Aprilia verso Anzio: “Decidono di vendicarsi e convocano una serie di soggetti vicini a loro. Chiamano Simone Amarilli e Sergio Caddeo, cercano il turco ad Anzio, lo bloccano davanti a un locale, gli spaccano la testa e gli rubano 7500 euro più il cellulare”. Prima del pestaggio, fu contattato un personaggio detto “Mario Bros”, ossia Giacomo Madaffari, altro esponente del crimine del litorale sud capitolino, legato ai Gallace.
Ma uno dei punti più forti dell’esame odierno è la disamina delle elezioni comunali di Aprilia, nell’anno 2018. “Principi sigla un accordo elettorale con Casentini e Antolini e sa benissimo con chi parla”. Antolini invitò Principi ad incontrare Casentini per stringere l’alleanza, secondo quanto ricostruito dai militari dell’Arma. L’incontro si verifica il 21 aprile 2018 al Largo delle Rose. Quando Antolini viene a conoscenza che Urbano Tesei e Luigi Benvenuti parlavano della candidatura di Principi, non è contento in quanto il sodalizio aveva deciso di tenere un basso profilo. Da intercettazioni, viene fuori che lo stesso Antolini spiegherebbe al telefono che se non la dovessero smettere lui e Luca De Luca li avrebbero presi a schiaffi.
Il colonnello ricorda tutte le telefonate intercorse tra Antolini e vari interlocutori, tra cui anche imprenditori che chiedevano chi votare: l’indicazione era sempre la stessa, Lanfranco Principi. Tra le intercettazioni citate anche quelle con l’ex comandante della stazione di Aprilia che aveva rapporti con tanti sodali del gruppo Forniti. È lo stesso sodalizio a dire che il comandante dei Carabinieri apriliano dell’epoca, quando c’era da mettere a posto qualche situazione di criminalità, si rivolgeva a Forniti, De Luca e gli altri: così si garantiva la “pax mafiosa”. E d’altra parte, come ricorda il colonnello, rimarcando alcuni passaggi dell’inchiesta, in alcune intercettazioni, uno dei componenti del sodalizio si vanta di aver respinto, come appartenente al clan Forniti, l’avanzata dei Casalesi di Sandokan: “Gli abbiamo detto che Aprilia è casa nostra”.
La ricostruzione delle indagini ripercorre le fasi di preparazione degli appartenenti al sodalizio che lavorano per la candidatura per Principi, sebbene in un passaggio sembrerebbe che Casentini lavorasse anche alla candidatura di Vulcano, candidato sindaco alle comunali 2018. In diverse intercettazioni menzionate dal colonnello, ad ogni modo, si evincerebbe che Casentini si sia adoperato per racimolare voti per Principi e la lista collegata a Terra che sarebbe diventato sindaco di Aprilia. Lo stessa fa Antolini che paga anche i manifesti elettorali alla società Mamo Advertising di Massimo Ambrosini, il cui fratello è imputato nel processo Assedio.
A elezione avvenuta, Principi diventa vice sindaco e assessore al bilancio, con delega all’azienda multiservizi. Un obiettivo raggiunto di cui esplicita soddisfazione lo stesso Antolini il quale, intercettato con la moglie, spiega che ora Principi dovrà far assumere il figlio nell’azienda pubblica.
Altro capitolo passato in rassegna dal colonnello è quello molto ampio degli appalti pubblici e delle relazioni tra politici e imprenditori. L’esame del colonnello Barbera si svolge con difficoltà, in considerazione del fatto che non può consultare le intercettazioni e i brogliacci, bensì solo l’informativa in cui le interlocuzioni verbali tra gli imputati non sono presenti. Un vulnus più volte evidenziato nel corso dell’istruttoria dal collegio difensivo che ha chiesto che il verbale dell’udienza sia inoltrato al Presidente del Tribunale perché sarebbe stato violato il diritto dei difesa. Una protesta, ribadiscono gli avvocati, in ragione del fatto che tutte le loro eccezioni sul modo di condurre l’udienza sono state rigettate.
Un processo e una deposizione molto difficili, svolto in un clima poco sereno soprattutto quando il carabiniere ha fatto menzione di alcuni articoli di giornali che definiva il territorio come la “gomorra apriliana”. Si ricomincia il prossimo 5 dicembre con la prosecuzione della testimonianza del colonnello Barbera. Poco prima, il 28 novembre, ci sarà l’udienza preliminare a Roma per alcuni degli indagati di “Assedio 2”, tra cui Patrizio Forniti. Contestate alcuni episodi estorsivi che non rientrano in questo processo, ma che sono contenuti nella voluminosa indagine.
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IL PROCESSO – A febbraio 2025, è stato stabilito il giudizio immediato per tutti colori i quali sono stati raggiunti, lo scorso luglio 2024, dalle misure restrittive più gravi: carcere e domiciliari. È stata questa la decisione del giudice per le indagini preliminari Francesco Patrone che ha accolto la richiesta presentata alla fine dello scorso anno dai sostituti procuratori della Direzione Distrettuale Antimafia di Roma, Luigia Spinelli e Francesco Cascini. Come noto, si tratta del processo che scaturisce dall’operazione denominata “Assedio” che, nella provincia di Latina, ha terremotato l’amministrazione comunale di Aprilia, arrivando a contestare l’associazione mafiosa al gruppo autoctono retto dal boss Patrizio Forniti e interessando l’ex sindaco Principi, accusato di reati aggravati dal 416bis.
“Nella sua qualità di Vicesindaco del comune di Aprilia, con deleghe al Bilancio, Finanza e Tributi, Rapporti con le aziende e gli enti derivati, Affari Generali ed Amministrativi, Personale, Servizi demografici, inforrnato del pervenimento di una richiesta di costituzione di parte civile del Comune di Aprilia presentata dalle associazioni “Reti di Giustizia” e “La frusta politica” – scrive il Gip Patrone – nel procedimento nr. 23829/’17 RGNR che vedeva imputati davanti al Tribunale di Velletri i fratelli Gangemi Sergio e Giampiero nonché Forniti Patrizio, contribuiva al rafforzamento dell’associazione di stampo mafioso capeggiata da Patrizio Forniti inducendo il Sindaco Antonio Terra a rinunciare alla richiesta di costituzione di parte civile con le frasi “noi non ci costituiamo per un cazzo, questa è una vicenda privata che a noi non ci riguarda”; “ehi, fermati…”, gli ho detto “stai buono, non ti inventare un cazzo”, ho detto “è ii Capo dei Capi gli ho detto io” ed altresì intervenendo presso Omar Ruberti, consigliere comunale di Aprilia e presidente della Commissione Bilancio, Tributi e Affari Generali, che doveva pronunciarsi sull’istanza, con le seguenti frasi “l’ultimo che ti ho delta è il “Capo dei Capi”, ma è cattivo, cattivo per dire cattivo, e facendo riferimento a possibili vendette o rappresaglie da parte loro: “Ma questi personaggi già sanno che questi hanno fatto queste cose che è…no? E stanno aspettando che facciamo qualche mossa, allora dico”. E infine con argomenti di analogo tenore nei confronti di singoli consiglieri comunali di maggioranza e di opposizione così che la predetta commissione comunale respingeva la richiesta avanzata dalle associazioni di costituzione di parte civile. Contributo al sodalizio del quale informava, in corso d’opera, il capo clan Patrizio Forniti ed i sodali Luca De Luca, Luigi Morra, Ivan Casentini e Maurizio Dei Giudici, direttamente o per il tramite di Luigino Benvenuti”.
Principi, inoltre, “contribuiva al rafforzamento e al consolidamento dell’associazione di stampo mafioso, anche in adempimento del patto di scambio politico mafioso tramite: l’affidamento diretto il 13 novembre 2018 alla ditta SI.CO di Ivan Casentini, partecipe al sodalizio, del “servizio di pulizia caditoie stradali del comune di Aprilia” per l’importo di 48.678 euro; permettendo il tempestivo pagamento da parte del Comune di Aprilia delle fatture emesse dalla predetta società e dalla V&GA di Marco Antolini , partecipe al sodalizio, riguardo ai “lavori di manutenzione per interventi edili da eseguirsi su immobili comunali” per un importi a base d’asta part a 187.138,93 euro aggiudicato dalla precedente Amministrazione; assicurando il proprio sostegno per ogni bisogno e pretesa da parte dei membri della consorteria quali: l’assunzione del figlio di Marco Antolini, partecipe al sodalizio, l’autorizzazione alla installazione di video wall pubblicitari e di dispencer di acqua presso edifici pubblici da parte di ditta riconducibile a Antonino Ziino, partecipe al sodalizio, la sanatoria edilizia della casa abusiva di Luigi Morra, partecipe al sodalizio, la destinazione di un immobile in agro di Campoverde di Aprilia denominato ex farmaceutica acquisito da Antonio Fusco, Fabrizio e Marco Antolini, quest’ultimo partecipe al sodalizio, la partecipazione ai lavori per la costruzione dei parcheggi pubblici di Aprilia ed altri lavori edili appaltati dal comune di Aprilia alle ditte facenti capo a Marco Antolini, Ivan Casentini, tutti partecipi al sodalizio, sebbene accadimenti non verificatisi ad Aprilia dal mese di marzo 2018 e in data antecedente e prossima sino at mese di luglio 2024″.
